Capitolo 38

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14 aprile 2013

Ore 2.00

Il lupo masticava rabbiosamente la carne, assaporando il gusto metallico del sangue caldo. Era piacevole, non come la prima volta, ma comunque dava una sensazione pazzesca d'ira sfogata, di soddisfazione.

Ogni tanto, tra un boccone e l'altro che gli incisivi e i canini aguzzi strappavano e che i molari trituravano, l'animale sentiva qualche ossicino, ma erano talmente fragili quei piccoli pezzi che per la foga di azzannare non davano neppure molto fastidio. Scricchiolavano sotto la potenza della mandibola e si frantumavano, poi venivano inglobati nel bolo che finiva direttamente nello stomaco.

I denti, in fretta, presero a stridere a contatto con l'osso del cadavere steso a terra in un lago di sangue. La carne ormai era terminata e non c'era nient'altro da mangiare.

Il lupo si fermò, leccandosi il muso con la lunga lingua, barcollò sulle zampe per alcuni istanti, lasciando impronte tutt'intorno al corpo spolpato, quindi si voltò verso l'ingresso da cui era entrato. Si limitò a fissare l'entrata e, lì davanti, stava una figura alta e massiccia, nascosta dall'ombra. Non gli servì aguzzare la vista perché dopo qualche istante, quell'essere, in tutto e per tutto simile a quello che il lupo aveva poc'anzi finito di sbranare, avanzò di due passi, finendo sotto l'alone bianco di luce che scendeva dall'alto e si rivelò. La bestia allora ringhiò, facendo salire un suono gutturale dalla gola.

Lukas restò immobile. Qualunque altra persona al suo posto avrebbe avuto tutt'altra reazione e dopo aver urlato in preda al panico, se la sarebbe data a gambe. Invece lui non lo fece. Ciò che provò fu qualcosa di strano, come un senso di uguaglianza, di appartenenza che accomunava lui e il lupo. Sembrava strano a dirsi eppure era la verità. Vedeva in quell'animale mostruosamente grande tutta la rabbia repressa che per tanti anni aveva tenuto in catene dentro il proprio animo e il proprio corpo. Il lupo invece era l'opposto, la furia liberata e la libertà stessa che aveva preso forma.

L'animale ringhiò una seconda volta e si avvicinò a lui, lentamente. Fece anch'esso due soli passi avanti e si bloccò.

I due si scrutarono con attenzione. Erano entrambi irrigiditi, con i muscoli e i tendini contratti, proprio come nelle fasi dell'agguato, prima di un attacco alla preda. Si studiavano reciprocamente, cercando di individuare il punto debole dell'avversario.

Poi, all'improvviso, sia uomo che lupo si calmarono. Pervasi da un'ondata di consapevolezza che non ci fosse nulla di male in quell'incontro, si avvicinarono: uomo ad animale, animale a uomo. Lukas fece altri due passi, il lupo lo stesso. Il ragazzo non s'inginocchiò neppure perché l'animale era così grande da arrivargli alla fronte e di quando in quando, rabbiosamente, scopriva i denti in un gesto automatico.

A quel punto, mentre entrambi studiavano le proprie espressioni apatiche, annegando dentro gli sguardi vacui degli occhi di ghiaccio, Lukas alzò con tranquillità un braccio e allungò una mano verso il muso aguzzo dell'animale. Voleva toccarlo. Doveva toccarlo. E, a contatto con la pelliccia nera, le sue dita avrebbero capito cosa significasse essere libero e padrone di sé.

Il lupo sembrò una statua di marmo finché Lukas non accostò le dita a pochi centimetri dalla sommità del capo, tra le due orecchie a punta. Allora arricciò il naso e di nuovo digrignò i denti, abbassando la testa per evitare il contatto, ma non indietreggiò. Continuò rabbiosamente per alcuni secondi a ringhiare finché Lukas non affondò la mano nel pelo e a quel punto l'animale si calmò.

Erano uniti: una sola cosa, un solo corpo. Si sentivano, l'uno con l'altro. Bastava quel debole contatto della pelle dell'uomo con il pelo del lupo e loro si percepirono reciprocamente.

Lukas sentì il cuore che aumentava i battiti e ogni contrazione rimbombava nelle sue orecchie. Il respiro si fece affannoso e i muscoli si tesero come corde tirate allo stremo. Ebbe la strana impressione che anche il lupo stesse provando quella medesima sensazione perché capì di percepire il cuore ferino che palpitava e le pupille che si dilatavano.

Dopo qualche minuto, fermo in quella posizione, Lukas si sentì esausto. Era sudato e tutto il corpo gli doleva. Non voleva che quell'emozione bella e potente si arrestasse, desiderava piuttosto che continuasse, perpetua finché nelle sue membra non ci fosse più stata vita. Ma era spossato e intuì che non avrebbe potuto proseguire a lungo, perciò fece un passo indietro con la vista che gli si annebbiava e allontanò di qualche millimetro la mano dalla pelliccia del lupo.

Appena l'animale si rese conto di quel minimo cambiamento, si ridestò e prese a ringhiare, scoprendo i denti aguzzi e si sporse in avanti, verso il ragazzo, fino a spingerlo a terra. Si arrestò sopra di lui e abbassò il muso sul petto di Lukas, facendo gocciolare bava e sangue.

Lukas alzò le braccia per difendersi e appoggiò le mani sul muso del lupo che si tranquillizzò di nuovo. Sovrastando il ragazzo, abbassò ulteriormente la faccia bestiale, annusando i capelli di Lukas, poi lo guardò, specchiandosi negli occhi azzurri e di nuovo Lukas provò quel contatto eccitante che l'aveva spossato. Stava per crollare, devastato da quella sensazione indescrivibile. Sarebbe durato ancora pochi istanti prima di chiudere gli occhi, vinto dalla stanchezza e quando le sue mani abbandonarono l'animale, di nuovo il lupo si avventò su di lui e affondò i denti nelle sue carni.

Lukas spalancò gli occhi e balzò su dal letto, terrorizzato. Aveva la gola secca e la vista annebbiata. Si guardò attorno e provò a calmarsi. Una lama di luce penetrava dalla finestra e colpiva il pavimento della...

"Ma sono a casa", si disse, guardandosi attorno. "Eppure..."

Era stato tutto così reale, troppo reale. Aveva visto quel lupo, aveva sentito la sua pelliccia nera sotto le mani, la sua voce gorgogliante dentro le orecchie. E invece... era stato soltanto un sogno. Gli sembrò di ricordare che quel lupo... l'aveva già visto. Era come se lo conoscesse.

Udì un debole borbottio alle spalle. Si voltò e notò la figura minuta di sua sorella, infagottata nel piumone, che dormiva come una bambina. Le accarezzò una guancia e le diede un bacio sulla fronte, dopodiché si alzò in piedi e si stiracchiò. Controllò l'ora. Era ancora presto: la sveglia segnava soltanto le due e dodici minuti del mattino. Sarebbero trascorse altre cinque ore prima che Stella si decidesse a svegliarsi. Lukas non voleva disturbare il sonno tranquillo della ragazza per raccontarle di un incubo che aveva fatto, perciò prese a girare per la stanza senza alcun motivo apparente.

Inaspettatamente, affacciandosi alla finestra, tirò le tende e guardò giù, nella piazzola. Quella parte di Friburgo, a quell'ora sembrava morta, come tanti altri giorni. Non c'era anima viva in strada, le auto non passavano da quella via a fondo cieco e anche le poche che sfrecciavano sull'asfalto viscido della statale, non si udivano in quel punto sperduto alla periferia della città.

D'un tratto, dall'altra parte della piazzola, sotto un albero, si accese una piccola luce che svanì quasi subito. Nell'aria apparve una nuvoletta di fumo che si disperse in fretta. Lukas aguzzò lo sguardo e riuscì a distinguere le gambe di qualcuno che stava seduto sulla panchina.

Per diversi secondi fu come se Lukas e quell'oscura figura si stessero fissando. Poi l'ombra si alzò in piedi, finendo sotto la luce di un lampione e rivelò un uomo alto e magro, avvolto in un impermeabile scuro. Lo sconosciuto prese con l'indice e il pollice il mozzicone di sigaretta che teneva tra le labbra e lo lanciò via. Poi se ne andò.

Lukas lo vide avvicinarsi a un furgone, accendere il motore e gli abbaglianti, puntati nella sua direzione, dopodiché lo osservò voltare la vettura e sparire oltre la curva.

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora