7.1

Per gran parte della sua vita, Rose aveva programmato ogni cosa. Qualunque gesto, parola o iniziativa, era stato sempre concepito in previsione dell'attimo successivo, anch'esso calcolato e quasi mai inaspettato, in un'impressionante sequenza di cause ed effetti che si traducevano in un suo personalissimo e fibonacciano codice.

Certo, accadeva che i risultati a volte arrivassero leggermente diversi da come aveva previsto. Anzi, vi erano sicuramente stati dei momenti in cui Rose stessa era stata presa in contropiede, succedeva anche alle menti più calcolatrici, a dimostrazione che il mondo poteva anche essere il suo personale palcoscenico, ma non sempre la regia concordava le iniziative della star principale.

Riguardo a chi ci fosse esattamente dietro a quella "regia", quella era una risposta che ognuno era legittimato a darsi a seconda delle proprie credenze e convinzioni.

Niko non credeva in una divinità onnipotente.

Rose sì.

Non le piaceva, ma ci credeva comunque.

«Dio è l'insieme di tutte le possibilità che mi sono state date e a cui ho deciso deliberatamente di rinunciare» diceva spesso a Niko, quando, solitamente a letto, si abbandonavano all'introspezione.

Erano le notti in cui faticavano a prendere sonno, e allora rimanevano abbracciati, guancia contro guancia, a fissare il soffitto e a chiacchierare di qualunque sciocchezza passasse loro per la testa. I loro discorsi non partivano col presupposto di dover essere impregnati di chissà quale verità. Per una volta erano semplicemente quello che sembravano: due giovani e innamorati - ormai era chiaro - ragazzi che facevano partire la lingua e la testa verso le cose bislacche della vita.

Rose vedeva Dio come la sua ribellione personale, una lotta contro se stessa e i molteplici sentieri che le erano stati predisposti davanti. Aveva lavorato instancabilmente per rigettarli tutti.

Insomma, non era sicuramente da lei considerare concetti come "vivere alla giornata" o "lasciarsi trasportare dalla corrente". Anche un semplice carpe diem le risultava stonato, apocrifo.

Quando però iniziò la sua nuova vita, di sicuro non l'ultima, al fianco di Niko, si ritrovò a fare i conti non solo con se stessa, ma per la prima volta anche con l'assenza di uno scopo. 

Ogni giorno era diventato perfettamente identico all'altro. Non c'erano colpi di scena né doppi giochi. Anche una cosa basilare come lo studio le sembrava inutile quando lo programmava in anticipo, preferendo di gran lunga seguire il suo istinto ma soprattutto le sue voglie, quelle più semplici, fisiologiche, e per questo motivo ben più facili da soddisfare; quelle a cui, insomma, per anni si era rifiutata di dare ascolto.

Ogni privazione che si era imposta era andata ad aggiungersi alla pila, già sufficientemente alta, di sofferenze che miravano a raggiungere uno scopo più grande.

Qual era mai stato, questo scopo? Era forse l'idea di quella terra bruciata intorno a lei, quel grande deserto che nei suoi sogni sembrava abbracciarla da più lati, con l'idea di essere l'unica al mondo a continuare ad esistere?

O era forse il più volgare successo? La fama, l'adulazione, la potenza di sapere che tra le sue mani tutti erano corruttibili?

O ancora, l'obiettivo era quello di elevarsi a creatura imprendibile ed evanescente, superiore agli altri fisicamente ma non per forza moralmente, un essere metà donna, metà ritocco fotografico, esistente solo nelle homepage di ragazze che erano state giovani come lei e insicure il doppio?

Rose sembrava non ricordare più a cosa tenesse davvero.

Sapeva però che quella monotonia le dava uno strano, sorprendente conforto.

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