3.1

sono la sanzione

sono il sacrificio

sono il ragno nero

Johan si perse l'inizio del nuovo anno. Si perse più di quello, in verità. Lo capì quando, un giorno, Marisa lo chiamò al telefono, e senza dilungarsi in convenevoli gli fece una domanda secca con un tono tetro:

«Tu sapevi che era stata Rose a diffondere il video di me con quello lì?».

Il ragazzo doveva ancora smaltire l'alcool di due ore prima. La testa martellava e il sonno lo reclamava a sé.

Fece un sospiro seccato e poi biascicò un semplice «no».

«Sei sicuro, Jo? Dimmi la verità. Dammi un motivo per fidarmi almeno di te».

Un altro sospiro.

«Non sapevo un cazzo, 'Risa. Lo sto scoprendo ora da te. E perché avrebbe dovuto farlo, dai?».

Bugiardo.

«Ti chiedi ancora il perché delle motivazioni di quella pazza?».

«Senti, non mi mettere in mezzo nelle vostre cose perché ho altri casini».

«Sì? E da chi dipendono questi casini, sentiamo!».

«'Risa... ti ho detto che non sapevo niente di niente. Ti basta? Posso riattaccare, cristoiddio?».

Non aspettò una replica.

Troncò la telefonata e lanciò il telefono sul letto, pronto a raggiungerlo.

Si stese supino osservano il soffitto. La testa pulsava con dolore e un rumore stridulo, simile a un fischio, sembrava perforargli i timpani.

Bugiardo.

Per Johan ormai la verità e la menzogna si intercambiavano come se facessero parte di uno stesso mazzo di carte. Ne prendeva una, poteva uscire la verità. Ne sceglieva un'altra, compariva la bugia.

Non me ne frega un cazzo di questa storia.

Eppure la mente tornò lo stesso, ribelle e indisponente, a quando una Rose sedicenne prese Marisa sotto la sua ala, introducendola a lui e dichiarando che da quel momento in poi l'avrebbero sempre protetta.

«Dobbiamo fare il culo a quello schifoso» aveva abbracciato la nuova amica dandole dei materni colpetti sulle spalle «non la passa liscia, dovesse morire domani».

La vendetta era arrivata lenta ma precisa, come un contagocce di orrore.

Johan si era inizialmente tenuto distante da quel piano di tortura. Non per principio o perché non gli piacesse.

Semplicemente, aveva una parte da recitare. Un ruolo che avrebbe dovuto ricoprire a tempo debito e che eseguì molto tempo dopo con efficienza, alla perfezione.

«Com'è stato?» gli chiese, anni dopo, Rose, mentre fumavano erba nel piccolo cortile di sua zia; quella casa aveva preso ad ospitarlo già da un paio d'anni a seguito dell'incidente.

«Niente di che. Non è che mi sia piaciuto» aveva troncato Johan, chiudendo gli occhi e godendosi il sole caldo sulla fronte.

Rose non aveva detto niente per un po'. Si era limitata a fare un tiro profondo della sua lunga sigaretta.

Poi aveva aggiunto: «sono sollevata, gliel'abbiamo fatta pagare. Non me lo sarei perdonato...».

Ricordò allora di essere rimasto, incuriosito ma anche allarmato, in attesa di spiegazioni più approfondite.

CENERE A GODGRAVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora