Venezia

Eleven.

Facciamo qualche passo e ci dirigiamo verso un'edificio antico ristrutturato e riconvertito in un bar/discoteca moderno. Anche con le luci led che lo illuminano si riesce a distunguere il fascino e la bellezza maestosa che questo palazzo emana. Ha la tipica architettura rinascimentale veneziana, tutta finestre e colonne. Tutti i ragazzi e le ragazze che si affollano fuori e dentro il locale rientrano perfettamente nella cornice del palazzo, alcuni si muovono a tempo con la musica, altri sorseggiano cocktail dai colori improbabili e la maggior parte si lascia andare a risate spensierate. Il dialetto veneziano è ovunque, è da poco che sono qui e ancora non lo capisco, quindi afferro solo stralci di conversazioni qua e là.

Proprio mentre sto cercando di capire una di queste conversazioni, vengo catturata dalla voce di Davide che informa Kat sul nome del locale, in modo che riesca a farsi raggiungere da Stefan.

La sensazione che passerò una serata in solitudine si ripresenta e un pò mi rabbuia. Mentre Kathrine si allontana per chiamare il suo "ragazzo" vedo Davide fare qualche passo per raggiungermi, e comincio a ringraziare le luci soffuse che nascondono il mio imbarazzo. Non sono esattamente una gran conversatrice, preferisco ascoltare che essere ascoltata e non sono nemmeno abituata a sostenere conversazioni con sconosciuti, men che meno con quelli molto carini. Deglutisco a fatica, la gola mi si è seccata. Passiamo diversi secondi in silenzio, entrambi un pò imbarazzati. Provo a immaginare una frase per iniziare una conversazione, ma il vuoto nella mia mente si allarga.

-Come vi trovate a Venezia?- domanda improvvisamente Davide.

Grazie a Dio.

-Kathrine è arrivata oggi, ma sembra che si sia ambientata bene! Io sono qui da una settimana e devo dire che è una città affascinante.

-Quindi ti piace!- esclama, con quel sorriso perfetto sulle labbra. I miei occhi indugiano anche troppo su quelle sculture, quindi li convinco a spostarsi. Ma a quel punto vedo i suoi occhi. Le ombre li fanno sembrare delle pozze nere che potrebbero inghiottirmi da un momento all'altro, e mi fanno sentire persa, come se stessi cadendo in un burrone senza protezioni. Il mio cuore comincia a battere all'impazzata. Spero che lui non si accorga di quanto sono agitata in sua presenza.

-S-si, è magnifica- dico arrossendo, voltandomi a guardare Kat che torna con un sorriso enorme sul viso.

-Stefan sta arrivando!- dice, cominciando a battere le mani e a saltellare eccitata.

Le sorrido, contagiata dalla sua allegria.

Davide ci chiede se vogliamo bere qualcosa e ci guida verso il bar. Entrati nel locale la folla è più fitta, la gente è ammassata attorno al bar, e l'aria è calda. Per riuscire a bere qualcosa dovremo farci faticosamente largo attraverso il locale in fila indiana: Davide si mette davanti e ci fa da apripista, io lo seguo e Kat è dietro a me.

Cominciamo ad avanzare, la gente è talmente tanta che rischiamo di perderci. In questo momento i tacchi di Kathrine mi farebbero comodo, così eviterei di perdere di vista Davide ogni secondo. All'improvviso, Davide si ferma, e io quasi vado a sbattergli addosso. Sento che all'inizio mi sfiora la mano titubante, poi la aggancia saldamente ma con delicatezza, come faceva il papà quando ero piccola. A quel gesto ogni mia cellula reagiasce infiammandosi, i miei nervi si tendono e la mia temperatura sale.
Ora nel locale c'è davvero troppo caldo.
Faccio scivolare lo sguardo sulle nostre mani allacciate e le guardo confuse, non capendo realmente quel gesto. Davide capisce la mia confusione e mi urla per sovrastare la musica, che ora è diventata assordante - Così non ci perdiamo-

Oh, certo. Chiaro. Che sciocca.

-Si..c-certo!- dico cercando di sembrare indifferente al suo tocco.

Ma la sua mano che avvolge la mia mi distrae, attrae il mio sguardo. E sorpresa mi ritrovo a pensare che, in realtà, quel contatto non mi è per niente indifferente. Anzi, vorrei non finisse una volta arrivati bancone del bar.