54.

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•𝙹𝚊𝚖𝚎𝚜•
𝚄𝚗𝚊 𝚂𝚎𝚝𝚝𝚒𝚖𝚊𝚗𝚊 𝙳𝚘𝚙𝚘.

Per nostra fortuna, tutte le sofferenze stanno finendo.
Giselle è stata dimessa, ciò significa che lei sta bene per davvero.
Ed io non potrei essere più felice.

Ma non è finita qui.

Siamo andati alla polizia, dove abbiamo denunciato sia il mio amico, sia la madre di Ariel.
Quelle registrazioni sono valide, perciò hanno subito chiesto l'indirizzo e Ariel non ha aspettato un secondo di più.
Ha scritto nero su bianco la via.

Io e Ariel stiamo cercando casa.
Mentre la nostra è in fase di ristrutturazione, siamo ospiti dalla nostra vicina, colei che ha detto a mia madre di William.

Giselle è ancora spaventata, ma sembra più tranquilla rispetto ai primi giorni.

«Ehi, Jam... Dove andiamo oggi?»

La sua domanda mi coglie di sorpresa.
Ma non perche non me l'aspettavo, ma perchè sono giorni che usciamo.
Abbiamo visitato sette tappe diverse.

«Ovunque tu voglia, ragazzina»
«Ho sempre scelto io, oggi tocca a te prendere una decisione»
«La verità? Avevo in mente un paio di mete ma non so se possiamo portarci Giselle con noi»
«Perchè? Sono pericolose?»
«Per nulla, però non so se con queste lei resterebbe tranquilla, perchè bisogna davvero tenerla sotto controllo»

Cerco di farle capire dove vorrei andare.
Ma non intuisce nulla.
Perciò, sono costretto a parlare chiaro.

E il tutto, mi fa ridere.

«Perchè? Dove vorresti andare?»
«Innanzitutto, vorrei portarti fuori a fare un picnic di coppia, vicino al mare»
«E che c'è di male nel portarci Giselle?»
«Ariel, fai due più due. Dobbiamo tenere Giselle nel passeggino, e sai benissimo quanto lei voglia stare in movimento»

Questo perchè Giselle, da quando è uscita dall'ospedale, ha ripreso la sua grinta e la sua voglia di sorridere.
È sempre iperattiva, e dorme raramente.

Persino la notte vorrebbe tenerti sveglio.
Ci vorrebbero quei tranquillizzanti che hanno usato per farla dormire durante la visita, e lo dico ridendo.

«E la seconda meta? Deduco sia meglio»
«Invece è peggio»

Ridacchio.
Nel mentre lei si porta una mano sulla fronte, forse pensando a quanto possa essere pazzo.

«Sputa il rospo, su»
«Ieri sera, mi ha scritto Marcus»
«Basta che non c'entra Phoebe, mi va bene tutto James. Ma se c'entra lei, in un modo o nell'altro, non mi proporre neanche questa meta»
«Mi fai parlare? Metti da parte la tua gelosia, un attimo, e ascoltami»

Sbuffa, ma acconsente.
Rimane in silenzio.

«Dicevo, mi ha scritto Marcus»
«E?»
«Uno dei ragazzi che faceva parte della nostra vecchia comitiva, ha acquistato una barca a vela. Ieri, lui l'ha usata con sua sorella, ma oggi... Potremmo usarla noi, e andare dove ci porta il vento»
«L'hanno usata Marcus e Phoebe quindi»
«Si, ma cosa c'entra adesso?»
«C'entra che non voglio andare nello stesso posto di quella ragazza»
«Ne parli come se fosse un mostro»
«Perchè prova qualcosa per te, e tu sei cosi ceco dal non rendertene conto»
«E chi ti dice che non me ne
rendo conto?»
«Peggio ancora, perchè te lo fai andar bene e a me questa cosa, non va giù»

Stavolta a sbuffare, sono io.
Non si può stare tranquilli neanche per un solo istante.
Mia madre scende le scale, con Giselle tra le braccia, ormai sveglia.

Ha sempre gli occhi aperti.

«Giselle, non fare caso alle parole di mamma e papà. Sai, in questo periodo discutono spesso» Le parla, come se mia figlia potesse risponderle.

Ariel osserva Josephine con Giselle.
Ma non parla.
Io come lei, taccio.

«Le vostre urla si sentivano fino al piano di sotto, e se c'era anche solo una piccola possibilità che Giselle potesse addormentarsi, l'avete mandata in frantumi con le vostre grida! Si può sapere qual è il problema? L'ennesimo»

Si siede al divano, mentre Giselle cerca le braccia della mamma.
Restano insieme.

«Quale può essere il problema secondo te?»
«Fattore gelosia?»

Annuisco.

«Gelosia un corno! Vuole portarmi nello stesso posto che ha usato Phoebe» Spiega quello che intendeva lei.

Ma non è così.
Chiaramente la sua è gelosia.

«Potete parlare più chiaro?»
«Mamma, sai bene che io e Ariel, in questi giorni, stiamo recuperando un po' di tempo che abbiamo perso, no?»

Lei annuisce.

«Le stavo proponendo una meta, e le ho proposto inizialmente un picnic, e poi una gita in barca. Questa barca, l'ha usata Marcus con Phoebe, e lei non ci vuole andare per nessuna ragione»
«Ariel, tesoro, capisco se fosse stato James ad usarla insieme a Phoebe, ma è stato suo fratello, cavoli»

Ariel ridacchia nervosamente.
Si rivolge a lei.

«Josephine, e magari suo figlio può sniffare il suo profumo in giro, no?»

Inizio a ridere io.
Dal nervoso.

«Il tuo problema è questo! Tu credi che io possa provare ancora qualcosa per quella ragazza, e non hai capito che possono esserci miliardi di donne che mi sono scopato anni fa davanti ai miei occhi, ma io guarderei solo ed esclusivamente te perché sei la donna della mia vita, Ariel!»

Poco m'importa della presenza di mia madre in questo momento.
La sua insicurezza nei miei confronti mi ferisce e non poco.

«Ti ho chiesto di diventare mia moglie, e stiamo cercando casa. Cosa più importante tra tutte, abbiamo la nostra bambina, che è il frutto del nostro amore. Quale altre dimostrazioni vuoi?»

Lei tace.
Forse non sa come rispondere.

Non è la prima volta che affrontiamo un argomento del genere.
Ma spero sia l'ultima, perché sono stanco ogni volta di mettere in chiaro quello che sento per lei.

Pensavo avesse capito che fosse l'unica.
Anzi, che lei e Giselle fossero le uniche a possedere il mio cuore nelle loro mani.
Il cuore, inteso come organo.

«Adesso non mi va di uscire, magari smaltisco un po' di rabbia, e ne riparliamo, ma lasciami stare da solo» Mi rivolgo a lei, che noto avere le lacrime agli occhi.

Spero che il discorso sia arrivato.
Che le abbia centrato la mente, forte e chiaro come mai.

«Scusami, sono questi pensieri che non mi lasciano in pace, James. Sono mie paranoie, dopo quello che ho passato mi è difficile credere di aver trovato davvero la persona giusta, e qualsiasi cosa del passato, ho paura che possa ripresentarsi per rovinarmi»
«Inizia a capire che davanti hai me, il padre di tua figlia e il tuo futuro marito»

Poi continuo.

«E il tuo migliore amico, Ariel. A volte credo che tu te ne dimentichi»

Ed è così che lascio casa.
Immerso nella rabbia, e nella paura che davvero lei possa aver dimenticato che davanti ai suoi occhi ci sono io, e non c'è una persona qualunque.

Ma forse sono pensieri miei momentanei.
Spero.

𝙳𝚞𝚎 𝙲𝚞𝚘𝚛𝚒 𝙸𝚗 𝚄𝚗𝚘.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora