Capitolo 72

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24 giugno 2013

Ore 8.05

Lukas venne sballottato da una parte all'altra del dipartimento come fosse un pacco postale, sempre al fianco di un agente di polizia.

Infine Bauer ricomparve in compagnia di Völler e di un altro uomo piuttosto distinto, in giacca e cravatta, sulla sessantina, con capelli grigi corti e occhi molto scuri. Bauer aveva un'espressione corrucciata sul volto, mentre Völler lo studiava con odio.

I tre si avviarono verso una stanzetta che si apriva in una parete. Il locale aveva una porta grigia e dentro c'erano solo un tavolo d'acciaio e due sedie.

"Vogliono interrogarmi?" si chiese Lukas. "Che cos'ho fatto?"

Lukas fu spinto dentro mentre un piccolo assembramento di gente si era radunato attorno a lui e lo osservava con aria incuriosita.

Bauer entrò subito dopo di lui e Lukas notò con la coda dell'occhio Völler che avanzava, ma veniva fermato dal terzo uomo che li aveva seguiti.

La porta venne chiusa e il tenente accese la videocamera per riprendere l'interrogatorio, quindi fece cenno a Lukas di accomodarsi sulla sedia. Lui si sedette e dopo aver fissato il ragazzo per alcuni istanti rimanendo in silenzio, gli chiese se desiderasse dell'acqua.

«No, grazie.»

«Lukas, possiamo darci del tu?» domandò Bauer. «Chiamami pure Mark, d'accordo?» Tamburellò con le dita sul tavolo, quindi aggiunse con fare accomodante: «È prassi della polizia chiedere a chi viene interrogato, se desidera rispondere alle domande in presenza di un avvocato.»

Il ragazzo scosse il capo, al che Bauer ripeté ciò che Völler aveva sbraitato, furente, meno di un'ora prima.

«Perché?» chiese Lukas, scrutando il tenente e il suo atteggiamento alquanto viscido per i suoi gusti.

«Vuoi, per favore, dirmi dove ti trovavi la notte scorsa, tra l'una e le due?» insisté Bauer.

Lui si sforzò di riflettere, ma non ricordava nulla. Aveva sprazzi di immagini in testa che apparivano come lampi e svanivano all'istante lasciandolo confuso, eppure non riusciva a mettere tutte quelle scene in sequenza per capire cos'era avvenuto. «Ero con mia sorella, a casa», mentì. «Anche lei l'ha detto al tenente Völler, questa mattina.»

«D'accordo.» Bauer si trovò di fronte un vicolo cieco che aveva imboccato senza rendersene conto. «Hai qualcos'altro da dire?»

«Perché il tenente Völler ce l'ha tanto con me? Mi sta addosso da...»

Bauer non rispose. Continuò a studiare il ragazzo che con aria nervosa si guardava attorno e batteva freneticamente il piede sul pavimento. «Che cosa sai dell'incidente che è avvenuto stanotte nel quartiere Landwasser?»

«C'è stato un incidente?»

Mark annuì.

«Ci sono stati dei morti?» chiese Lukas.

Di nuovo Mark fece un cenno col capo.

«Völler crede che sia colpa mia?» buttò lì.

«Lukas», riprese Bauer, «non prendiamoci in giro. Sai meglio di me che c'è un assassino in circolazione. Ne parlano tutti i giornali e lo chiamano "killer della luna piena". Sai anche che abbiamo sospettato di te per un lungo periodo...»

«Non ho fatto nulla, tenente.»

Nell'udire quella frase, pronunciata un'infinità di volte, Bauer rise. «Certo, lo dicono tutti.»

«È la verità!» protestò Lukas.

«Abbiamo diverse prove che l'assassino abbia colpito anche nel luogo dell'incidente», spiegò il tenente e a quel punto sperò che Lukas non facesse la fatidica domanda, ma si illuse perché quel ragazzo non era un'imbecille e se fosse stato coinvolto nella vicenda, di sicuro avrebbe saputo difendersi.

«Che prove avete contro di me?» domandò quasi con aria di sfida.

Bauer abbassò gli occhi sul tavolo. «Nessuna.»

«Allora possiamo considerare chiusa questa conversazione, no?»

Mark rialzò lo sguardo e scrutò il ragazzo con odio misto a delusione: ora capiva cos'aveva provato innumerevoli volte il suo amico Johann, cercando di incastrare quel tipo. «Abbiamo finito», concluse Bauer.

Lukas si alzò in piedi e seguì il tenente che gli faceva strada fuori dalla celletta. Si era aspettato qualcosa di peggio, di più spaventoso, il gioco dello sbirro buono e di quello cattivo e invece tutta quella situazione pareva essersi risolta in una bolla di sapone.

Attraversò l'uscita. Nel frattempo altre persone si erano radunate lì fuori. L'uomo alto e distinto in giacca e cravatta era scomparso, oppure non riusciva a vederlo, mentre Völler, furibondo, lo guardava e stringeva i pugni. Da un momento all'altro sarebbe esploso. Lo si vedeva lontano chilometri.

Lukas gli gettò uno sguardo d'indifferenza e lo superò, mentre Bauer si fermava a discutere con l'amico, nel tentativo di calmarlo e farlo ragionare, ma all'improvviso quella collera che Johann si teneva dentro, scoppiò. Si scaraventò sul ragazzo e lo spinse a terra, dopodiché gli si accasciò sopra, con le ginocchia sul petto, lo immobilizzò e prese a colpirlo con violenza.

I pugni che il ragazzo riceveva lo stordivano e quando sentì l'ennesimo diretto sullo zigomo, batté la testa sul pavimento e per poco non svenne.

Völler fu allontanato e trattenuto da Bauer e altri due agenti, mentre si dimenava come un forsennato e inveiva contro Lukas. «Ti ucciderò, bastardo!» tuonava. «L'hai ammazzata, ma io ti ucciderò!»

Il giovane si riebbe, si asciugò il sangue che scendeva dal labbro spaccato e da una ferita superficiale sotto l'occhio destro, quindi si rialzò e venne aiutato ad andarsene.

Lasciò la centrale un'ora più tardi, dopo essere stato medicato e aver dichiarato all'uomo alto e distinto, che aveva scoperto essere il capitano di polizia, responsabile di quel dipartimento, che non avrebbe sporto denuncia per l'aggressione del tenente Völler.

Kurtz lo salutò con una stretta di mano salda e le proprie scuse formali per quell'increscioso incidente.

Lukas non badò né alle scuse, né alla stretta di mano, ma pensò soltanto a uscire da quel posto e a tornare dalla madre e dalla sorella.

«Sto tornando, sorellina», replicò tra sé mentre saliva su una volante che l'avrebbe riportato a casa.

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora