Capitolo 41

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23 aprile 2013

Ore 21.32

Stella indietreggiò. Non riusciva a parlare e per qualche ragione non poi così strana, percepiva la paura crescere dentro di sé. Scrutò con timore l'uomo, grande e grosso, che entrava lentamente in casa, richiudeva la porta e rimaneva nel vestibolo, senza togliersi il cappotto. Lui sorrideva e il volto smagrito, segnato dagli anni e dalla barba di qualche giorno, lo faceva sembrare più vecchio di quanto in realtà fosse. I capelli neri e arruffati erano tirati indietro di continuo da un gesto automatico della mano sinistra e gli occhi castani studiavano con curiosità l'interno della casa, non stancandosi mai di ritornare sulla figura piccola e minuta di Stella.

«Allora, dove sono tuo fratello e tua madre?» chiese l'uomo con il medesimo tono di voce.

Di nuovo Stella non rispose e fece un altro passo indietro.

La voce di Margit venne dalla cucina. «Stella, chi era alla porta?» cinguettò, insolitamente allegra.

L'uomo scattò verso la cucina, prima di bloccarsi una seconda volta, forse convinto di spaventare qualcuno. Continuava a sorridere, come se fosse entrato in un parco giochi dove ogni attrazione era nuova per lui e di certo avrebbe fatto un giro su ognuna. Con gli occhi fece un cenno a Stella per dirle di chiamare sua madre e la ragazza, balbettando, obbedì.

«M-mamma... vieni u-un momento?»

Margit, a quel punto, fece capolino dalla cucina. Non appena vide il tale che ormai stava in salotto, lasciò cadere a terra l'insalatiera che andò in frantumi. Stella balzò sul tappeto che stava davanti al divano, mentre il visitatore, con aria dispiaciuta, si chinò a raccogliere i pezzi di vetro più grandi sparsi sul pavimento, facendo attenzione a non ferirsi.

«Ciao Margit», esordì l'uomo, quando fu di nuovo in posizione eretta. «È passato tanto tempo.»

Anche lei rimase basita, ma nei suoi occhi Stella riuscì a distinguere la paura che prendeva forma, il terrore di aver commesso un terribile sbaglio tanti anni prima.

Scese il silenzio, quel grande silenzio imbarazzante che c'è durante le riconciliazioni di persone che non si sono viste o sentite per anni e a quel punto nessuna parola può riempire le distanze e le differenze che hanno allontanato due esseri umani.

«Non mi dite nulla?» chiese l'uomo, fissando prima Margit e poi Stella, stupefatto. «Cos'è, il gatto vi ha mangiato la lingua? Pensavo che almeno tu», commentò, rivolgendosi a Stella, «mi avresti salutato, che mi avresti detto: "Bentornato..."»

«Che ci fai tu qui?» sbottò all'improvviso Lukas, mentre scendeva le scale e si fermava alle spalle del nuovo arrivato, trafiggendolo con uno sguardo glaciale.

Voltandosi, l'uomo sorrise. «Mancava soltanto il guastafeste all'appello.»

Di nuovo silenzio.

«Ti ho chiesto cosa ci fai qui, Konstantin!» ripeté Lukas, ancora più infuriato.

«Nessun "ciao papà, come stai?", niente strette di mano, niente abbracci?» Gli occhi di Konstantin Voigt erano fissi sulla sua ex moglie e su sua figlia. «Vi facevo persone più gentili. Ho impiegato quasi sei ore in auto da Monaco per venire qui, in questo buco di culo dimenticato da Dio, e questa è l'accoglienza?»

«Avresti dovuto aspettartelo!» tuonò il ragazzo, avanzando di due passi. «Chi ti dà il diritto di...»

«Quando ti guarderò negli occhi, vorrà dire che mi starò rivolgendo a te, mezza tacca», replicò, secco l'uomo, voltandosi a scrutare il figliastro. «E poi, Stella è sempre mia figlia. E Margit è mia moglie.»

«Ex moglie», puntualizzò Lukas.

Konstantin in quel momento si volse. Senza minimamente far caso alla sua sfacciataggine, riprese a parlare, ma ancora una volta fu interrotto.

«Che vuoi?» chiese Lukas. «Perché sei qui?»

«Questa è la mia famiglia», gorgogliò, stringendo i pugni.

Lukas mostrò un ghigno. «La tua famiglia, come la chiami, ha imparato a fare a meno di te da anni.»

«E chi l'ha deciso?» sbottò Voigt, all'improvviso. «Tu?»

«Non io, ma le persone che ti amavano e che tu hai tradito e abbandonato», tagliò corto Lukas. «Hai perso il diritto di essere il padre di questa famiglia quando hai oltrepassato il confine tra ciò che era lecito e ciò che non lo era.»

«Sta' zitto, brutto figlio di puttana.»

«No, tu sta' zitto! E vattene da casa nostra!»

Konstantin si girò di scatto e partì veloce verso Lukas.

I due si avvinghiarono in una violenta stretta e presero a divincolarsi. Ognuno voleva colpire l'altro, ma nessuno dei due pareva avere la meglio.

Stella strillò e si rintanò in un angolo, invece Margit fece per avvicinarsi ai due, ma non si mise in mezzo per fare da paciere perché aveva troppa paura.

«Questa è la mia famiglia», ripeté Voigt, furente. «E non voglio perderla un'altra volta.»

Lukas diede uno strattone e si divincolò dalla presa del patrigno, dopodiché lo afferrò per i fianchi, mentre lui lo colpiva con violenza sulla schiena, e lo spinse verso la porta, facendolo arretrare di qualche metro. Strinse il pugno sinistro e mentre caricava con il corpo, diede qualche colpo ben assestato nel fegato e alla bocca dello stomaco.

Voigt si sentì mancare il fiato e crollò indietro, finendo con le spalle contro la porta, poi cadde a terra, boccheggiando. Si massaggiò l'addome e grugnì.

«Vattene da qui e non farti più rivedere», gli intimò Lukas, con il fiatone. «Sono stato chiaro?»

«Un cazzo!» esclamò Konstantin tentando di rialzarsi. «Tu non puoi...»

«Vattene!» urlò Lukas e di nuovo si avventò sul patrigno, scaraventandolo contro la porta e bloccandolo con le spalle contro l'uscio. «Non siamo tutti alcolizzati come te, cristo! Ci ricordiamo quello che hai fatto e ora io sono abbastanza cresciuto per impedirti di farlo di nuovo!»

Voigt si rialzò, si diede un tono risistemandosi il bavero del giaccone e fissò, furibondo, le tre persone che stavano nel vestibolo insieme a lui. Lukas gli si parava di fronte, guardandolo a brutto muso, Stella e Margit erano dietro di lui, impaurite. Non avrebbe mai immaginato che il suo ritorno dalla propria famiglia, dopo essere uscito di prigione, sarebbe avvenuto in quel modo e neppure che la sua permanenza sarebbe durata così poco.

Voigt osservò con odio i presenti, dopodiché si voltò afferrando la maniglia e uscì, sbattendo la porta.

Stella e Margit sospirarono, mentre Lukas uscì sul pianerottolo e seguì con lo sguardo il patrigno che si accostava a una vecchia Opel Kadett station wagon, vi montava a bordo bestemmiando e se ne andava.

Le luci rosse dei freni illuminarono la strada quando la Opel si fermò allo stop, poi si spensero mentre l'auto svoltava a destra, sgommando. Lukas provò un enorme sollievo nel vedere Voigt scomparire e quella bestia che aveva sentito ruggire dentro il petto si calmò lentamente, smettendo di far stridere le catene che la tenevano imprigionata. Eppure il ragazzo si rese conto che il mostro non era svanito dentro l'oscurità del suo petto perché una voce cupa e terribile sembrava sussurrare con voracità: "Torna e ti ucciderò."

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora