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•𝙹𝚊𝚖𝚎𝚜•

A volte vado contro me stesso.
Colpa dei miei pensieri.
Questo perchè a oggi, avrei voluto cosi tanto avere un diploma tra le mani.
Realizzare il mio sogno, così come sta facendo la mia donna.

Io sono così orgoglioso di lei.
Ma lei non può esserlo di me, perchè ho mollato a causa di altri.
Sono deluso da me stesso.

Non lo ero all'ora.
Ma lo sono oggi.

Sono arrivato alla conclusione che continuare quel lavoro, è l'unica opzione.
Aiutare la mia famiglia economicamente.

Mettere qualche soldo da parte così dal riuscire per davvero ad aprire un attività assieme ad Ariel.
Ma per tre mesi, continuerò a lavorare come tassista.

Non che abbia molta scelta.

Ariel invece, ha mandato la sua candidatura a quel lavoro come modella.
Io potrei impazzire, ma cerco di contenere la mia gelosia, anche se è palese agli occhi di tutti.
Persino mamma ha deciso di prendersi gioco di me.

Ma io continuo a fingere.

«Alla fine, era una delle cose che desiderava di più, no?»
«Si, mamma, uno dei suoi sogni di quando era bambina»
«E sei felice?»
«Perchè non dovrei esserlo?»

In fin dei conti, è la sola realtà.
La pura verità.

Sono felice per lei.
Ma sono maledettamente geloso.

«James, sai come posano le modelle?»
«Mamma, non infierire»

Lei se la ride.
Ma dentro di me sto bollendo.
Ariel scende le scale mentre gioca e ride con la nostra Giselle.

È contenta, e io sono contento per lei.

«Ma se non dovessero chiamarti?» Mia madre le rivolge parola, mentre solleva mia figlia per aria.

Sorride.

«Se non dovessero chiamarmi, troverò un altro lavoro. La mia vita di certo non finisce qui» Parla, mentre ride a vedere Giselle felice con sua nonna.

Adoro vedere Ariel così ottimista.
Non si fa fermare da niente e nessuno.
Avrei voluto essere come lei.

Non avrei dovuto mai mollare.
Avrei dovuto seguire la mia strada e non bloccare i miei sogni a causa di ragazzi che volevano solo il mio male.

«Farò quello che mi piace solo ed esclusivamente per Giselle. Ho intenzione di renderla felice, e non vorrei mai che soffrisse, cosi come ho sofferto io durante la mia infanzia»

Ovviamente ha parlato di sua figlia.
Della nostra bambina.

Ma è ovvio che intendesse anche me.

Mi fingo offeso.

«Grazie, eh»
«James, uff! Sai bene quello che intendevo dire»

Intanto rido.
Poi mi avvicino, volendo abbracciarla.

«Tu lo sapevi, vero?» Domanda.
«Cosa? Quello che intendevi? Certo»
«Mi hai preso in giro, quindi»
«Non contarla come una presa in giro»
«Ah no?»
«No, contala come un ragazzo, innamorato perso della sua donna, che voleva sentirsi nominare»
«Tu sei strano, James»
«Forse»

𝙳𝚞𝚎 𝙲𝚞𝚘𝚛𝚒 𝙸𝚗 𝚄𝚗𝚘.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora