Rimango accoccolata al petto di Federico per diversi minuti, continuando a singhiozzare, mentre lui cerca di calmarmi.
«Cosa devo fare Federico? Non capisco più nulla. Sto sbagliando tutto, con tutti.» dico con voce tremante e disperata.
Mi faccio schifo da sola. Il pensiero che io, Eleonora, stia giocando con i sentimenti di Luca e che allo stesso tempo sia innamorata del mio migliore amico, fidanzato con la mia migliore amica, mi fa pena, io mi faccio pena.
«Ssh, calmati!» sussurra Federico, dolcemente.
Respiro, cercando di calmare i miei singhiozzi.
Rimango calma per qualche minuto, mentre il ragazzo seduto al mio fianco, mi guarda in attesa di un cenno.
«Vieni con me.»
«Dove?»
«Lo scoprirai.»
Mi prende per mano e mi trascina letteralmente verso l'uscita, mentre sorride ampiamente.
Ignora i miei continui lamenti e le mie domande e continua a trascinarmi, fregandosene di tutto.
Cammina, cammina, cammina e ancora non capisco quale sia la sua destinazione finale.
Il sole bollente che picchia sul mio viso mi da terribilmente fastidio e il fatto di essere trascinata non allieva il mio nervoso.
«Federico, mi dici dove mi stai portando?» chiedo irritata dall'infinita camminata.
«Zitta e seguimi!» mi rimprovera lui, continuando a strattonare il mio piccolo polso.
Sbuffo rumorosamente, sperando di arrivare presto ovunque dovremmo arrivare. L'importante è che questo calvario finisca presto.
Finalmente, come se Dio avesse ascoltato le mie preghiere, Federico si ferma e allenta la presa dal braccio, ponendosi di fronte a me.
«Tutto sto casino per un parco a caso?» chiedo mezza stordita. Un parco? Che tra l'altro non conosco? Tutto sto casino?
Ma sorrido. Io e parchi abbiamo uno strano rapporto. È qui che mi succedono le cose più strane, ma belle. Davvero bello.
«Ti ho per caso detto di parlare?» domanda con il suo solito tono, che continua a darmi più fastidio che altro.
Mi imbroncio, facendo la finta offesa, rimanendo in silenzio per rinfacciargli il fatto che mi abbia zittita.
Federico si avvicina a me con i suoi occhioni verdi e le sue lentiggini, mentre ritorno composta.
«Dammi la mano» sussurra, porgendomi delicatamente la sua mano.
La stringo e lui cammina al mio fianco, sta volta con molta più dolcezza e delicatezza e sta volta, anche io sono più sciolta e tranquilla e continuo a camminare con il sorriso stampato sul volto.
Il parco è pieno di piante dai fiori lilla e viola, con riflessi magenta. Il sole si intravede dietro alla miriade di alberi che si trovano qui e un vento fresco fa ondulare i miei capelli.
Ci sediamo su una panchina e guardo Federico e lui guarda me, sorridendo.
«Perché mi hai portata qui?» chiedo, mentre lui continua a sorridere con il ciuffo che ondula a destra e a sinistra per colpa del vento.
«Non ti dirò di non pensare a Saul, a Luca e tutti gli altri, anzi. Pensaci, pensaci tanto. Pensaci i giorni e le notti, intere settimane se ce ne sarà bisogno. Pensaci, sfogati, piangi, urla. Esplodi, scoppia e butta fuori tutto quello che hai dentro. E quando lo avrai fatto, ricomincia a ridere. Eleonora, ricomincia a vivere!»
Ricomincia a vivere.
Le parole di Federico mi fanno riflettere, riflettere davvero tanto. Ha detto in poche parole, tutto ciò di cui avevo bisogno per rimediare a tutto e ricominciare, ricominciare a vivere.
«Pensaci, ma fallo davvero. E soprattutto, ricordati che la vita è una, e che non si può vivere di rimpianti. Fai tutto ciò che ti rende felice, fai tutto ciò che per te vuol dire vivere!»
Non posso riavere di rimpianti. Non posso vivere di "se" o di "ma". La vita è una e non posso continuare a vivere la mia adolescenza in questo modo.
Ho sbagliato, ho fatto tanti errori e ne ho pagato le conseguenze, ma ora basta. Basta.
Basta con i mille dubbi, con le mille domande. Basta con i mille pensieri e paranoie. Basta con i problemi, con i ripensamenti. Basta, da oggi basta. Da oggi, io ricomincio a vivere.
Mi alzo dalla panchina e mi volto di spalle, so perfettamente cosa devo fare adesso.
Iniziò a camminare velocemente per rientrare a casa, ma prima, mi volto verso Federico che mi fissa con sguardo perplesso ma allo stesso tempo orgoglioso, come se avesse già capito cosa devo fare.
«Ah, Federico...»
«Si?»
«Grazie, ti devo un favore!» dico sorridendo e li lascio con dolce bacino sulla guancia.
«Su, che aspetti? Vai e riprenditi la tua vita!»
Ricomincio a correre verso una direzione che oramai conosco bene, quasi a memoria. Come d'istinto, so già che strada fare e da chi andare.
Ricomincio a correre per riprendere la mia vita.
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Il mio sbaglio più grande.
Фанфикstoria scritta nel lontano 2015/2016, in un periodo in cui una me poco più che quindicenne decide di provare a pubblicare qualcosa (per il puro gusto di dire "ho scritto una storia!"), creando questo ammasso di capitoli senza filo logico e abbastanz...