Johan aveva una difficile decisione da prendere per il giorno successivo.

Vino rosso o bianco?

Era stato invitato a cena. Una magnifica e intima cena a quattro: lui, Leon, sua sorella Dionne e Augustus, il suo fidanzato.

A casa della coppia.

Avevano dunque l'obbligo di portare una buona, no, un'ottima bottiglia di vino, qualcosa di assolutamente non scadente, ma di nemmeno troppo pretenzioso. Non voleva correre il rischio di apparire come quello che guadagnava di più, innanzitutto perché non era vero, e dunque sarebbe sembrato falso e patetico, ma soprattutto perché lui, in quella cena, non doveva dimostrare proprio nulla.

Qual era quindi la soluzione più adatta: rosso o bianco? Non sapeva cosa avrebbero mangiato.

E poi, il dolce? Non dovevano forse portare anche un dolce?

«Leon, mi sembra una cosa azzardata» si confidò, angosciato, mentre, seduto su poltrona, accarezzava il loro gatto Viktor, giunto a reclamare la sua dose giornaliera di coccole e cibo, esattamente in quell'ordine.

«Perché? Dopo mesi che vi parlate al telefono, ora è l'invito a cena a darti problemi? Pensavo l'avessi superata».

Leon, d'altro canto, aveva uno stato d'animo completamente diverso. Johan notò subito i lineamenti distesi, gli occhi agitati ma gioiosi, il sorriso che non voleva smettere di allargarsi nella sua bocca morbida e ben disegnata.

Non la smetteva più di muoversi, e il ragazzo lo capì in un baleno: forse non era mai stato più felice di così.

«Ok, ora riusciamo a parlarci, è vero, ma vederci? Addirittura? Io potrei anche averla superata, ma siamo sicuri che anche lei lo abbia fatto?».

«Sei davvero così preoccupato? Tu? Johan, lo stronzo senza cuore?».

«Non sono mica uno stronzo».

«Come no, di solito sei una personcina amabile».

Johan si alzò, facendo cadere sulle sue zampette Viktor, non troppo felice di quel cambio di prospettiva, e gettò su Leon una giocosa scarica di pugni, che il ragazzo parò tra le risate.

Era raggiante. Johan non voleva intaccare quella rinnovata freschezza, ma si sentiva divorato dall'ansia e non poteva fare a meno di esternarlo.

«E al dolce? Non hai pensato al dolce? Oddio, cosa mangia tua sorella? Non è allergica a qualcosa? Forse è lui ad esserlo» gli chiese dopo un po'. Sembrava in procinto di sostenere un esame decisivo per la sua vita.

Leon gli prese le spalle. Le sue mani erano tenere, ma ferme. Sperava di trasmettergli con il contatto solido della sua mano un po' di quella calorosa calma da cui si sentiva invaso.

Sì, Leon era felice.

Ma non lo sarebbe stato senza Johan.

Gli baciò le palpebre, coronate dalle pallide e tremolanti ciglia. Johan si lasciò sfiorare docile dalle sue labbra, assorbì il calore del suo fiato. Decise di muoversi solo per passargli le mani tra i capelli, forse troppo corti per rimanere intrappolati tra le sue dita, ma rasposi, piacevoli al tatto, pieni di vita.

Si lasciò ammansire, decise di stare a quel gioco che mescolava seduzione a educazione, perché era tutto ciò di cui aveva bisogno. Desiderava essere rassicurato, preso per mano e accompagnato lì dove aveva più paura: davanti agli altri, in attesa del confronto.

Viktor, in silenzio, li osservava curioso.

***

In macchina l'atmosfera era satura di dubbi e pensieri non espressi.

CENERE A GODGRAVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora