TW: in questo capitolo ci sono episodi di violenza domestica.
Data la lunghezza verrà diviso in più parti.
4.1
Il professor Alex Montero stava spiegando Pitagora e aveva voglia di scopare.
La classe a cui stava insegnando quel giorno lo seguiva con interesse, e la cosa gli dava fastidio.
Vi voglio annoiati, così posso scrollarmi da qui il prima possibile.
I suoi studenti si erano ormai abituati allo stile eccentrico dell'uomo, e avevano iniziato a prenderlo inaspettatamente sul serio. Per loro, Montero era un personaggio forse un po' matto, che dava colore all'ambiente e su cui inizialmente si facevano ridicole supposizioni, ma come quegli indovini squinternati che alla fine azzeccano ogni previsione, ormai pendevano tutti dalle sue labbra.
Non è colpa mia se sono così maledettamente bravo.
Due studentesse lo guardavano con la giusta dose di interesse, ammirazione e innocenza. Le poverette erano ignare del fatto che quello era proprio il tipo di sguardo che più lo eccitava.
Potrei fottermi una di loro, oggi.
Se solo avessero conosciuto i suoi pensieri, non solo quelli meschini e superficiali, ma quelli più torbidi, intimi, quelli che non esprimeva nemmeno a se stesso, in solitudine davanti a uno specchio...
...chissà quante di loro si sarebbero nascoste alla sua vista, con le orecchie tappate, pur di non sentire.
Mentre spiegava gli anni di Pitagora come allievo di Anassimandro, passò in rassegna i volti delle ragazze che avrebbero potuto fare al caso suo.
Noia, noia, noia.
Non mi interessano, sono vuote. Le donne sono sempre così vuote.
Parlava, erudiva, istruiva con sapienza e delicatezza, mentre il suo cervello si divertiva a immaginare come sarebbe stato possedere le giovani sedute davanti a lui.
Ma nessuno in quel momento lo stimolava abbastanza. La fantasia sarebbe rimasta tale, ancora per un po'.
Tornò alla cattedra ancora più annoiato.
***
Aveva litigato con la sua fidanzata la sera prima.
«Arianna, basta, altrimenti ti brucerai la narici».
La sua compagna lo aveva guardato con furia mentre sollevava il naso, leggermente imbiancato, dalla striscia sul tavolo.
«Mi fa schifo».
«Ma che dici, è purissima! L'ho pagata una cifra spropositata, anzi, la tua parte sarebbe gradita, dato che i soldi ce li ho messi tutti io».
«Mi fa schifo, tutto. Tutto!» aveva scaraventato allora con violenza la coca a terra.
Fu a quel punto che a Montero balenarono come dei flash accecanti davanti agli occhi: ricordava di essere balzato in piedi, rosso in viso, e di essersi scagliato su di lei. Le aveva afferrato il viso, stringendolo con forza.
«Stammi a sentire, stronza! La roba degli altri la tratti con delicatezza, altrimenti ti sbatto fuori di casa, hai capito, razza di cretina?! Ma prima ancora di buttarti fuori a calci ti do una bella lezione, ti è chiaro? Ti faccio vedere le stelle! Mi capisci?!!».
La ragazza aveva il naso arrossato e un'espressione stralunata, ma rabbiosa. Forse in quel momento non era sufficientemente lucida da rendersi conto che avrebbe dovuto provare un senso di allarme, a quel comportamento.
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CENERE A GODGRAVE
General FictionQUESTA NON È UNA STORIA D'AMORE. Godgrave è una città sospesa nel vuoto. Un non-luogo, intriso di paure e diffidenze, dove la delinquenza e gli abusi fanno da sfondo annoiato a una vita piatta e indifferente. È la Città, una città che potrebbe ess...