Capitolo 7

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26 febbraio 2013

Ore 4.02

«Cos'è stato?» chiese Mark.

«Non lo so», rispose uno della scientifica.

Johann temporeggiò ascoltando ancora quel rumore, quindi si alzò e andò dall'altra parte della stanza: dietro una catasta di cianfrusaglie e strani oggetti, coperto da pesanti stracci, stava un freezer.

Mark si avvicinò al collega. «E questo che cos'è?» domandò.

Nel frattempo anche i tre agenti della scientifica si erano avvicinati ai due tenenti. «Sembra un congelatore», propose uno. Bauer lo fissò con la solita espressione da finto sorpreso.

«Aprilo», mormorò Mark e Johann scoperchiò il freezer con un gesto rapido, gettandosi subito indietro, spaventato. Un odore nauseabondo uscì, insieme ad alcune mosche, dal vecchio congelatore a mezzo servizio e sul fondo, avvolto in un grande foglio di cellophane, i due tenenti trovarono un terzo cadavere già in stato di avanzata decomposizione.

«Cristo santo!» sbottò Mark. «Ma che diavolo è questo?»

«È un mattatoio», soggiunse Johann a bassa voce avvicinandosi ancora al freezer, vincendo i forti conati di vomito dovuti alla puzza. Scoprì la testa del cadavere e vide dei ciuffi unti e appiccicaticci di lunghi capelli neri che contornavano il volto, ormai irriconoscibile di quella ragazza.

«Merda!» esclamò Mark, portandosi una mano su naso e bocca. «Ma un cadavere, al fresco, non dovrebbe conservarsi?»

«Se la temperatura è sufficientemente bassa», disse uno dei camici bianchi. «Ma questo catorcio di congelatore non funziona bene.»

In fretta, entrambi si allontanarono dalla scena, cui si avvicinarono i tre della scientifica. Ora quel posto assumeva un'aria più spettrale. Come potevano non far trapelare una notizia del genere? Tre cadaveri coinvolti in due omicidi! Certo, ora la catena poteva ipoteticamente fermarsi se davvero il dottor Schiller era il responsabile di tutto, ma se anche così fosse stato, prima o poi i giornalisti ci sarebbero arrivati e, a Dio piacendo, ci avrebbero costruito sopra una sdolcinata favola macabra. E ancora la figura più meschina l'avrebbe fatta la polizia criminale di Friburgo che non aveva potuto evitare quelle uccisioni.

«È davvero peggio di quanto pensassimo», concluse Bauer, continuando a fissare il freezer nascosto dalla catasta di ciarpame. Dopo i primi rilevamenti, il corpo della seconda ragazza, venne tolto e posato a terra per un esame più completo e agevole.

Tornò in quel momento, ciondolando sulle scale, il quarto dei camici bianchi, Karl, che probabilmente aveva appena smesso di dare di stomaco. Johann lo fermò, impedendogli di entrare. «Meglio di no», spiegò con un mezzo sorriso.

«Devo andare a lavorare», protestò debolmente lui, con la faccia sbattuta.

«Non credo sia roba per te, amico. Dammi retta.»

Karl riprese le scale e tornò di sopra, sempre cercando di evitare le impronte del grosso cane che era lì disceso e solo in quel momento Völler provò ad aggiungere nuovamente quel pezzo al puzzle che, pian piano, stava provando a comporre nella sua testa.

«Il cane...», borbottò, dipingendosi un'espressione pensierosa in volto. Perse di vista i tre della scientifica che esaminavano anche il terzo cadavere, lasciò da parte i due corpi che gli stavano di fronte e si concentrò sulle impronte. «Il cane...», ripeté.

«Che centra il cane, ora?» chiese Mark, impaziente. «Hai una spiegazione per quello?»

«Be', è come lo vediamo, no? È entrato, forse sentendo qualche rumore, o qualche odore e poi ha fatto lo spuntino di mezzanotte», spiegò.

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora