22 aprile 2013
Ore 8.00
Era trascorsa un'altra settimana senza che sul caso del lupo mannaro si facessero progressi.
Johann entrò nell'androne dell'amministrazione, attraversò lo stretto corridoio tra le scrivanie, a destra e gli studi degli ufficiali, a sinistra e si approssimò al suo piccolo scomparto, dov'era attaccata al vetro la targhetta con il suo nome e grado.
Entrò e richiuse dietro di sé la porta. Abbandonò la borsa nera di nylon ai propri piedi, gettò il quotidiano che aveva acquistato in edicola sulla scrivania e si lasciò cadere mollemente sulla poltrona che scricchiolò, dopodiché dondolò avanti e indietro grazie allo schienale reclinabile, facendo leva sui piedi. S'immaginò, come un vecchio contadino americano degli stati del sud, a piedi nudi, con un paio di calzoni da lavoro e una maglietta bucherellata, le mani avvingiate ai braccioli della sedia a dondolo, uno stelo di grano tra le labbra e un cappello di paglia in testa. Il ritmo di quella strana ninna nanna era sempre identico: avanti e indietro. Era un cullarsi a tempo di una musica di banjo inventata lì per lì, nel tentativo di riprendere le forze e la lucidità necessarie per continuare il proprio lavoro.
"Cosa devo fare?" pensò Johann.
Ci aveva riflettuto per sette giorni ininterrotti. Ne aveva discusso diverse volte con Bauer e ne aveva parlato a lungo anche con il capitano Kurtz, chiuso dentro il suo ufficio, prima di chiedere un mandato di perquisizione o l'autorizzazione a un pedinamento. Per Johann la situazione era lampante: se c'era qualche traccia o un sospettato, lo si doveva all'inesperienza e all'incautela di un ragazzo di ventitré anni, di nome Lukas Wolfe, che viveva nel quartiere di Herdern, al numero 40 di Wintererstraße. La domanda però era sempre la stessa: come faceva Völler ad essere certo che Lukas Wolfe fosse il colpevole che stavano cercando?
La sua volontà di arrestarlo, tanto ferrea quanto miope nella fattispecie, si fondava su un unico sospetto, basato su prove indiziarie che potevano chiaramente fuorviare menti più deboli e senza la grande esperienza di casi risolti che Johann aveva alle spalle.
«Come fai», aveva replicato il capitano, «a sapere che lui è chi stiamo cercando?» Il dito di Kurtz martellava sul fascicolo che Völler si era preso la briga di aprire su Lukas Wolfe.
«Abbiamo le sue dannate impronte sulla scena del crimine!» aveva sbottato Johann, per l'ennesima volta, esasperato. «E c'è anche il suo sangue, cristo santo! Cosa vuole di più, capitano? Un cartello con scritto sopra "sono un assassino, arrestatemi"?»
Kurtz aveva scosso la testa. «Se chiedi a Roth, non ti darà mai il via libera per un mandato! E nemmeno un giudice malato di mente, se devo essere sincero!»
«Cosa devo fare?» supplicò Johann.
Per un istante Kurtz aveva osservato uno dei migliori agenti che avesse mai incontrato nella sua lunga carriera, farsi piccolo, fragile e senza più forze. Sembrava che quel caso lo stesse divorando da dentro. Johann voleva levarselo dai piedi il prima possibile e ricominciare con il trantran quotidiano.
«Johann, per piacere... non ci sono prove affinché possiamo procedere!»
«Cosa devo fare?» aveva ripetuto Völler, abbassando gli occhi a terra.
«Stiamo cercando un animale, non una persona», commentò alla fine il capitano, prima che Johann se ne andasse.
Ripercorrendola passo dopo passo, Johann si era reso conto che era proprio quella la conversazione che aveva avuto con il capitano Kurtz qualche giorno prima. "Non si può procedere", era stato il verdetto e lui si doveva adeguare, per quanto ritenesse quella decisione qualcosa di idiota.
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E le tenebre scesero sopra Friburgo
Hombres LoboNella cittadina di Friburgo in Brisgovia, ai margini della Foresta Nera, improvvisamente un misterioso animale all'assalto inizia la sua carneficina, mese dopo mese. Nessuno crede più alla favola del lupo cattivo, eppure pare che questa volta, a fur...