Capitolo 66

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11 giugno 2013

Ore 20.52

«Tu non me la racconti giusta», borbottò Johann, fissando la scrivania ricoperta di scartoffie, tra le quali emergeva un fascicolo piuttosto striminzito con la foto di un ragazzo dagli occhi chiari. «Mi stai nascondendo qualcosa», proseguì. «Ma che cosa?»

Gli occhi di Völler si perdevano nello sguardo di ghiaccio di quel giovane che pareva affiorare dall'istantanea scattata a una decina di metri di distanza, mentre il tipo era di spalle e camminava. All'improvviso si era voltato per guardarsi indietro e in quel momento la fotografia era stata fatta. «Lukas», mormorò Johann. «Che cosa mi stai nascondendo?»

Detto ciò, riprese a studiare l'espressione severa del ragazzo.

«Che fai, amico?» chiese a un certo punto Bauer, sollevando gli occhi da un altro fascicolo. «Parli da solo, eh? Guarda che è il primo segno della pazzia! L'ho sentito qualche giorno fa in un programma...»

«Non parlo da solo!» ribatté Johann, piccato.

Mark sorrise. «Ah no?»

Johann scosse il capo. «Sto solo riflettendo ad alta voce.»

«E ultimamente lo fai sempre più spesso», aggiunse il collega. «Senti, Johann», riprese Bauer dopo qualche secondo, «prova a non abbatterti troppo, d'accordo? Mi rendo conto della nostra situazione, ma non possiamo inventarci una soluzione per questo problema.»

«Capisco la tua volontà di tirarmi un po' su di morale e capisco che anche per te sia dura, ma qui... cazzo, qui stiamo giocando a nascondino!»

«Appunto», confermò Bauer. «L'hai detto.»

«Io però mi sto stancando. Cristo, non è un fantasma, quello cui diamo la caccia! È un essere umano, di certo in possesso di animali di dimensioni considerevoli, a quanto sappiamo, ma è qualcosa che possiamo toccare con mano. Non parliamo di leggende e folklore!»

«Ovviamente.»

«E allora com'è che non riusciamo a trovarlo da nessuna parte?» sbottò Johann tra uno sbuffo e l'altro. «Non è Osama Bin Laden!»

Mark allargò le braccia in segno di resa.

«Mancano meno di due settimane prima che la luna sia di nuovo piena e ormai diamo per assodato che ogni ventotto giorni questo disgraziato uccida ancora», tagliò corto Johann. «Dobbiamo fermarlo!»

«Lo ripetiamo da mesi, eppure non ci riusciamo. Abbiamo ripercorso tutti i casi, dall'inizio alla fine, e non siamo riusciti a cavarne un ragno dal buco. Non ci sono prove che incastrino qualcuno, ma solo quei fottuti peli di lupo, un po' neri e po' grigi. Tutto qua.»

«E Lukas Wolfe, in qualche modo è coinvolto, non dimenticartelo!» aggiunse Völler con solerzia.

«So che ti avrò fatto questa domanda un milione di volte nelle ultime settimane, ma come fai a esserne certo?» chiese Mark. «Insomma, capisco che ci siano alcuni punti di contatto evidenti, ma non abbiamo prove che sia stato Wolfe a uccidere quelle persone. Inoltre lui non ha neppure un dannato animale in casa o nascosto da qualche parte nelle mutande, altrimenti ce ne saremmo accorti! L'abbiamo fatto sorvegliare per più di un mese senza ottenere nulla...»

Johann rise.

«Cos'è che trovi così divertente? Fai ridere anche me!»

«Tu», rispose l'altro.

«E perché?»

«Ricordi quando l'abbiamo interrogato, alla segheria, dopo l'incendio?»

«Certo», confermò Mark. «E allora?»

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora