Capitolo 74

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24 giugno 2013

Ore 9.37

Quando la volante giunse di fronte all'abitazione della famiglia Wolfe, si fermò, il poliziotto salutò il ragazzo con un semplice augurio di buona giornata e riprese la strada, lasciando Lukas sul marciapiede.

Il ragazzo alzò gli occhi verso la porta di casa e vide che si spalancava: la sorella gli corse incontro e lo abbracciò forte.

«Ehi, va tutto bene», disse lui, sollevato, ma Stella lo stringeva senza volerlo lasciare andare. «Sorellina, ora puoi mollarmi.»

Quando lei sollevò lo sguardo, vide i segni della scazzottata sul volto del fratello. «Cosa ti è successo?» chiese con un filo di voce.

«Non preoccuparti, non è importante.»

«Come non è importante?» saltò su. «Ti hanno pestato!»

«Va tutto bene.»

Stella sbuffò, incrociò le braccia sul seno e scrutò Lukas mentre le passava accanto, la superava ed entrava in casa. Lui cercò subito la madre e la trovò nella cucina, seduta su una sedia.

«Lukas!» esclamò vedendolo ferito sotto lo zigomo e sul labbro. «Che cosa diavolo ti è successo? Perché ti hanno portato alla centrale? Che cos'hai combinato?»

Lui sorrise. «Posso rispondere?»

La donna restò basita e annuì.

«Non è successo nulla di grave.»

Margit parve perplessa dall'affermazione, ma non replicò.

«La polizia sta indagando su quel mostro che si aggira per le strade della città e che uccide nelle notti di luna piena», disse. «Volevano sapere dov'ero la notte scorsa.»

«Perché?»

«Per quanto è accaduto alla segheria qualche mese fa, suppongo», fece con semplicità. Poi aggiunse: «E... forse per quello che è successo a Voigt. Il fatto che sia morto e che tra noi le cose non andavano bene... probabilmente avevano dei sospetti...»

«Lukas», interloquì a quel punto Margit. «Tu la notte scorsa... eri in camera tua, vero?»

«Certo!» mentì prontamente lui. «C'era anche Stella», aggiunse.

«Stella?»

«Già», tagliò corto Lukas.

«Ho chiamato il supermarket e ho detto che oggi non saremmo riusciti ad andare», concluse Margit, lasciando cadere la questione e cambiando discorso. «Ci vuole un po' di tranquillità ora», concluse, quindi guardò il figlio salire le scale e lo sentì chiudersi in bagno. A quel punto un dubbio la afferrò e le serrò la bocca dello stomaco: Lukas era davvero rimasto per tutta la notte dentro la sua camera insieme a sua sorella? Poteva la polizia sbagliarsi e aver preso un granchio tanto grosso?

Lukas, una volta chiusa la porta, si guardò allo specchio e sfiorò le ferite che aveva sul voltò con la punta dell'indice. Bruciavano ancora, nonostante le piccole cure ricevute alla centrale. Osservò con attenzione il grosso taglio sotto lo zigomo. Per il labbro sarebbe bastato qualche giorno sebbene fosse estremamente fastidioso, ma per lo zigomo ci sarebbe voluto di più.

«Che figlio di puttana», mormorò asciugandosi il rivolo di sangue con un batuffolo di cotone intriso di acqua ossigenata.

Lentamente la maniglia della porta si abbassò, ma la serratura era chiusa, quindi Stella bussò sul legno e chiamò suo fratello.

«Un attimo», rispose lui. Finì di asciugarsi la ferita, si sistemò e riaprì. «Cosa c'è?» chiese.

Lei lo afferrò e lo trascinò di sotto, s'infilò il giubbotto e lo spinse fuori. «Mamma, usciamo un momento», gridò mentre richiudeva la porta.

«Dove diavolo mi stai portando?»

Lei continuò a spingerlo fino al pick-up, dopodiché gli porse le chiavi e lo invitò a salire, sgattaiolando dall'altra parte. Lukas entrò, richiuse la portiera e una volta seduto al posto di guida, voltò lo sguardo verso la sorella e la fissò con aria interrogativa. «Stella, dove vuoi andare adesso?»

«A fare un giro», disse lei, secca.

Il ragazzo fece spallucce: mise in moto, inserì la marcia e partì. «Che cosa devi dirmi?»

La giovane rimase seria e silenziosa guardando fuori dal parabrezza.

«Andiamo, sorellina, lo so che devi dirmi qualcosa! Dimmela e basta, no? Che cos'aspetti?»

«Tu fai sempre così, vero?»

Lukas si voltò di nuovo e aggrottò la fronte. «Così, come?»

La sorella ripeté le parole che lui aveva pronunciato quand'era tornato. «Non è importante... va tutto bene... non preoccuparti...», cantilenò. «Come cazzo faccio a non preoccuparmi, Lukas? Me lo sai spiegare?»

«Stella...»

«No!» urlò, tirando una pedata al cruscotto. «La polizia è venuta a cercarti e sospetta di te! Ti hanno portato via e avrei potuto... non rivederti più», singhiozzò, quindi guardò l'espressione imperturbabile del fratello che seguiva il traffico con gli occhi. «Mi dici come fai a essere così tranquillo?»

Lui scosse il capo. «Non sono tranquillo.»

«Ma da fuori lo sembri davvero», sospirò Stella, sforzandosi di non piangere. «Hai paura che possano prenderti? Hai paura di quel tenente?»

«No», replicò lui con una scrollata di spalle.

Stella lo guardò ancora. «È stato lui a ridurti così?»

Il fratello annuì.

Lei restò in silenzio per alcuni secondi, studiando il profilo severo di Lukas: temeva di fare quella domanda che le ronzava in testa, ma voleva sapere. «Di cosa hai paura allora?» domandò infine.

Il ragazzo sospirò, dopodiché fermò il pick-up e la guardò. Allungò una mano verso il volto dolce di sua sorella e lo accarezzò. «Ho paura di perderti, Stella», disse.

«Perché?» chiese ancora. «Io non andrò mai via.»

«Non è la polizia che mi spaventa a morte, sorellina», fece con voce triste. «E neppure che, un giorno, tu possa andartene.»

«E allora cosa?» insisté lei, ma il fratello scosse il capo e distolse gli occhi, quindi rimise in moto e riprese la strada.

Tornò verso casa, ma mentre stava per svoltare, colto dal suo irrefrenabile vizio, alzò gli occhi sullo specchietto retrovisore e notò il riflesso del solito Ford Transit nero. "Krauss", si disse con odio. Lo stava pedinando e chissà da quanto tempo gli stava dietro senza che se ne fosse accorto.

Prese a salire la via di casa e arrancando adagio notò la sagoma del furgone che passava oltre e non svoltava in Wintererstraße. Sospirò e si tranquillizzò, dopodiché curvò seguendo la strada, ma improvvisamente si trovò alle spalle una Golf che lo superava di scatto, proseguiva fino al fondo della via per poi curvare e tornare indietro. Lukas rallentò e guardò con attenzione attraverso il parabrezza dell'auto, nel tentativo di riconoscere chi fosse alla guida. L'autista mostrò gli abbaglianti tre o quattro volte, quindi accelerò e ridiscese la strada rombando.

«Bastardo», mormorò Lukas.

«Chi era?» chiese Stella.

Lukas serrò la mascella. «Lo stronzo di questa mattina.»

Lei non disse altro.

Quando suo fratello fermò il pick-up, entrambi scesero e rientrarono in casa, trovando la madre che preparava il pranzo nel tentativo di distrarsi e di occupare un po' di tempo. «Dove siete stati?» chiese quando li vide passare nel salotto.

«A fare un giro», ripeté Lukas come aveva fatto la sorella prima di uscire.

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora