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Era nervosa, quella sera. Più inquieta del solito.

Era la loro seconda cena fuori. Avevano deciso di renderla un'abitudine almeno bisettimanale, qualcosa che fosse solo "loro"; il tentativo di instaurare un legame madre - figlio che andasse oltre le semplici manifestazioni d'affetto, ma che potesse anche assumere i contorni rassicuranti della routine. Una cosa da fare insieme, una cosa di famiglia.

Ma non c'era molta serenità, in quella cena. Niko recepiva la sua insofferenza, ben poco trattenuta, in tutti i suoi gesti: mentre chiamava il cameriere, mentre si versava l'acqua nel bicchiere o si alzava per fumare.

«Da quando hanno vietato il fumo nei locali pubblici non vado nemmeno più in bagno. Mi prendo il mio meritato tempo lì fuori, anche con tre gradi, a costo di farmela sotto, piuttosto vado a casa».

La sera trascorse lenta e con pochi momenti di conversazione, ma non era necessario parlare. Niko sapeva che qualcosa di maligno stava tentando di infilarsi nella testa di sua madre. Era stato avvertito, degli alti e bassi che comportava una dipendenza di quel tipo.

Non si preoccupò molto, e non cercò di forzare la conversazione.

Niko sentiva che poteva ancora funzionare, quel nuovo rapporto.

***

Fu solo due settimane dopo, alle porte di dicembre, che iniziò a capire cosa Dionne avesse tentato di dirgli quando aveva provato ad avvertirlo, quel suo primo giorno.

Lo capì, purtroppo, a sue spese.

Arrivato a lezione con un buon anticipo, fu fermato da Teo, il fulvo amico di Rose.

Il ragazzo lo guardava come se non sapesse bene che cosa dirgli, girava lo sguardo come a cercare qualcosa, sforzandosi di trovare le parole.

«Passi molto tempo con Rose, vedo».

«Non direi».

Disagio

«Ecco io direi di sì invece. È meglio se la lasci in pace. Sei nuovo di queste parti, devi ancora ambientarti, e so che tua madre ha bisogno di te al cento per cento, no? ».

Sua madre?

Niko in quel momento sembrò enorme. Si era fatto improvvisamente gigantesco, e torreggiava minaccioso su Teo, così mingherlino e in trappola, come un topo davanti a un gatto affamato.

Mia madre.

Cosa sapeva di lei?

Aveva accennato a Rose che c'erano stati dei problemi, ma senza esplicitarli. Possibile che fossero risaliti a dettagli maggiori?

Teo era pallido. Forse si rendeva conto di star rischiando molto, in quel momento.

Niko era terribile: i suoi occhi azzurri sparirono dietro al volto contratto dalla rabbia e alle vene in bella mostra sulle tempie.

Il suo interlocutore abbozzò un sorriso di sicurezza e dopo un "Pensaci su, possiamo andare d'accordo" filò via prima che Niko potesse afferrarlo per la camicia e scuoterlo con le sue braccia da gigante.

Prima di poter anche solo pensare a come reagire in modo lucido, Niko capì che era meglio entrare e sedersi. Doveva metabolizzare e soprattutto calmare le sue mani, che tremavano visibilmente.

Fu solo quando raggiunse il suo banco che riuscì a notare il testo sulla lavagna.

Tutti lo avevano già notato. Alcune espressioni erano perplesse, altre affascinate.

Cocci.

Scappavo per vivere,

Rimanevi a morire.

CENERE A GODGRAVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora