3. A S H L E Y

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3. A S H L E Y

Controllo un'ultima volta che non ci sia niente di sbagliato nel mio outfit ed entro all'interno dell'edificio. Karen mi guarda sorpresa dalla sua postazione mentre comincia a posare due cartelline nere sulla superficie del tavolo. "Come siamo belle, questa mattina." Mi elogia. "Sono fottutamente spaventata." Deglutisco afferrando le cartelline. "Oh, no, queste le sale per te Jeff, tu vai direttamente dal signor Styles." Accenna un sorriso. "Va bene." La saluto per poi recarmi verso l'ascensore. Non posso di certo farmi dieci piani di scale e arrivare in condizioni pietose davanti al suo ufficio.

Prendo un grande respiro mentre mi avvicino a Silvia, la segretaria del signor Styles e annuncio il mio arrivo. Oddio, oddio, oddio. "Prego, puoi entrare." Sorride. Aiuto. Annuisco distrattamente e poggio la mano sulla maniglia della grande porta. Avanti, Ashley, puoi farcela. Deglutisco per poi aprire la porta della stanza e richiudermela alle spalle una volta entrata. L'ufficio è molto spazioso: grande scrivania al centro, due sedie di fronte a quest'ultima e un divanetto sul lato sinistro della stanza. Osservo lo skyline di Seattle e sospiro facendo altri due passi avanti. L'uomo è in piedi accanto alla sua poltrona dietro la scrivania mentre esamina alcuni documenti. Mi schiarisco la gola attirando finalmente la sua attenzione. "Ashley Stewart, ha richiesto di vedermi." Mormoro. "So chi è lei, l'impedita col caffè." Parla, distogliendo lo sguardo dal mio viso. "Mi dispiace davvero molto di-" una sua mano interrompe la mia frase. "È al corrente della regola: "Niente ascensore principale per i dipendenti, vero?" domanda, prendendo posto sulla sua poltrona di pelle. "Certamente." "Allora saprebbe spiegarmi perché stava usando l'ascensore principale, signorina Stewart?" mi guarda attentamente. "Mi sono trattenuta oltre l'orario, solitamente sono già andati tutti via e non pensavo potesse essere un problema usufruire dell'ascensore." Cerco di giustificarmi. Lavoro tanto e questo è il ringraziamento. Stronzo. "Non pensava potesse essere un problema... – ripete – lei ha un orario da rispettare, signorina Stewart, ed è pregata di andare oltre almeno che non sia qualcuno a dirgli di restare." "Chiedo scusa." Scusa... non posso crederci. Fatico a mantenere il mio viso rilassato mentre stringo i pugni dietro alla mia schiena. "Oh, e per quanto riguarda il suo stipendio... prego, mi illumini con le sue lamentele a riguardo. Se non sbaglio tremila dollari al mese sono più che sufficienti per una come lei. Niente bambini da mantenere, niente marito... solo lei." Mi guarda dritto negli occhi osservando ogni mio movimento. "Con tutto il rispetto, signor Styles, la mia vita privata non la riguarda e secondo: sì, è vero, non mi paga abbastanza. Lavoro il doppio dei miei colleghi solo perché sono arrivata un anno fa, rimango quasi ogni giorno oltre l'orario lavorativo per concludere pratiche essenziali ai finanziamenti di cui si sta occupando e non posso permettermi nemmeno di prendere un giorno libero perché altrimenti sarei un'approfittatrice. Quindi, se adesso vorrà licenziarmi perché lavoro troppo, prego, lo faccia pure, ma le assicuro che il quinto e il sesto piano saranno nel caos più totale." Respiro profondamente dopo aver esposto il mio piccolo monologo di cui vado fiera. "La terrò d'occhio, Stewart e adesso fuori, torni a lavoro." Agita la mano indicando l'uscita. Fiera di non essermi abbassata al suo volere, lo saluto ed esco dal suo ufficio.

Quando esco Silvia mi guarda preoccupata ma il mio sorriso vittorioso la fa subito sorridere divertita. "Come hai fatto ad uscirne viva?" ridacchia. "Non ne ho idea, ma adesso torno a lavoro o rischio di morire sul colpo. Buona giornata." La saluto per poi avviarmi all'ascensore. Fanculo il suo pensiero, mi scoccia fare il giro lungo per arrivare all'ascensore secondario e le scale sono escluse.

Una volta tornata nel mio ufficio, chiudo la porta e raggiungo la scrivania. Tiro un piccolo urletto vittorioso e dopo essermi leggermente ripresa, torno a lavoro.

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