Fifty-nine.

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Ci ho sempre pensato su molto ma non sono mai riuscita a racchiuderlo in poche parole. Ma ora mi rendo conto che tutto ciò che potrei dire di lui deriva da queste tre parole.

-Ci sono riuscita- dico infine, lasciando andare il suo braccio e pregando che non se ne vada.

-A fare cosa?-

-A racchiuderti in poche parole-

-E quali sarebbero?- dice, senza il solito sorriso che accompagnava di solito una mia descrizione ragionata.

-Passionalità, dolcezza e fragilità-

-E amore dove l'hai lasciato?- domanda amaro.

Amore. Mi sono concentrata poco durante la mia vita su questa parola, e lo stesso sul sentimento che ci sta dietro. Ma se dovessi provare a dire cos'è per me l'amore lo descriverei un sentimento dolce, improvviso e fugace. Che non ti avvisa quando arriva, ma di cui percepisci il lento dissolversi durante il tempo.

Qualche volta ho chiesto a delle coppie anziane come avessero fatto a restare unite durante tutto questo tempo, e mi hanno risposto che servono pazienza, sacrificio, sopportazione, tenerezza. O ancora ammirazione e dedizione. Nessuno ha mai parlato di amore. Perchè l'amore è breve, non rimane a lungo, serve solo ad attrarre due anime lontane, coprendo i difetti e esaltando i pregi. Ma quando questo sottile velo scivola via, la magia svanisce e quello che rimane di fronte a te è solo un vago contorno pallido della persona che hai conosciuto. A quel punto puoi decidere: puoi armarti di pazienza, sacrificarti, sopportare, puoi provare tenerezza, ammirare l'altro e continuare a vivere con lui, fare nuove esperienze. Oppure scegli la via più semplice e fuggi, cercando di vedere dove il velo magico dell'amore che è scivolato via da quella persona è andato a posarsi e ricominciare tutto da capo.

Ecco perchè questa parola su Andrea stona. Non gli si addice. Lui è una persona concreta, decisa, fatta di parole e sentimenti forti, che restano, non come l'amore.

-Non sei come l'amore-

-E come fai a dirlo?- è ferito, e io sono la causa. Di nuovo.

-Non sei momentaneo. Tu rimani dentro, incasini tutto e non esci più- confesso.

Non deve accadere di nuovo. Ora sto con Davide, tutto va bene e non voglio rovinare il nostro rapporto. Ma non voglio lasciar andare Andrea. Lo so, sono egoista ma non posso farne a meno.

Accenna un sorriso, uno di quelli che solo lui sa fare, uno di quelli che rende felice anche me.

-Non sei stata un'errore, Val. E neanche quello che è successo, per me, è stato un errore- dice infine.

-Andrea, io..-

-Stai con lui. Sono arrivato tardi-

Annuisco e abbasso la testa.

Lui mi afferra e mi abbraccia stretta, tanto che non mi fa respirare. Non c'è malizia o desiderio in questo abbraccio, ma ne avevo bisogno e lui in qualche modo l'ha capito.

Il suo profumo. Mi riempie la testa, mi confonde, il profumo di vaniglia e dopobarba non è più accompagnato da quello dei vecchi libri ma è inebriante lo stesso e mi è familiare. Mi piace.

Lo abbraccio anche io stretto.

-Andrea, è tardi, andiamo?- è la ragazza di prima che chiama Andrea. La stessa fitta di gelosia di prima colpisce il mio stomaco.

-Si, Gio. Aspetta vieni qui. Questa è Valentina. Val, questa è mia sorella Giorgia-

Oh. Sua sorella. In effetti ora noto la somiglianza: i capelli biondi, gli occhi verde azzurri.

-Ehi! Piacere di conoscerti, Andrea mi ha parlato molto di te!- dice stendendo la mano verso di me.

-Piacere mio, Giorgia- aggiungo io. La bimba con il cappotto verde si nasconde dietro il braccio di Giorgia e mi guarda timida.

-Alessia, vieni qui. Dì ciao a Valentina- dice la ragazza accucciandosi vicino alla bimba.

Gli occhietti scuri della bimba si fissano divertiti nei miei e con la manina mi fa ciao.

-Questa è mia nipote- esclama Andrea, sollevando Alessia che intanto ridacchia soddisfatta di essere in braccio allo zio.

-E' bellissima- dico ad Andrea sorridendo.

-O-ora devo andare. Ci rivediamo?- aggiungo titubante.

-Certo. Martedì, in università- un sorriso sghembo attraversa il suo viso.

Il mio sorriso invece, invade tutta Venezia.



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