36.

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•𝙰𝚛𝚒𝚎𝚕•

Essere nello stesso posto con mia madre fa uno strano effetto.
Sento un buco allo stomaco fastidioso.
La testa scoppia, rischia di esplodere.
Sono una bomba ad orologeria.

A pochi passi da me, c'è Hayley.
Non mi ha mai lasciato da sola e ne sarò infinitamente grata.
Dinnanzi ai miei occhi, c'è mio padre.

O quello che resta di lui.

Il mio sguardo è spento, quasi vuoto.
È come se non dessi segni di vita.

«Vuoi qualcosa da bere?»
«No, ti ringrazio, Hayley. Sto bene cosi»
«Ariel, sei a digiuno da ieri sera. Se ti conosco anche solo un po', so che non stai così per la morte di tuo padre, ma per quello che James ti ha fatto»
«Si, ma non ho fame»

Sono passati esattamente due giorni dall'ultima volta che ho visto James.
La delusione è talmente tanta che non riesco neanche a parlargli.

Ha continuato a messaggiarmi.
Giorno e notte.
Mi ha sempre scritto prima di andare a dormire e la mattina appena apre gli occhi.

Ma io non rispondo.
Lascio semplicemente il visualizzato.

Quando però mamma mi si avvicina, i miei pensieri vengono eliminati e il mio cuore prende a battere forte.
Senza rendermene conto, poso l'indice sul tatuaggio poco visibile.

L'iniziale del suo nome.

La J.

«Vedo che sei viva ancora, a differenza di tuo padre»

Non le rispondo.
Hayley mi stringe forte.

«Sei sparita dalla circolazione. Ti sei presentata al funerale di tuo padre solo perchè Hayley mi ha chiesto dove l'avremmo celebrato, perchè altrimenti non ti saresti mai fatta sentire»

Il suo sguardo è gelido come il ghiaccio.
O forse, brucia, come il fuoco.
Perché è quello che sta uscendo dai suoi occhi così diversi e cupi.

Non riconosco la donna che mi aveva adottata quando ero bambina.
Ma è una donna diversa.

«Devo anche spiegarti il perchè di questa mia decisione, o sei capace di risponderti anche da sola?» La affronto con coraggio, senza pentirmi.

Fa male tutto.

«Sono curiosa di sentirti. Mi hai accusata di quello che ti è successo, Ariel. Quale figlia farebbe una cosa del genere?»

James, per colpa tua, mi ritrovo a dover parlare con questa donna.
Accidenti a te, e alla tua voglia di capire che cosa volesse.

«Perchè? Non sei stata tu a farmi cadere dalle scale? Non sei stata tu a lasciarmi da sola durante l'operazione? Non sei stata tu a lasciarmi dei segni lungo tutto il mio corpo? Avanti, parla»

Alzo il tono di voce.
Mamma mi si avvicina, come se volesse sfidarmi, ma davanti a me si piazza la mia migliore amica.

«Può mantenere le distanze?»
«Hai davvero paura che possa far del male a mia figlia, Hayley?»
«Ne ha già fatto a sufficienza, perciò»
«Tranquilla, non è ne il luogo nel il momento adatto per farle del male. Se proprio devo affrontarla, preferisco farlo quando non c'è gente»

𝙳𝚞𝚎 𝙲𝚞𝚘𝚛𝚒 𝙸𝚗 𝚄𝚗𝚘.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora