38.

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•𝙰𝚛𝚒𝚎𝚕•

I miei occhi cacciano lacrime, e varie sono le motivazioni.
Penso a James e a tutto quello che ci sta succedendo in questi giorni.
Penso a mia madre e al come mi abbia trattata davanti a tutti.
Penso a James e al fatto che abbia sentito quella donna di nascosto a me.

Penso specialmente al dolore che sento.
E non è un modo di dire.
Sento dolore proprio li, dove ho urtato quando sono caduta.
Quando mia madre mi ha spinta.

Ho ricordato tutto quello che ho sentito quando ero bambina.
Ho ricordato l'operazione.

Una madre dovrebbe sempre esserci per la propria figlia.
E invece, mia madre mi ha voltato le spalle nel momento in cui ne avevo più bisogno, senza mai tirarsi indietro.

«Allora, fondamentalmente non c'è nulla che non va, Ariel. È tutto a posto. Tutto com'era prima»

Tiro un sospiro di sollievo.

«Però ti devo chiedere qualcosa di grande e so che mi darai ascolto. Non devi fare sforzi, per nessuna ragione, o rischi di essere operata ancora, e stavolta, le gambe, non le puoi usare»

Ancora una volta, mia madre mi ha rovinato la vita.
Si può dire che ha peggiorato, ma utilizzando parole semplici, è tutto come prima.
Semplicemente con qualcosa di rotto in più.
Quel qualcosa che non avrebbe dovuto esserci per nessuna ragione.

«Posso fare una domanda... Stupida?»

Ho intenzione di sapere qualcosa.
Un domani, credo, avremo intenzione sicuramente di mettere su famiglia.

Ma è un peso da portare.

«Ma certo, dimmi... Intanto ti preparo la cartella clinica»
«In un futuro parlando, una gravidanza potrebbe essere rischiosa per me?»

Ho paura della risposta, dato lo sguardo del medico.
Con sorriso breve, si avvicina a me.

«In alcuni versi, si. Porterai un peso dentro di te per mesi, Ariel, e non è affatto una passeggiata. Ma ci sono dei metodi, efficaci, per permetterti di diventare mamma un giorno»

Quella risposta lascia che i miei occhi brillino a causa della felicità che sento.

«E cioè?»
«Riposo assoluto. Devi restare a letto il più a lungo possibile, se non per tutta la durata della gravidanza»

Annuisco.
Con sorriso, esco dalla camera.
Corro nelle braccia di Hayley, che mi stringe a sé.

«Che ti hanno detto?»
«Nulla, è tutto ok, Hayley»
«Ariel... Perchè non mi fido?»

Perchè mi conosci, Hayley.

«Perchè dovrebbe fingere con noi?» Si intromette James, osservandomi.
Hayley lo guarda.
«Ancora non hai imparato a conoscere la tua Ariel? Logico, non vuole preoccuparci»
I miei occhi s'incontrano con quelli del mio James.

Ma non parlo.

«Allora? Dici qualcosa?» Stavolta è lui a parlarmi con tono preoccupato.

Ha capito che c'è qualcosa che non va.

«Che devo dire?»
«Quello che ti ha detto il dottore, Ariel, o giuro che ti levo la cartella clinica dalle mani e leggo da solo»
«È una minaccia questa?»
«Prendila come ti pare, basta che parli»

𝙳𝚞𝚎 𝙲𝚞𝚘𝚛𝚒 𝙸𝚗 𝚄𝚗𝚘.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora