Capitolo 50

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26 aprile 2013

Ore 6.50

«Chi diavolo è l'imbecille che ha voglia di fare scherzi?» grugnì Lukas guardando l'orologio al polso che segnava impietosamente le sette meno dieci minuti.

Appese il cappotto all'appendiabiti e tornò in soggiorno. All'improvviso spifferi freddi lo investirono sulla schiena e voltandosi, sbirciò in cucina. Vide la porta sul retro che era socchiusa e a ogni piccola folata d'aria, sbatteva contro lo stipite.

Si avvicinò e si guardò attorno.

"Chi è entrato?" si chiese.

Si fermò di fronte all'uscio e continuò a studiarne il profilo mentre sbatteva ritmicamente senza fare troppo rumore. Osservò la maniglia coperta da un alone biancastro ormai secco, spinse il quadrante superiore di legno e uscì all'esterno.

Di nuovo l'aria gli corse lungo tutto il corpo e stavolta si sentì gelare perché non indossava il cappotto. Frustate fredde gli salirono su per la schiena, ma Lukas si trattenne, strinse i denti e mosse qualche passo verso l'erba alta, alle spalle della casa. Alzò lo sguardo in direzione della foresta e percepì un senso di smarrimento e paura, come se il mostro di cui tutti i giornali parlavano, il lupo mannaro, potesse sbucare in quel momento tra le sagome degli alberi e aggredirlo.

Sollevò gli occhi e li puntò sul cielo plumbeo. La luna non si vedeva, coperta dalle nuvole, eppure lui era certo che la sua forma tonda era là, da qualche parte, a calare nelle successive due settimane, per poi ricrescere e tornare piena nel mese di maggio.

"Perché fa così paura?" si domandò. Era una cosa stupida da pensare. Dannazione, non ci poteva essere un vero lupo mannaro che circolava per le strade di Friburgo! Quelle storie si leggevano solo nei libri. Non succedeva mai! Non c'era nessuna prova scientifica ad avvalorare la popolare credenza del nord Europa che, nelle notte in cui la luna era piena, un uomo o una donna che portavano in corpo una maledizione, sotto l'influsso dei raggi lunari, mutassero la propria forma in quella di un malvagio divoratore di uomini, per poi tornare esseri umani, il mattino successivo. Era impossibile!

E allora perché la foresta gli metteva in corpo tanta ansia? Da quando aveva iniziato a rendersi conto di se stesso e del mondo che lo circondava, Lukas aveva sempre apprezzato e ammirato la foresta e l'aveva sempre vista con occhi interessati perché essa gli trasmetteva il senso del mistero e insieme della tranquillità. Era natura. Era bellezza. Era semplice e vera.

Una folata di vento passò veloce e mosse le fronde degli alberi che frusciarono minacciosamente, come se la foresta avesse di colpo mutato il proprio animo misterioso in qualcosa di malvagio. Lukas si ritrasse, spaventato e rientrò in casa. Richiuse la porta e lasciò scendere la tenda sulle finestre nel vano tentativo di nascondere quel qualcosa di minaccioso che si avvicinava, proprio come facevano i bambini piccoli quando si coprivano gli occhi con le mani.

«Lukas?» lo chiamò la voce di Margit. «Sei già in piedi?»

Il giovane si volse di scatto, quasi avesse paura che lo spirito della foresta, in qualche modo fosse entrato e avesse preso le sembianze di sua madre.

«Chi era alla porta?» domandò la donna. «Ho sentito suonare.»

Il ragazzo fece spallucce. «Ho controllato ma non ho visto nessuno», replicò, sbrigativo.

«Ehi, tutto a posto?» insisté Margit, fissando il volto contratto del figlio.

Lui annuì stancamente e sgattaiolò fuori dalla cucina.

«Non ci metto molto a preparare la colazione», concluse la madre mentre Lukas saliva le scale e tornava in camera.

«Ciao fratellone», sussurrò Stella, rigirandosi tra le coperte calde, quando lo vide entrare. «Ancora cinque minuti.»

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora