Capitolo 51

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26 aprile 2013

Ore 18.40

L'aria era umida e il terriccio molle si sfaldava sotto le zampe potenti. La luna piena si ergeva ora alta nel cielo, come un irresistibile richiamo verso qualcosa di primordiale che eccitava il lupo e il fruscio della foresta che giungeva alle sue orecchie ritte invogliava l'animale a lasciarsi tutto alle spalle, abbandonare lo strano mondo cui non apparteneva e tuffarsi nell'oscura e misteriosa natura.

Annusò a pieni polmoni e l'aria pesante gli raffreddò il tartufo umido. Il vapore acqueo disperso copriva ogni odore, salvo quello pungente della corteccia bagnata degli alberi.

Celermente l'animale attraversò la stretta macchia di erba alta e si insinuò tra i sempreverdi, risalendo a più non posso la dolce altura che si addentrava nella foresta. Il vento freddo gli frustava il corpo e la pelliccia nera e lucida si muoveva sinuosamente sopra i muscoli contratti. La lingua penzolava fuori dalle fauci spalancate e il torace del lupo si gonfiava e sgonfiava con foga. Le zampe artigliavano il terreno bagnato, affondavano e risalivano lasciando profonde orme. La volontà belluina di quella fiera bruna pareva non arrestarsi mai e dentro di sé non c'era spazio per l'ira, per il dolore, l'amore o la gelosia; emergeva soltanto uno spasmodico bisogno di sfogare tutta quell'energia infinita, immaganizzata in un corpo comunque ancora troppo piccolo.

Attraversò a grandi balzi gran parte di quel polmone verde di foresta e mentre scivolava tra la boscaglia, il lupo all'improvviso si bloccò tra i grossi tronchi divelti di due abeti morti che erano crollati l'uno sull'altro, smossi dalla forza del vento durante la tempesta di quella notte. L'atmosfera si era diradata e la brezza gelida fischiava tra gli alberi, eppure quel ticchettio era inconfondibile, molto fine ma ugualmente udibile dall'animale.

Più avanti, nei pressi della radura, dove sovente si raccoglievano le acque piovane, c'era un animale, piuttosto grande, che si aggirava per la foresta. Il lupo si mosse, un passo alla volta, preparando l'agguato. Raspò dolcemente il terreno per assicurarsi di non avere ostacoli, annusò l'odore forte della preda e seguì con gli occhi chiarissimi la sagoma scura e voluminosa che si muoveva sontuosamente attorno alla pozza, ora bevendo, ora brucando da quei pochi cespugli non morti a causa del freddo.

Si accovacciò, ammirando l'animale che era in procinto di attaccare e lo sentì gorgogliare debolmente. Il bramito gutturale del cervo salì dalla gola e si perse nel vuoto, dopodiché l'erbivoro ricominciò a brucare e a strofinare le grandi corna contro i rami a mezz'altezza degli alberi.

Il lupo seguì con lo sguardo il profilo dolce e le zampe sottili della sua preda per diversi istanti, finché non la vide sollevare il capo cornuto e voluminoso, guardarsi attorno, smarrita, bramire ancora, molto più forte e infine scappare in fretta, messa in allarme da qualche rumore.

Nascosto tra i cespugli, anche il predatore stava per scattare, per non lasciarsi sfuggire la cena, ma una volta balzato fuori dal proprio nascondiglio, fatti due salti, si arrestò dove poc'anzi era fermo il cervo a nutrirsi e a dissetarsi. Annusò a terra, respirando l'odore dell'animale appena fuggito, quindi rialzò il capo e inspirò ancora, nel tentativo di ritrovare la traccia.

A quel punto capì cos'aveva spaventato il cervo.

Annusò più a fondo e riuscì a distinguere il fetore acre di un altro animale, un predatore come lui, piuttosto lontano. Quella traccia mise in allarme il lupo che si mosse in fretta, spostandosi da quella zona troppo esposta e si allontanò, tornando verso il sentiero che conduceva verso la sua tana.

Qualcosa però arrestò di nuovo il lupo che si volse guardandosi alle spalle. C'era un animale che, a non molta distanza, ululava alla luna. Era un verso rabbioso e acuto che saliva, poi si arrestava, quindi riprendeva ancora a salire, acutissimo.

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora