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Sono chiusa nella mia camera, a piangere sopra ad un cuscino, mentre le canzoni della mia playlist cullano i miei pensieri.

A volte mi chiedo se il destino si diverte a prendermi in giro, illudendomi di cose bellissime che alla fine non accadranno mai.

Il destino mi ha donato un migliore amico con cui credevo di passare gli anni della mia adolescenza, ed è partito per Londra. Mi ha dato un altro migliore amico e il destino si è divertito a vedermi innamorare di lui. Mi ha donato un ragazzo che mi ama con cui potrei partire ed essere facile, ma mi ha dato una famiglia che non capisce. Evidentemente, il destino mi odia.

Sento il rumore, oramai conosciuto, della maniglia abbassarsi e della porta aprirsi con poca delicatezza.

Non ho voglia di parlare con nessuno, che sia mia madre, mio padre o chiunque altra persona di questo mondo.

Voglio sfogarmi e piangere da sola, senza nessuno che mi dica cosa fare e cosa non fare, rinfacciandomi di essere cambiata, come al solito.

«Non voglio vedere nessuno!» urlo con la faccia soffocata nel cuscino.

Sento dei passi farsi avanti e percepisco che quel qualcuno entra lo stesso nella mia camera, nonostante il mio avviso.

«Va bene, allora non guardarmi, ma io ho una valigia da preparare. Tu, sbadata come sei, saresti in grado di dimenticarti persino i vestiti!»

Non riesco a credere alle parole appena pronunciate da mia madre.

Mi giro di scatto nella sua direzione, e la vedo prendere dei vestiti dal mio armadio e posarli sulla scrivania.

«Cosa?» chiedo incredula, con ancora le lacrime che solcano il mio viso e gli occhi arrossati.

Lei si avvicina, sedendosi sul letto, affianco a me, guardandomi dolcemente.

«Avevo più o meno la tua stessa età quando scappai di casa...» dice sorridendo, ricordando.

Sbarro gli occhi. Cosa? Mia madre è scappata di casa e non me ne ha mai parlato? E soprattutto, perché non lo ha mai fatto?

«Si teneva un concerto di quelli del quinto anno di liceo in un paesino vicino al mio. E li, suonava il ragazzo di cui mi ero innamorata. Una cottarella adolescenziale, si. Ma per me, in quel momento, era la cosa più importante della mia vita.»

Allora anche lei sa cosa si prova. A volte scordo che anche lei è stata un adolescente, che anche lei ha passato le stesse cose che sto passando io.

«Mia madre non mi avrebbe mai lasciata andare, da sola o con un'amica. Troppo lontano il posto, troppo piccola io, troppo grandi loro, secondo lei. Così, decisi di scappare. Era notte, mi assicurai che lei stesse dormendo e scappai. Fuori mi aspettava la mia migliore amica e in sella alla sua moto, andammo al concerto.»

Allora anche lei ha infranto le sue regole, quelle che le venivano imposte anche se lei era contraria.

«Andammo al concerto e mi divertii, tanto. Finito il concerto passai le altre ore in compagnia di quel ragazzo, ci baciammo e io fui, finalmente, felice.»

Sorrido al pensiero di mia madre in veste di adolescente innamorata, che infrange le regole che non le stanno bene e che fa ciò che le pare.

«Quando rientrai a casa mi madre mi aspettava davanti alla porta. Mi ricordo benissimo l'espressione che aveva stampata sul volto. E ricordo benissimo come mi sono sentita quando mi ha urlato conto di essere un'ingrata, una figlia che non meritava ciò che aveva. Ricordo di essermi sentita odiata, non capita, sottovalutata.»

Il racconto di mia madre mi spezza il cuore, è ciò che è successo e sta succedendo a me.

«Eleonora, io non voglio che tu ti senta come mi sono sentita io. Io sbaglio a sottovalutare te e i tuoi problemi, sbaglio a scordarmi che sei una ragazza adolescente, che sta cambiando e che sta crescendo.»

Mi accarezza dolcemente una guancia, come quando ero piccola.

«Non so da cosa o da chi tu stia scappando, spero solo che questo viaggio riesca a schiarirti le idee e che tu riesca a essere felice. Se sei felice tu, lo sono anche io. Quindi si, ti lascio partire.»

L'abbraccio, singhiozzando sulla sua spalla.

«Grazie mamma, ti voglio bene.»

«Ti voglio bene anche io.»

Mi sciolgo dal nostro abbraccio, ritornando l'una difronte all'altra, sorridendo.

«Promettimi che quando rientri ti vedrò sempre con questo sorriso?»

«Te lo prometto.»

«Luca deve renderti proprio felice, hai un sorriso a trentadue denti!» ride lei, mentre ritorna a sistemare i vestiti.

«Già...mi rende davvero felice.»

Il mio sbaglio più grande. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora