Il numero da lei selezionato non è al momento raggiungibile, la invitiamo a riprovare più tardi.

Quattro giorni di silenzio.

Quattro giorni in cui non sapeva che cosa fosse successo a Dionne.

La caffetteria del College era insolitamente vitale ed energica. Un evento, per un "obitorio" come il Godgrave Institut.

Solo quei due commensali, seduti ai margini della saletta antracite, rovinavano l'intera atmosfera.

Christian, con un occhio pesto e il tutore sul polso, faceva girare distrattamente la minestra di farro e verdure che aveva ordinato in mensa.

Niko continuava a fissare il telefono.

«Cosa le può essere successo? ».

Christian lo guardò per un attimo e, senza proferire parola, alzò le spalle.

I genitori di Dionne erano stati evasivi. Niko li aveva visti molto turbati quando era andato a trovarli, il terzo giorno che non aveva più ricevuto notizie dalla sua amica.

Sembravano addirittura infastiditi dalla sua comparsa davanti alla porta di casa.

Si era sentito esposto ai loro occhi, come se per la prima volta comprendesse cosa vedeva la gente, all'esterno: un energumeno pieno di piercing e con l'eyeliner, curvo e grottesco.

Aveva percepito forse un leggero giudizio, dietro la loro sofferenza. Di Dionne invece aveva solo capito che stava "bene" e che era da suo fratello.

Avrebbe voluto capirne di più ma i genitori erano stati molto sbrigativi, e dopo qualche minuto gli avevano, molto gentilmente, chiuso la porta in faccia.

Dietro questa porta c'è un dramma che non mi riguarda.

Anche davanti a lui, in quel momento, un dramma silenzioso ingurgitava di malavoglia la sua minestra.

Aveva parlato a lungo con Christian. Aveva raccolto le sue lacrime e il suo dolore per quella notte al Parco Rott. Ma forse il ragazzo non gli aveva ancora raccontato tutto.

Un altro dramma che non mi riguarda.

Lo guardò ancora, i loro occhi si incontrarono. Gli sorrise.

«Rob Zombie».

«Cosa?».

«Rob Zombie. A casa mia, se passi nel pomeriggio ci guardiamo El Superbeasto. Ti giuro, è fenomenale».

Christian ricambiò il suo sorriso e annuì. Riprese a mangiare distrattamente.

Niko sospirò.

Stiamo cadendo a pezzi.

In quel momento la sua attenzione venne catturata da una piccola figura oltre la spalla dell'amico.

Marisa, in piedi, chiacchierava con altri due ragazzi.

I lunghi e ricci capelli corvini le cadevano disordinatamente sulle spalle.

La carnagione bruna si intonava in modo incantevole con il golfino ricamato sul suo busto piccolo.

Aveva un sorriso luminoso, che non si coordinava bene con lo sguardo spento che indossava sempre, anche se, in alcune occasioni, sembrava sforzarsi di ravvivarlo di tanto in tanto; cosa che ad esempio fece quando, percependo forse lo sguardo di Niko addosso, si voltò e incontrò gli azzurri occhi del suo osservatore.

Un breve cenno di saluto ai due ragazzi, e Marisa si avvicinò al loro tavolo.

Ignorò del tutto Christian, onestamente ricambiata, e si concentrò su Niko.

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