L'odore di alcol e fumo messi insieme, la confusione delle parole della gente, la musica che rimbomba troppo forte e velocemente, le persone che ballando spingendosi e altre totalmente ubriache che vanno in giro urlando, per quanto sia possibile ascoltarle con questo rumore, tutto questo è assolutamente insopportabile.
Beatrice balla insieme a Leonardo e Luca, più brilla che sana, Saul e Federico seduti su un divanetto a bere un cocktail, io che esco dalla porta il più velocemente possibile.
Appena esco fuori respiro a pieni polmoni l'aria pulita e non infestata da odori alquanto tremendi e troppo forti.
Sarà la terza volta in una settimana che esco di corsa da una discoteca, inizio ad odiarle come non mai.
Ringraziando non so quale Dio, a pochi metri di distanza c'è un grande prato verde illuminato dalla luce fioca di pochi lampioni disposti in torno.
Mi siedo ai piedi di un grande albero abbastanza imponente, poggiando la schiena al tronco e piegando le ginocchia.
Osservo per un po' il cielo limpido, neanche una stella macchia quella grande distesa blu, mentre mi perdo nei miei pensieri e lascio andare sospiri profondi.
A distrarmi è una figura maschile che si avvicina a me.
Dopo un paio di passi riesco chiaramente a capire che si tratta di Saul, che mi guarda e si siede accanto a me, incrociando le gambe.
«Ehi.» sussurra mentre si siede.
Non rispondo, neanche lo sguardo, mi limito a fissare ancora il cielo senza distogliere lo sguardo da lì.
Neanche lui continua a parlare, rimane zitto sul suo posto.
«Lo conosci, vero?» chiedo, la voce piatta che non fa trapelare emozioni.
Lui si irrigidisce leggermente, capendo al volo a cosa mi riferisco.
«No..» dice. «Te l'ho detto, ho sbagliato.» ma il tono di voce è insicuro e quasi balbettante.
«Non sei bravo a mentire, sai?» una risata amara lascia la mia bocca.
Lui si volta verso di me con uno scatto, ma io continuo a non volerlo guardare.
«Eleonora...io..» inizia. La voce trema e non trova le parole.
«Non dire nulla.» dico voltandomi verso di lui lentamente. «Non dire nulla.»
Lui mi guarda interrogativo, non capendo.
«Se devo scoprire qualcosa, succederà a tempo debito.» sentenzio. «Quando sarà il momento, saprò.» dico calma.
«Sei ubriaca?» e in un'altra circostanza questa frase avrebbe potuto farmi ridere, ma non ora.
«No, mi sono arresa.» e il mio tono di voce non è per niente abbattuto, anzi. Calmo, tranquillo, piatto, come se stessi raccontando una cosa banale.
Lui mi guarda confuso.
«Mi sono stancata talmente tanto che preferisco essere presa in giro piuttosto che affrontare la realtà.»
A quella frase si intenerisce, inclina leggermente il volto e mi guarda con quegli occhioni dolci, come a consolarmi.
«Non mi importa ciò che sai.» dico, ma senza neanche una punta di nervoso, rabbia o tristezza. «Quando avrò la forza di affrontare questa cosa, qualunque essa sia, da sola, allora, solo allora, ti chiederò spiegazioni.»
«Vieni qui.» sussurra, allargando le braccia e sorridendo lievemente.
E io so che questo farà più male di altre mille verità, perché quando mi staccherò dalle sue braccia lui correrà dalla persona che lo rende veramente felice, e io dalla mia. Perché quando mi staccherò saprò che tutte le parole che ci sussurreremo in questo abbraccio perderanno totalmente il loro valore.
«Non sei sola.» accarezza dolcemente i miei capelli, mentre io mi accoccolo al suo petto, pensando a quante cazzate sto facendo. Una sua mano scivola nella mia, stringendola, incrociando le dita. «Ci sono io.» le nostre mani vicino alle sue labbra e lascia un bacio sul dorso.
Ci sono io.
Magari per sempre?
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Il mio sbaglio più grande.
Fiksi Penggemarstoria scritta nel lontano 2015/2016, in un periodo in cui una me poco più che quindicenne decide di provare a pubblicare qualcosa (per il puro gusto di dire "ho scritto una storia!"), creando questo ammasso di capitoli senza filo logico e abbastanz...