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•𝙰𝚛𝚒𝚎𝚕•

La mattina seguente, non riesco neppure a sedermi per poter fare colazione.
Il pensiero che James possa essersi agitato dopo aver parlato con sua mamma, mi preme contro la tempia.

Hayley ancora dorme, perciò esco di casa senza salutarla, lasciandole semplicemente un bigliettino.
Quando entro in ansia, difficilmente mi comporto come sempre.

La mia voce assume un cambiamento radicale.
Il battito del cuore aumenta, raggiungendo la mia gola.

Eppure, sembra che il destino non voglia farmi raggiungere il mio migliore amico.
La portiera dell'auto non si apre.

«Ma cazzo!» Impreco, mettendoci tutta la forza della quale ha bisogno.
Peccato che, così facendo, avverto all'istante un forte dolore alla spalla, che cammina lungo la schiena.

Chiudo gli occhi.

"Niente sforzi. Purtroppo gli interventi se in parte possono risolvere, in parte possono peggiorare. Abbiamo cambiato un po' la situazione, ma non di molto. Si rischia ancora, signorina Ariel"

Non mi accorgo neanche delle lacrime che varcano la soglia della mia guancia.
Forse per lo strappo, o forse per il doloroso ricordo.

Una madre non dovrebbe mai agire così.

«Devo prendere il taxi, oggi davvero è cominciata male» Borbotto, raggiungendo la fermata del taxi.
Ne fermo uno il prima possibile, indicando poi l'indirizzo.

Sento dolore, ma evito di pensarci.
Forse è solo fissazione.
La paura che possa restare paralizzata.

Quando arrivo in ospedale, noto qualcosa che mi sconvolge.
Il dolore che provo, non è nulla paragonabile a quello che sento in questo preciso momento.

Cammino diretta verso una sedia, lì dov'è seduta la madre di James.
Piange disperata, e all'istante entro nel panico più totale.

«Cos'è successo?» È l'unica domanda che riesco a farle.
La donna si getta nelle mie braccia, ed io resto stupefatta dal gesto.
Singhiozza.
«Ariel, grazie di essere qui»

Qualcosa non va.
Ho paura di scoprire che cosa.

«Mi dica che cosa è successo»
«Quando sei andata via, noi due abbiamo parlato, ma non è andata a finire bene. James ha perso i sensi, e non si è più svegliato. Lo stanno controllando, Ariel. È probabile che abbia qualcosa di brutto» Continua a piangere, restando immobile nelle mie braccia.
Non m'importa neanche della mia maglia ormai inzuppata dal suo pianto.

Mi interessa di James.

Non riesco a pronunciare neanche una sola parola, a causa di tutto ciò.
Ogni momento passato insieme a lui mi ritorna in testa, facendomi male.

Ricordo di quando ci siamo baciati la prima volta, in quel locale.
Ricordo di quando aprì l'ombrello, per ripararmi dalla pioggia.
Di quando siamo corsi a casa sua.

E di quando abbiamo scoperto di essere quei due bambini che si adoravano.
Ma che non si sono mai persi davvero.
Quando i nostri cuori si sono uniti ancora una volta, così come hanno fatto quando eravamo piccoli.

Due cuori in uno per sempre.

«Jam» Mormoro, nella speranza di ricevere sue notizie il prima possibile.
Mi siedo, sentendo la testa scoppiare e il dolore alla schiena aumentare.
Continuo ad ignorare.

«Ti devo delle scuse, Ariel» Mi parla, ma non sono in forze per risponderle.
Neanche per guardarla.

«La mia è semplicemente paura. James è troppo buono, talmente tanto dal non riconoscere la cattiveria nelle persone che lo circondano. Ha sempre visto il bene negli occhi di tutti, ed è questo che l'ha cambiato, perchè lui non era cosi»
«Com'era lui?»

«James era puro. Non fraintendermi, non dico che non lo sia più, ma che prima lo era molto di più. Parlava di ogni piccolezza con noi genitori, ci raccontava delle sue cotte e dei suoi problemi a scuola. Da quando veniva bullizzato a scuola, mio figlio è cambiato in un attimo. James diceva sempre che quelle persone scherzavano, e che si divertivano insieme. Leggeva nei loro occhi la soddisfazione di essere piccoli d'età, ma maturi dentro. Ma la verita è un'altra, Ariel. Quella soddisfazione di cui parlava, era la soddisfazione di prendere in giro un bambino che è stato adottato e che prendeva il massimo dei voti in tutte le materie» Sento il cuore scoppiare dal petto.

Non posso credere che sia accaduto qualcosa di così forte.

«Aveva la verifica di matematica, il che non era un problema, perchè James era bravissimo in quella materia. Sai, poteva anche non studiare a casa, perchè lui era attento in classe»
«E invece, conoscendolo, studiava anche a casa sua, giusto?» La donna annuisce.
Sorride a malapena, con occhi gonfi.

«Prese il massimo dei voti, ed io ero cosi fiera di lui, Ariel»
«Lo credo»
«Non me lo disse al momento, me ne parlò una volta rientrato a casa. Ma avrei voluto che James non fosse tornato conciato in quello stato» Si porta una mano sul petto, continuando ad osservarmi.
Teniamo d'occhio la camera di James.

«Com'è tornato?»
«Avevano picchiato mio figlio, Ariel»

I miei occhi si chiudono all'istante.
Escono lacrime.

«Come sarebbe a dire?»
«Hanno massacrato di botte James, solo perchè aveva preso il voto più alto. La gente credeva che lui avesse copiato, ma la verità è che lui aveva studiato notte e giorno, Ariel. I bulli hanno cominciato poi a chiedere i compiti già fatti, e sai il tuo migliore amico che ha fatto?»
Gioco con le dita della mia mano, mentre ascolto con attenzione quelle parole.

«Si è ritirato. James non ha più voluto continuare ad andare a scuola, e non è riuscito a diplomarsi. Da lì, mio figlio è cambiato, Ariel. Non parla più con noi, e se lo fa, ci urla contro, come nel caso di ieri sera, quando sei andata via. Entra in uno stato di panico, perchè vuole proteggersi da tutti»
«Il mio cuore fa male» Sussurro, sentendo scuotere ogni cellula del mio corpo.
Lui non me ne ha mai parlato.

Ma sua madre è da capire.
Quello che ha passato suo figlio, non è stata una semplice avventura.
O una passeggiata che ricorda con un sorriso a trentadue denti.

La vita di James è cambiata.

Quando vediamo un dottore, subito proviamo a fermarlo per avere notizie.

«Stiamo facendo delle analisi più approfondite, visto il caso di James. Lui non ha aperto gli occhi per cinque minuti esatti, e abbiamo dato per scontato fosse uno svenimento dovuto allo stato d'ansia e alla forte agitazione che ha provato, sconsigliata assolutamente dopo quello che ha vissuto. Ma dalle analisi che abbiamo fatto, non risulta nessuna anomalia. Lo teniamo addormentato per far riposare il cervello, che è ancora sotto shock, e nel mentre facciamo altri esami. Ma sembra sia tutto apposto. A breve potete vederlo, vi informiamo noi»

Immediatamente scoppio a piangere per l'emozione di poter finalmente riabbracciarlo.
Soprattutto, dalla voglia che ho di raccontargli di aver risolto con sua madre.

Ma non sono del tutto tranquilla.

«Mi scusi, posso chiederle un favore?» Mi rivolgo al medico, prima che si allontani.
Il dolore continua ad esserci.

«Mi dica»
«Ascolti, per via di un problema che ho avuto in passato, ho bisogno di essere controllata. È possibile farlo?»
«Ma certo, mi segua. Andiamo diretti nel mio studio, e lì, mi racconta cos'è successo e dove devo visitarla»
Annuisco, ma prima di iniziare a camminare, vengo bloccata da Josephine, la madre di James.

«Tutto bene, vero?»
«Si, le racconto appena termino. Lei mi faccia sapere, per qualsiasi cosa»
Mi dirigo verso l'ufficio del medico, con ansia a centomila.

Ho bisogno di sapere se il mio è semplicemente uno strappo.
Soprattutto, ho bisogno di vedere James.

Il prima possibile.

𝙳𝚞𝚎 𝙲𝚞𝚘𝚛𝚒 𝙸𝚗 𝚄𝚗𝚘.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora