Johan non aveva nessuna voglia di svegliarsi.
Sapeva di star dormendo, e aveva capito subito di essere dentro un bellissimo sogno.
I suoi genitori erano inginocchiati sulla sabbia dorata; davanti a loro, il tramonto accendeva il cielo di porpora e arancio.
Vestiti con delle larghe camicie di lino e il costume da bagno, si divertivano a fare degli umidi castelli sulla battigia, quasi inconsapevoli del fatto che le tenui onde avrebbero comunque distrutto tutto non appena si fossero infrante su quella porzione di riva.
Johan capì subito che si trattava di un sogno e non di un ricordo.
Non era mai stato al mare, tantomeno con i suoi.
«Jo, vieni!» gli urlò sua madre sorridendo e sistemandosi i capelli castani che volavano indisciplinati per colpa del vento.
Johan non era piccolo, aveva vent'anni, come nella realtà, e non era di sicuro vestito per il mare: indossava una canotta nera accollata, dei guanti a retina e dei pantaloni cargo in coordinato. Si accorse anche che, attaccate ai pantaloni, vi erano le sue fedeli catene.
Avanzò affondando i pesanti anfibi nella sabbia; ad ogni passo lanciava uno sguardo all'impronta lasciata dalle sue scarpe, notando però che erano già sparite.
«Eccoti qui! Su, siediti, fai un castello di sabbia con noi» gli disse suo padre, puntandogli addosso quegli occhi chiari, così simili ai suoi.
«Ma è una cretinata, pa'. Che senso ha, se le onde ogni volta che arrivano buttano giù il castello?».
Suo padre sorrise e sua madre appoggiò la testa sulla spalla dell'uomo.
«Che senso ha? Che senso ha fare tutto, allora?».
Johan non capiva. Forse non li aveva mai capiti.
La morte li ha instupiditi.
«A te sembra uno sforzo inutile forse, perché non hai più voglia di niente. Ma, vedi, tesoro... fare e disfare, giorno, dopo giorno, dopo giorno...dormire e poi svegliarsi, ogni volta un po' più vecchio ma allo stesso tempo un po' più nuovo... non è praticamente la vita stessa?».
Johan aveva fatto una smorfia, mentre, inginocchiato a terra, giocava distrattamente con la sabbia incredibilmente morbida.
«Mi sembra una cazzata. E poi posso decidere se farmela andare bene, la vita o no. Non potrei semplicemente sbattermene di tutto una volta per tutto. Lasciare che la vita mi abbandoni? Non potrei...non potrei stare con voi?».
«Tu puoi fare tutto, Jo» concluse sua madre, finendo di sistemare l'ultima torretta del castello.
«La tua vita è nelle tue mani. Puoi darle una forma diversa ad ogni tentativo, o buttarla in mezzo alle onde senza guardarti indietro» suo padre si alzò ad ammirare l'opera.
Johan li fissò. Il sole illuminava ancora i loro visi, ma presto sarebbe piombato il buio.
Un'onda arrivò e inghiottì il castello.
***
Quando aprì gli occhi, si stupì di essere in un'asettica stanza bianca.
Dov'è camera mia? Dov'è finito il tappeto?
Si girò e vide sua zia Tara fissarlo con gli occhi sbarrati.
«...ciao».
Ciao.
Uno stupidissimo "ciao" fece esplodere Tara in un pianto sollevato. La donna appoggiò la testa sullo sterno del ragazzo e gli toccò una guancia con il pollice freddo.
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CENERE A GODGRAVE
Algemene fictieQUESTA NON È UNA STORIA D'AMORE. Godgrave è una città sospesa nel vuoto. Un non-luogo, intriso di paure e diffidenze, dove la delinquenza e gli abusi fanno da sfondo annoiato a una vita piatta e indifferente. È la Città, una città che potrebbe ess...