Rose si era svegliata dopo un sonno alquanto agitato.
Aveva faticato a chiudere occhio, rigirandosi continuamente per trovare la giusta posizione, consapevole che in quel modo anche il povero Niko che le dormiva a fianco ne avrebbe risentito.
Finalmente, intorno alle tre del mattino, era riuscita a prendere sonno. Niko l'aveva vista, incosciente e con la bocca aperta, muoversi con piccoli scatti, come a scacciare qualcosa che la turbava.
«Ho sognato mio padre» gli disse la mattina dopo.
Non si trattava di un incubo. Nel sogno Robert era tranquillo, seduto su una sedia di legno all'aperto. Il luogo in cui si trovava sembrava la sommità di una collina. Era un ambiente ventoso e verdeggiante.
Rose lo vedeva di spalle, col capo chino ad osservare la chitarra che aveva tra le mani. Non riusciva a vedergli il volto, ma era certa che l'espressione dell'uomo fosse concentrata, presa dalle note che gli uscivano dalle dita, mentre il vento gli accarezzava i capelli.
Quell'immagine pacifica le ricordò un impegno che sentiva di dover prendere.
«Devo andare a trovarlo. Non dico proprio ora, ma in questi giorni. Non l'ho mai fatto...non lo vedo dal funerale».
«Vuoi che ti accompagni?».
«Grazie, mi piacerebbe davvero» Rose gli rivolse un breve sorriso «ma credo che, almeno per questo "primo incontro", io debba andarci da sola. Dopo ti porterò con me tutte le volte che vorrai».
Niko comprese e annuì, ma gli venne in mente un'altra cosa. Si accorse che, forse, era un po' stupida da dire, oltre che irrispettosa. Ma decise di tentare ugualmente e chiederglielo:
«Pensi...che ti guardi?».
La domanda non la scompose più di tanto; sembrava quasi che se lo fosse già chiesto.
Scosse la testa: «spero di no. Spero che non abbia più nulla a che fare con questo mondo. Se esiste davvero un'altra vita, dopo... spero che si sia completamente dimenticato di me.
È quello che augurerei a chiunque».
***
Un messaggio. Una richiesta di appuntamento.
Rose ci mise un po' a realizzare e a comprendere la serie di lettere che vedeva susseguirsi davanti ai suoi occhi.
Si chiese se dovesse rispondere, se fosse davvero necessario vedersi. Una parte di lei le diceva che non aveva alcun senso farlo, e che forse sarebbe stato meglio se per quel giorno fosse rimasta a casa. Era la parte che desiderava proteggersi, quella. Nascondersi per non guardare in faccia la somma dei suoi misfatti. I suoi errori non avevano il pregio di essere fuggevoli, come inezie passate di cui tutti si erano ormai dimenticati. Erano invece incredibilmente solidi, fatti di carne, con braccia, gambe e dotati di tutti e cinque i sensi.
I suoi errori avevano due freddi occhi chiari, capelli intessuti con il sole e un peso sulle spalle che ora sarebbe passato a lei.
Non lo voleva, quel peso. Non voleva più pensare a se stessa, voleva vedersi solo con gli occhi di Niko, concepirsi nel modo in cui lui la disegnava. Non era forse abbastanza?
«Niko, credo che uscirò un po'» comunicò al suo ragazzo, sperando che non facesse troppe domande.
Si morse le labbra, nell'attesa. Sapeva che, se glielo avesse chiesto, lei non sarebbe riuscita a mentirgli.
«Ah...ok. Da sola?».
«Sì...è un problema?».
Niko si stampò in faccia un sorriso di incoraggiamento.

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CENERE A GODGRAVE
General FictionQUESTA NON È UNA STORIA D'AMORE. Godgrave è una città sospesa nel vuoto. Un non-luogo, intriso di paure e diffidenze, dove la delinquenza e gli abusi fanno da sfondo annoiato a una vita piatta e indifferente. È la Città, una città che potrebbe ess...