È mattina presto, saranno appena le nove, e io mi sono addormentata solo verso le cinque.
Ho dormito poco, sento gli occhi pensanti e sono stanca, ma la notte mi ha aiutata a pensare abbastanza.
Mi sono svegliata con un'idea ben precisa in mente e ho intenzione di portarla al termine entro la fine della giornata.
Mi alzo con fatica, ma dopo un paio di sforzi arrivo in cucina, dove mi siedo e comincio a fare colazione con le cose che ci sono sul tavolo.
Un po' di latte con i biscotti al cioccolato e una volta finito, chiudo i biscotti e poggio la tazza nel lavandino.
Rientro in camera mia, con il telefono acceso e le mie canzoni preferite nelle orecchie.
Mi chiudo in bagno e porto con me alcuni indumenti abbastanza leggeri. Un jeans strappato e una maglia bianca leggermente trasparente.
Lascio i capelli sciolti e prendo con me lo zaino, quello mi servirà.
Afferro qualcosa di molto importante dalla mia scrivania e la ripongo nella tasca più nascosta.
Esco di casa con le cuffiette nelle orecchie, mentre il sole mi acceca e mi maledico per non aver messo gli occhiali da sole.
Inizio a camminare verso una meta precisa, con decisione e fermezza, affannandomi un po'.
Quando arrivo in quel posto, prendo un lungo respiro e chiudo gli occhi.
Sto facendo la cosa giusta.
Suono il campanello e aspetto.
Dopo poco un viso familiare mi apre la porta.
«Eleonora, che piacere vederti qui!» esclama.
La mamma di Saul, una bellissima donna bionda dagli occhi azzurri, è davanti a me che mi sorride felice.
«Mascia, che piacere rivederti!»
Mi da un caloroso abbraccio, mentre mi accarezza la schiena e io sorrido.
«È da un sacco di tempo che non ti vedo, iniziavo a preoccuparmi.» ridacchia dolcemente. «Vieni, accomodati.» mi fa un cenno verso il salone, invitandomi ad entrare.
Neanche il tempo di entrare in casa che una bimba che sprizza gioia da tutti i pori mi corre in contro e si lancia nelle mie braccia.
«Eleonoraaa!» urla con quella vocina tenera. «Mi sei mancata tanto!»
La sorellina di Saul è sempre stata un amore di ragazzina, si è affezionata tanto a me. Spesso, quando venivo qui, prima di tutto il casino con suo fratello, giocavamo insieme e ci divertivamo con poco, anche solo vedendo un cartone animato.
«Piccolina, mi sei mancata anche tu.» sussurro mentre la faccio girare leggermente.
Quando la lascio scendere lei si volta verso la mamma e sorride.
«Mi dispiace Ele, ma Saul non è in casa..» dice con tono seriamente dispiaciuto, sorridendo appena. «Se vuoi gli dico che sei passata.»
Ottimo.
So benissimo che Saul è fuori in questo momento, ed è esattamente ciò che voglio.
«Grazie Mascia, ma devo solo recuperare il mio libro di storia.» sorrido. «Gliel'ho prestato prima delle vacanze, ma si è dimenticato di riportarmelo.»
Il sorriso ritorna sul volto di Mascia.
«La camera sai dov'è.» esclama con il volto luminoso.
«Vado.» ridacchio, voltandosi verso la scala che porta alla camera di Saul.
Salgo fino al piano superiore e quando mi trovo davanti la porta decorata con alcuni cartelli e stampe di artisti inglesi, chiudo gli occhi e, lentamente, abbasso la maniglia.
Appena entro non posso fare a meno di sorridere.
Questa camera è così famigliare, sembra così giusta.
Le pareti blu e il classico disordine da adolescente maschio che lascia sparso per camera ogni indumento e oggetto possibile sono alcune delle caratteristiche di questo posto da anni.
Una felpa grigia è poggiata sul suo letto, un po' stropicciata e spiegazzata.
La prendo tra le mani e la tasto dolcemente. È morbida, di seta, credo.
La porto al naso e inspiro a pieni polmoni il suo profumo.
Profuma di lui.
A volte mi manca il suo profumo e sapere che non riuscirò mai a sentire l'odore della sua pelle in modo intenso mi fa stare peggio.
Poso la felpa sul letto e mi giro nella stanza.
Estraggo la lettera dallo zaino e dopo averla stretta al petto, la lascio sul comodino.
Quando mi volto, qualcosa attira la mia attenzione.
Una bacheca di sughero è completamente ricoperta da foto, biglietti del cinema, toppe e adesivi.
Le nostre foto, tutti e cinque felici, sorridenti. Eravamo piccoli, innocenti, semplici.
Foto colorate, in bianco e nero, alcune sbiadite.
Facce serie, sorrisi, smorfie.
Sulla metropolitana, per strada, sulla sabbia.
In costume, a maniche lunghe.
Inverno, estate, primavera, autunno.
Felici, ubriachi, confusi.
Una vita insieme.
Una lacrima riga il mio volto mentre il mio cuore si spezza a tutti quei ricordi.
Poi una foto.
In bianco e nero.
Siamo noi due.
Io appoggiata alla sua spalla, entrambi sorridiamo, in bianco e nero, lui guarda il telefono, io guardo lui.
Altre lacrime rigano il mio volto.
Ci rivedremo, te lo prometto.
E sorrideremo di nuovo.
Sii felice.
«Addio, amore mio..» sussurro, stringendo la foto.
Poso la foto e asciugo la lacrime, uscendo dalla camera.
Saluto tutti e me ne vado.
Ritornerò.
«Eleonora?» mi chiama mia mamma, risvegliandomi dal mio ricordare la giornata di ieri.
Mi volto nella sua direzione.
«Hai preso tutto?»
Annuisco piano.
«Bene, perché tra po' devi andare..» spiega. «Sei pronta?»
Un giorno lo sarò.
«Si, andiamo.»
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Il mio sbaglio più grande.
Fanfictionstoria scritta nel lontano 2015/2016, in un periodo in cui una me poco più che quindicenne decide di provare a pubblicare qualcosa (per il puro gusto di dire "ho scritto una storia!"), creando questo ammasso di capitoli senza filo logico e abbastanz...