«Questa cosa non la sto proprio capendo, Niko».
Leon si trovava in un palazzo che non conosceva. In una casa che non conosceva. In una cucina che non conosceva.
Davanti a lui c'era però una persona che conosceva bene, a cui aveva dato immensa fiducia e amicizia nei mesi precedenti, ed era solo per quello che aveva accettato alle otto di sera di sera di lasciare di soppiatto la cena a casa di Johan, senza dire niente al ragazzo né a sua zia Tara, con l'intenzione di evitare a entrambi nuove preoccupazioni.
Se ne era andato con una scusa. Un'emergenza in ospedale.
«Torno subito, se mi lasciate il pollo nel microonde me lo scaldo io appena arrivo. Poi facciamo una partita a Uno, che ne dite?».
Pur essendo stato dimesso piuttosto velocemente, il corpo di Johan era ancora molto debole. Per non farsi mancare nulla, aveva anche appena superato la seconda delle sue terribili crisi di astinenza.
Leon e Tara non avevano potuto fare molto per lui, se non ascoltare in silenzio i suoi gemiti mentre era chiuso in bagno, o trattenerlo dall'uscire di casa in preda a un vero e proprio attacco nervoso.
Al momento della cena se ne stava muto, con i capelli pettinati alla buona dalla zia, a fissare il suo piatto di pollo, tagliato in pezzetti minuscoli che faceva roteare distrattamente con la forchetta.
Avevano chiuso tutti i coltelli a chiave in un cassetto. Tara era l'unica a poterli usare.
Quando Leon uscì Johan non reagì molto. Lo fissò solo una volta, mentre varcava la soglia di casa, e sospirò con sofferenza, come se sentisse già il vuoto della sua assenza pesargli sul petto.
Leon aveva dunque seguito le istruzioni di Niko ed era finito in quell'appartamento senza capirci nulla.
Si sentiva interdetto, ma anche inspiegabilmente spaventato.
«Scusami, ti giuro, scusami. Non volevo disturbarti così, ma non sapevo cosa fare. Ti chiedo solo un attimo, per vederla...non vuole andare in ospedale e io non so cosa fare» gli occhi celesti di Niko divennero umidi. Si sentiva nella sua voce autentica disperazione, perciò Leon gli si avvicinò, spaventato dall'atteggiamento dell'amico, ma anche più sicuro, perché quello stato lo conosceva bene. Gli era appartenuto a lungo, anzi, si poteva dire che non lo aveva ancora abbandonato del tutto. Quella disperazione urlava a gran voce che Niko aveva paura di perdere qualcuno di troppo importante. Gli passò una mano sulla spalla, che poi scese sul braccio, come a fargli una carezza.
«Ti aiuto, se posso. Ma di chi stai parlando? Chi è che devo vedere?».
Niko gli indicò una stanzetta dietro di lui. Leon si girò, superò il piccolo corridoio e un'anticamera che collegava la cucina con la camera da letto. Fu lì che vide un corpo riposare sotto le coperte.
Ci mise un po' a riconoscere la faccia della persona che dormiva. Era una maschera gonfia e pulsante di lividi, tagli e ferite da cui sgorgava del sangue.
«Ho cercato di pulirla il più possibile, ho disinfettato le ferite, ma continua ancora ad uscire un po' di sangue» spiegava Niko nervoso dietro di lui.
Leon si avvicinò e senza pensarci due volte sollevò la coperta. Il corpo, completamente vestito, era messo anche peggio del viso, ed era solo la parte che riusciva a vedere.
Le mani, i polsi, le spalle: tutto era gonfio e pesto. Si vedeva che stava dormendo in una posizione per lei ottimale, cercando di non appoggiare le parti per cui sentiva più dolore, perciò il corpo sembrava prendere strane angolazioni, assumendo una forma quasi deforme.
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CENERE A GODGRAVE
Fiksi UmumQUESTA NON È UNA STORIA D'AMORE. Godgrave è una città sospesa nel vuoto. Un non-luogo, intriso di paure e diffidenze, dove la delinquenza e gli abusi fanno da sfondo annoiato a una vita piatta e indifferente. È la Città, una città che potrebbe ess...