«Sei sicuro di questa cosa?».

Niko non era sicuro di niente.

No, papà. Non sono sicuro. Ti sto parlando con tono calmo a settecento chilometri di distanza, ma in realtà voglio solo urlare, prendere a testate il muro, correre in mutande fino alla fine del mondo.

«Sì, pa'. Sono sicuro».

Il padre, dall'altra parte del telefono, tirò un profondo sospiro.

«Non ti nego che sono sollevato, almeno in parte. Saperti lì, lontano, l'ho sempre reputato rischioso, ma soprattutto controproducente per il tuo benessere» proseguì dopo una breve pausa «qui con me avresti attenzioni migliori. E poi, mi manchi» Niko poté sentire un sorriso dietro a quelle parole.

Nonostante alcune sporadiche relazioni sentimentali, suo padre non si era più risposato. Diceva di stare bene in quel modo e di volersi dedicare al figlio e al suo lavoro, ma Niko sentiva che il padre tendeva a isolarsi, più per spirito di sacrificio nei suoi confronti, che per necessità.

Aveva due pezzi di famiglia distanti, a due poli opposti. Entrambi soli e con un bagaglio pieno d'amore da versargli addosso.

E lui? Doveva poteva mettere tutto quell'amore?

Stava per rispondere a suo padre, che però, si accorse, non aveva ancora finito: «c'è da dire che però questa tua scelta di tornartene prima di ricevere l'attestato di laurea mi lascia perplesso...cosa succede?

Tua madre...? ».

«Mamma in realtà sta bene. A dire il vero non credo che abbia mai avuto realmente bisogno di me. Non...insomma...credo, papà, di aver sbagliato a venire a Godgrave, tutto qui. Non ho fatto assolutamente nulla per far stare meglio mamma».

«Scommetto che non è così, tu sei stato di enorme supporto».

Niko sorrise tristemente alla cornetta del telefono: «non lo metto in dubbio, ma di fatto, si è tirata su da sola. Credo...credo che entrambi le abbiamo dato poca fiducia, reputandola più smarrita di quanto non fosse».

Niko ripensò a quando, un mese prima, sua madre lo aveva diretto con mano ferma verso la poltrona della cucina, facendolo sedere, e con tono solenne –avrebbe riso, se lo sguardo della madre non fosse stato così serio - gli aveva comunicato: «voglio chiederti scusa».

Il giovane all'inizio si era molto preoccupato. Pensava stesse confessando una ricaduta, o che volesse rivangare il bruttissimo episodio che era avvenuto con Teo.

La donna però aveva continuato, dirigendo il discorso su ben altri binari.

«In questo anno non hai visto tua madre, ma solo un'imitazione. Prima che arrivassi ero l'ombra di me stessa, ne sono consapevole. Ma tutto sta funzionando, adesso: la terapia procede bene e anche gli incontri di gruppo mi hanno dato vitalità.

Tu, amore mio, mi hai aiutata! È ovvio che lo hai fatto, e ti sarò sempre grata. Ma è proprio per questo che ho deciso di chiederti scusa, perché non ho fatto la madre fino ad ora, e ho perso di vista che mio figlio stava soffrendo. Ti sto parlando come si parla ad un adulto, perché è quello che sei e soprattutto è quello che meriti.

Voglio semplicemente dirti questo: per quanto tu mi abbia aiutata, io non sono una creatura indifesa da salvare. Io cado, è vero, ma mi rialzo, e userò tutte le forze di questo mondo per tornare a farti da madre.

Non sono io ad aver bisogno di aiuto, ma tu.

Per questo, credo che un posto del genere non ti faccia bene. Vedo i tuoi occhi e mi spaventano, sembri perennemente tormentato, e questa città ne è in parte responsabile.

CENERE A GODGRAVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora