Nota di chi scrive: la scena esplicita descritta in questo capitolo è da intendersi come consensuale. Tuttavia, consenso e abuso nell'opinione di chi scrive non si autoescludono automaticamente. Seppur il consenso ci sia, anche se non espresso verbalmente, ciò non esclude, in questa specifica situazione, la presenza di una posizione di potere che rende il rapporto sbilanciato tra le parti.



Il martedì successivo si rivelò molto interessante per Rose.

Scoprì infatti diverse cose nell'arco della giornata:

La prima fu che il comitato di cui era direttrice -eletta in modo senz'altro democratico- incaricato di organizzare momenti culturali altamente rilevanti per l'accrescimento personale di ogni studente, aveva raccolto i fondi necessari per il party di celebrazione del nuovo anno. Non erano riusciti ad organizzare nulla per la vigilia di Capodanno, dunque avevano recuperato meglio che potevano, fissando la festa per la fine di Gennaio.

Fu prenotata, in modo un po' losco, una scarna sala da ballo, capiente per un centinaio di persone, e il tema della serata era stato deciso da Marisa senza incontrare grande entusiasmo: Peccato & Rinascimento.

«Ho già il vestito pronto, ha le balze, sembrerò una vera troia a Versailles!» aveva commentato, in estasi.

La seconda cosa che accadde fu che, dopo aver comunicato la notizia della festa sulla bacheca dell'università, Niko l'aveva presa in disparte.

«Tu sei veramente sicura di partecipare a questa cosa?».

«Beh, devo. Perché, tu invece? ».

«Se ci vai sì».

Rose non si accorse del riflesso istintivo che le curvò le labbra in un sorriso compiaciuto.

«Vuoi vedermi vestita da dama proto rivoluzionaria? ».

«Magari vuoi essere tu a vedermi vestito da seduttore rinascimentale».

Rose lo guardò: l'aspetto imponente, i muscoli tesi, come in allerta, il rossetto sulle sue labbra carnose.

Era difficile per lei anche solo provare ad immaginarlo diversamente.

«Non aspetto altro».

La terza cosa, infine, fu che Alejandro Montero, suo nuovo professore di filosofia, era un vero porco.

Aveva passato tutta la mattina di quel fatidico martedì a chiedersi se non avesse già spifferato qualcosa al Direttore o al consiglio docente.

Si aspettava di essere accompagnata in Direzione da un momento all'altro, sotto gli sguardi confusi - e forse felici - dei suoi compagni di corso, in quella che immaginava essere una personalissima "Walk of Shame" tra i corridoi dell'istituto.

Si vedeva già, a camminare, sola come in realtà era sempre stata, con indosso i suoi occhiali da sole dalla montatura glitter e l'odioso sorriso sulla faccia.

Non siete niente.

Quando il professor Montero entrò in classe era invece da solo, elegante come la prima volta e con un sorriso cortese rivolto all'intera classe. Il sorriso rimase mentre posava il suo raccoglitore sulla cattedra e con lo sguardo analizzava tutti i volti.

Anche il suo.

Poteva giurare di aver visto però qualcosa cambiare velocemente nella sua espressione: era come se il sorriso si fosse incurvato molto su di un lato, assumendo quasi i tratti di un ghigno.

La lezione proseguì con calma.

Johan quasi non guardava il professore.

Aveva gli occhi infossati in due pozze nere e stanche, e continuava a scrivere sul telefono. Il suo rendimento accademico era calato drasticamente: se prima era tra gli studenti più acuti e brillanti di quasi tutti i corsi a cui era iscritto, ora arrancava sulla sufficienza senza quasi pretendere nulla di più.

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