TW: violenza.
NB. PIU' DI SETTEMILA PAROLE MA SE SIETE ARRIVATI FIN QUI ACCOLLATEVELO.
DOPO QUESTO, UN ALTRO CAPITOLO E ABBIAMO FINITO
Sembrava più alta, per merito di quei portentosi tacchi beige con la suola rossa.
I glutei erano fasciati in una gonna che le sottolineava la vita sottile e le arrivava fino al ginocchio.
Il busto smagrito era avvolto in una vaporosa camicia bianca.
Aveva raccolto i capelli in una morbida e sottile coda di cavallo, che rendeva più evidenti le orecchie leggermente a sventola.
Raramente portava i capelli raccolti, preferiva lasciarseli cadere sulle spalle, morbidi e spettinati.
Si era messa un tenue filo di eyeliner sugli occhi. Le labbra, accarezzate da un velo di burro cacao, si curvavano in un sorriso pulito, aperto, mentre parlava alla receptionist dell'università.
Non c'era più segno del trucco pesante che utilizzava a Godgrave. Si sentiva sfacciatamente modesta, un cigno di candore e banalità, dalle ali piccole e fragili.
«Dice il professor Montero...?» stava ripetendo la donna alla segreteria, inforcando i suoi occhiali, dal taglio stretto e triangolare, verso il registro delle presenze.
«Sì, proprio lui. So che oggi ha lezione, se mi può dire quando potrà ricevermi nel suo studio, io poi aspetto tranquillamente».
Gli occhi di Rose erano svegli, attenti. Studiavano le caute mosse della segretaria, curandosi di esprimere tutta la loro empatia e cordialità.
Sono buona sembravano comunicare alla figura davanti a loro.
Sono innocua, esattamente come te.
«Ecco, il professor Montero ha uno spazio alle quindici e trenta. Potrebbe riceverla a quell'ora, ma solo per quarantacinque minuti. Dopo ha un appuntamento con alcuni suoi tesisti.
«Nessun problema» Rose si guardò intorno «conosce un buon posto dove pranzare, qui nei dintorni?».
«Certo! Appena uscita dal campus c'è un ottimo ristorante, non so quali siano i suoi gusti, ma sono ricette molto semplici, casalinghe direi».
«Bellissimo! Mi piace il cibo più rustico. Non sono affatto tipa da patacche gourmet».
«Eh, nemmeno io!» le sorrise con complicità la receptionist «per questo gliel'ho consigliato».
«Allora ci andrò e tornerò più tardi. Grazie mille...» si chinò a leggere il nome della donna sulla targhetta «...Charlotte!».
«Certo, a più tardi...ah, no, mi scusi ancora una cosa. Potrebbe dirmi anche il suo di nome, già che ci siamo? Così da poterlo segnare tra gli appuntamenti del professore».
«Oh, sì, certamente! Ecco...il mio nome, sì...il mio nome è Vittoria».
***
Quando se la vide davanti, sorridente e con gli occhi grandi, in attesa, vicina alla porta del suo ufficio, per un attimo si congelò.
Aveva in volto un'espressione di sorpresa mista ad avversione. Sembrava in preda a una reazione allergica dovuta a qualcosa di particolarmente saporito e gustoso.
Nella mente di Alejandro Montero una nuvola di interrogativi iniziò a condensarsi. Non si trattava unicamente di un semplice "che diavolo ci fa ora questa qui?", ma più un impellente bisogno di capire perché si fosse presa la briga di darsi un nome falso per poterlo incontrare, e perché proprio in quel momento.

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CENERE A GODGRAVE
General FictionQUESTA NON È UNA STORIA D'AMORE. Godgrave è una città sospesa nel vuoto. Un non-luogo, intriso di paure e diffidenze, dove la delinquenza e gli abusi fanno da sfondo annoiato a una vita piatta e indifferente. È la Città, una città che potrebbe ess...