Twenty-five.

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La prima cosa che mi colpisce è l'affascinante scritta 'Caffè' bianca sullo sfondo rosso che sovrasta la porta di ingresso di questo piccolo locale. Deve essere antica quell'insegna. Dentro non c'è molto spazio, ma fuori abbiamo la possibilità di sederci e ammirare la splendida piazzetta su cui si affaccia il caffè.

Dato il bellissimo sole che ci abbaglia oggi, decidiamo di sederci su uno dei tavolini appena fuori dal locale.

-Questo è Campo Santa Margherita!- esclama Davide, non appena ci siamo seduti. -Mi piace venire qui. E' sempre tranquillo, fatto salvo per i periodi di laurea. In quei momenti si riempe di orde di parenti in adorazione per laureati ridotti in condizioni imbarazzanti... E' seccante, ma devo dire che è anche molto divertente.- afferma, con un sorriso sulle labbra. Annuisco e sorrido anche io per la sincerità con cui ha parlato. Mi concedo qualche secondo per assorbire tutti i dettagli della piazzetta. Le case che la circondano risplendono alla luce del sole nei loro colori accesi: sono gialle, arancioni, rosse, e penso che è proprio questo che mi aspettavo quando pensavo a Venezia. Un tripudio di colori che si fondono alla perfezione tra di loro, regalando degli scorci stupendi. Ai piedi delle case ci sono tanti piccoli locali come quello dove siamo noi ora, ma sembrano più moderni. Proprio davanti al caffè in cui siamo seduti c'è un piccolo pozzo e, incastrati ad arte ai due lati del campo, ci sono due alberi, ormai gialli per l'autunno.

La cameriera interrompe gentilmente la mia analisi e Davide mi convince a prendere un tramezzino oltre alla Coca-Cola. Le campane di non so quale campanile cominciano a suonare, annunciando le 12.

-Val..- comincia con tono incerto Davide, dopo che la cameriera ci ha portato il nostro ordine.

-Uhm- rispondo alzando gli occhi dal tramezzino che ho appena addentato. Devo avere una faccia buffa, perchè subito Davide scoppia a ridere, facendomi diventare completamente rossa.

-C-cosa c'è? C-che cosa ho f-fatto?-

-Oh, niente!- dice, cercando di recuperare un minimo di contegno. Poi, come a rallentatore, lo vedo sporgersi sul tavolino che ci divide e avvicinarsi a me. Il respiro mi si mozza.

'Ma che diavolo..?'

Allunga la mano e me la appoggia sotto il mento, mentre con il pollice leva una grossa goccia di maionese dall'angolo della mia bocca. Il mio respiro accelera, mentre la mia mente, ormai, è andata. Credo che in questo momento non riuscirei a dire neanche una sola parola.

Comincio a respirare solo quando la sua mano si stacca per prendere un tovagliolino.


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