Dionne era distesa sul letto di suo fratello.
Un cimitero di fazzoletti umidi e accartocciati si stendeva intorno a lei. Una bacinella era appoggiata al lato del letto, per terra. Il corpo era infagottato da tre strati di coperte.
Voleva morire.
Voglio morire. Adesso.
Suo fratello aveva preso una piccola pausa dallo studio per prepararle una tazza di thé aromatizzato alla cannella.
Dionne aveva paura che la cannella fosse troppo forte per il suo nuovo schizzinoso naso, ma, a giudicare dall'aroma invitante che arrivava dalla piccola cucina del ragazzo, le sembrò di non correre pericoli.
Erano tre giorni che stava da Leon.
In principio avrebbe dovuto essere uno solo. Era andata lì per un motivo preciso, ma la procedura, fissata per quello stesso giorno, era stata poi spostata su richiesta della ragazza stessa.
Aveva dovuto rivedere le sue priorità e affrontare una tempesta di merda.
Quando, ancora ignara di tutto e pronta all'intervento, ricevette la chiamata isterica da parte di sua madre, capì che il mondo era crollato.
Non c'era stato nessun tonfo: il cielo aveva continuato ad essere azzurro, la Terra a ruotare intorno al Sole e le maree ad alzarsi e abbassarsi come sempre. Eppure era cambiato tutto.
Il suo, di mondo, era stato rivoltato come un calzino per poi sgonfiarsi e volare nell'iperspazio in un sordo nulla.
Sua madre era incredula: voleva sapere cosa fosse accaduto, come fosse accaduto, perché fosse accaduto.
Le chiese di tornare subito a casa.
«Chi è il padre?».
Ah, l'annosa domanda.
«Nessuno di importante».
Ed era vero.
«Nessuno di importante? E tu fai queste... queste cose con qualcuno che non è importante? È questo il valore che dai alla tua vita? È così che decidi di rovinarti per sempre? ».
Dionne ascoltava e piangeva.
Suo fratello, in silenzio alle sue spalle, avrebbe voluto fare qualcosa. Sapeva quanto fosse stato faticoso, per lei, raccontargli quello che era successo, quando si era presentata il giorno prima nella sua residenza.
Aveva paura del giudizio di quel fratello che idolatrava, ma lui le aveva chiesto solo una cosa:
«Dillo a mamma e papà».
Lei non aveva voluto; non era ancora pronta, diceva, a vedere le loro aspettative schiantarsi come un vaso di vetro sul pavimento. Aveva paura che le schegge di quella delusione potessero ferirla troppo.
I loro genitori avevano sempre creduto che sarebbe stata brava come e più di suo fratello. Non le mancava niente, d'altronde: non la parlantina, non la vivacità e nemmeno l'ambizione di uscire da un posto come Godgrave.
E ora invece, con un bambino, andata via dalla città, a far cosa poi...
A fare cosa...poi?
«Dionne» la voce della madre era diventata di colpo ferma e molto bassa attraverso la cornetta, ma Leon era riuscita a sentirla anche da lontano «Perché sei da Leon?».
Silenzio.
«Perché, Dionne? ».
Dionne non aveva fiatato. Sapeva che non aveva bisogno di aggiungere altro, ma allo stesso tempo temeva ogni parola che potesse uscire dalla sua bocca.

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CENERE A GODGRAVE
General FictionQUESTA NON È UNA STORIA D'AMORE. Godgrave è una città sospesa nel vuoto. Un non-luogo, intriso di paure e diffidenze, dove la delinquenza e gli abusi fanno da sfondo annoiato a una vita piatta e indifferente. È la Città, una città che potrebbe ess...