Capitolo 13

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25 febbraio 2013

Ore 1.42

Il lupo osservava gli occhi del maschio che si spegnevano mentre lui si avventava alla gola. Uccidere qualcuno con quell'odore acre e insopportabile gli dava una sensazione di piacere che lo divertiva e se non fosse stato preso dall'azione si sarebbe messo a uggiolare e a scodinzolare, tutto eccitato.

Gli occhi scuri di quel patetico esemplare maschile della bizzarra razza a due piedi e senza pelliccia erano ormai di vetro e persi nel vuoto. Guardavano il soffitto della sua strana dimora e venivano sballottati a ogni strattone della bestia che staccava brani di carne.

Il sangue era bollente, o almeno era quello che il lupo percepiva mentre gli scendeva giù per il gargarozzo insieme a grossi bocconi dal sapore amarogno. Però era piacevole sentire le ossa che si spezzavano come teneri rametti sotto la pressione delle fauci. E la carne veniva masticata con foga. Dava un po' fastidio ai molari che continuavano a schiacciare, triturare e sminuzzare, ma dannazione, era gustoso! Gli faceva venir voglia di continuare a ingurgitare pezzi di esseri morti come quello.

Non ci mise molto a scendere anche sul petto e a squarciare quella sottile barriera tra l'esterno e le interiora: c'era uno strato giallastro sotto quella strana pelle nuda ma non aveva un sapore particolarmente allettante perciò lui azzannava, staccava e sputava, dopodiché si avventava sui muscoli tagliandoli dai tendini e rosicchiava le ossa con goduria.

Arrivò anche all'addome e squarciò il corpo in due infilando il muso negli intestini. Strappò qui e là le budella e le masticò rabbiosamente, poi si avventò sul fegato e aprì anche lo stomaco a metà.

Non era ancora sazio. Quella zaffata incredibile di carne e sangue lo investì di nuovo perciò continuò a scendere e immerse il grugno nel bassoventre. Infine si spostò sulle cosce. La sensazione migliore era affondare i canini in qualcosa di resistente ma non così tanto. E poi lacerare. Quanto al masticare, gli dava da fare per qualche istante.

Quando ebbe terminato, il lupo si leccò il muso e le zampe pulendosi dal sangue sulla pelliccia, uscì dalla pozza che si era formata tutt'intorno e si avvicinò alla testa della bizzarra creatura bipede. La guardò al contrario e immerse i propri occhi in quelli vacui dell'essere a due zampe. Ora non facevano più tanta impressione e quel puzzo nauseabondo che aveva annusato fin dalla foresta era svanito. Rimaneva soltanto l'odore del sangue. Eppure in quell'espressione a metà tra la sorpresa e il terrore c'era ancora qualcosa che colpiva il lupo e lo faceva infuriare. Si chinò con il naso umido sulla fronte del cadavere, spalancò le fauci e di nuovo affondò i denti, strappando brandelli dal cranio.

Una volta finito, l'animale gironzolò per la stanza e studiò l'ambiente. Era buio, di colori tetri, tendenti al grigio e al nero. C'erano soltanto due piccole luci fioche ma non erano stelle e il cielo sembrava pesante, come se fosse potuto cadergli sulla testa da un momento all'altro. Che razza di cielo era? E poi, lì dentro c'era puzza di chiuso e di morte.

La belva si mosse e studiò una delle pareti. Stavano appesi alcuni oggetti lucenti. Non sapeva cosa fossero ma dall'aspetto non sembravano presagire nulla di buono.

Perlustrò il posto per altri minuti e solo alla fine si voltò e guardò ancora vicino al corpo smembrato del maschio. C'era la femmina.

Si accostò e annusò. Si bloccò, rialzando il muso, stupito. Non veniva alcun odore da quelle carni. Le membra erano immobili e non c'era respiro. Il cuore non batteva più.

Il lupo si sdraiò a terra, di fianco a quel corpo bianco e nudo e rimase per un po' a vegliarlo, come se attendesse inconsapevolmente il momento del suo risveglio. Non sentiva il bisogno fisiologico di attaccare e squartare. Voleva soltanto restare lì accanto.

Uggiolò. Provò a richiamare su di sé l'attenzione di quella strana femmina bipede ma lei non rispose. Avvicinò il tartufo al corpo esile e annusò ancora. Infine spostò la testa coperta di ciuffi color grano e scrutò quegli occhi freddi e immobili.

Sembrava dispiacergli che lei non replicasse ai suoi richiami e ben presto ebbe la certezza che non c'era più vita in quelle membra ancora tiepide. Gettò una rapida occhiata verso i resti del maschio che aveva mangiato e ringhiò.

La bestia risalì in superficie e una volta fuori, scappò via senza voltarsi, aggredendo il terriccio e lasciando a penzoloni la lingua. Sentì l'aria fredda investirgli il muso e scorrere, simile all'acqua, sulla folta pelliccia nera.

Tornò allo sperone roccioso da cui era partito e una volta lì, alzò gli occhi di ghiaccio verso la luna piena e ululò gettando indietro il muso. Ululò richiamando qualcuno, ma nessuno poteva rispondergli.

Era solo.

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora