Capitolo 11

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27 febbraio 2013

Ore 5.30

La mattina, quando Lukas si svegliò, era ancora buio. Scese di sotto a fare colazione e prima di uscire rilesse l'articolo che parlava dell'assassinio del dottore. Erano le stesse identiche parole di qualche ora addietro, solo che in quel momento sembravano più vere.

Uscì di casa, mise in moto il pick-up e partì. A nord, fuori città, avrebbe fatto più freddo, rifletté con amarezza.

Le strade erano ancora deserte e si vedevano soltanto degli autotreni o qualche autocarro che trasportava merci andare e venire per le vie di Friburgo e fermarsi nel luogo convenuto. Le automobili erano davvero pochissime e ai semafori, le code più lunghe erano di due, massimo tre macchine.

Uscì dal paese seguendo la statale 3 e poi deviò sulla 294 che si spostava più a est e continuava fino a Elzach dov'era la sua destinazione.

Lentamente il sole fece capolino all'orizzonte e illuminò la distesa di alberi e verde tutt'intorno. Ogni tanto la strada deviava, poi s'infittiva il verde, comparivano le prime case, quindi sbucava un paese, prima che le case diminuissero di nuovo e riprendesse la sola via asfaltata costeggiata da alberi e natura.

Arrivò che erano quasi le sette del mattino e soltanto allora iniziavano a comparire i primi, tangibili segni di traffico cittadino a Elzach. Giunse al ritrovo e si infilò nel parcheggio di una tavola calda. C'era un grosso camion in fondo allo spiazzo e un paio di furgoni lì a fianco.

Entrò nel locale e ordinò la colazione, poi quando si voltò, vide alcuni amici che aveva già conosciuto perché erano stati alla segheria diverse volte: erano boscaioli del posto che rifornivano periodicamente la sua ditta con il loro materiale grezzo. Sarebbe salito con loro per controllare il legname. C'erano Bastian Steinberg, Michael Koch, Friedrich Jensen e altri tre sconosciuti.

«Ehi, Wolfe!» lo salutò Jensen, un tipo con la barba rossiccia e i capelli crespi. «Come va giù a Friburgo?»

«Non c'è male», replicò Lukas.

«Niente di nuovo?» fece Steinberg.

Il ragazzo si accomodò e si sfregò le mani. «In effetti, ora che me lo chiedi, è successo due notti fa.»

«Cosa?» fecero in coro tutti.

«Hanno ucciso uno dalle nostre parti», spiegò semplicemente.

«Ucciso?» ripeté uno dei tre che Lukas non conosceva.

«Chi era?» chiese un altro.

Lui fece spallucce. «Non penso lo conosciate. Si chiamava Schiller. Era un dottore.»

Koch si passò insistentemente le dita sul mento grattando la corta barbetta. «Aspetta, ora ricordo.»

«Lo conoscevi?»

«No, l'ho sentito ieri sera al telegiornale. Ne hanno parlato per un po' ma poi ho cambiato canale. Non stavo ascoltando bene: a casa mia c'è sempre chiasso con tre pesti che mettono a soqquadro il salotto!»

«Chi è stato? Si sa già?»

«Un animale suppongono», tagliò corto Lukas. «Sembra che sia stato un grosso cane o un lupo.»

«Lupo? Ma non ce ne sono da queste parti.»

«Quello che ho detto anch'io», constatò lui.

La vicenda dell'assassinio del dottor Schiller da parte di un animale feroce assorbì le chiacchiere del gruppetto mentre si faceva colazione insieme, dopodiché i sei, cui si era aggiunto anche Lukas, partirono e andarono sulle alture fuori dalla cittadina.

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora