Capitolo 6

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26 febbraio 2013

Ore 3.10

Bauer parcheggiò all'inizio di Burghaldering che era una viuzza alla periferia di Friburgo.

La strada si perdeva tra i primi alberi della foresta e saliva sul pendio a est della città. Sembrava di passare dalla pianura alla collina in poche curve, dalla confusione alla serenità in qualche decina di metri. Le chiome degli alberi rapidamente si facevano fitte e tagliavano fuori quella fetta di mondo da tutto il resto della città. Friburgo lì dentro sembrava un posto così lontano.

Il cielo nero della notte divenne invisibile dentro quella densa foresta e ogni accenno di luce proveniente dalla strada scomparve.

Johann e Mark scesero dall'auto e si avviarono nella penombra lungo la stretta stradicciola che saliva dolcemente verso la collina. Dopo pochi passi si trovarono immersi nella confusione più totale. Se l'aspettavano dopotutto, visto che era avvenuto un duplice omicidio. Fortunatamente però il viavai continuo era dovuto agli agenti della scientifica e ai poliziotti che sorvegliavano il perimetro della zona, transennato dal nastro colorato con la scritta "non oltrepassare". Poi c'era un gruppo di cinque ragazzi, radunato in un angolo, che stava agli ordini di uno dei quattro poliziotti. Probabilmente, pensò Johann, andandosene dalla torre d'osservazione, quella notte avevano trovato i cadaveri. E infine, tra le due volanti parcheggiate e i furgoni della scientifica, si ergeva lo studio medico del dottore marpione. Johann se lo ricordava perfettamente, con le mura chiare e gli spioventi ricoperti da tegole grandi e scure, e sotto la tettoia, lo scheletro dell'edificio, fatto in legno.

Völler e Bauer si avvicinarono al luogo del delitto e oltrepassarono la linea di nastro colorato dopo aver mostrato i distintivi da tenente al poliziotto più vicino.

«Cos'è successo?» domandò a bruciapelo Bauer mentre si avviava verso la porta, incontro a un altro agente in divisa.

«Abbiamo due cadaveri, ancora tiepidi», spiegò l'agente senza dilungarsi troppo. «Ma è meglio che diate un'occhiata. Sono di sotto», e nel pronunciare quelle ultime parole, indicò oltre la porta.

Proprio in quel momento un agente della scientifica uscì respirando affannosamente e appoggiò le spalle al muro. Né Mark, né Johann ricordavano di averlo mai visto prima. Si scambiarono un'occhiata e un cenno d'intesa.

«Prima volta?» chiese Johann dando una pacca sulla spalla al giovane esperto forense che si piegò sulle ginocchia, vomitando.

Il ragazzo si rialzò scuotendo la testa. «Sono strato trasferito da poco.»

Mark si avvicinò. «Com'è giù, la scena del crimine?»

L'agente della scientifica sboccò un'altra volta inginocchiandosi a terra, dopodiché si rialzò, bianco in volto come un cencio e si asciugò la bocca con un fazzoletto, scrutando con gli occhi rossi i due tenenti.

«Uhm», mugugnò Mark. «Così male?»

«Non ho mai visto... nulla di simile prima», concluse il giovane e sgattaiolò sul retro di uno dei furgoni della scientifica.

Johann e Mark si guardarono ancora, perplessi e solo in quel momento si resero conto della realtà delle cose: non c'erano giornalisti. Di solito facevano un gran chiasso per situazioni del genere e invece in quell'istante, neppure l'ombra.

«Non abbiamo fatto allontanare nessuno e ci siamo recati qui con molta discrezione», spiegò uno degli agenti, intuendo quei pensieri. «Non credo che sapranno qualcosa finché qui non avremo finito.»

«Grazie a Dio!» esclamò Mark. «Non li sopporto.»

Una volta sulla soglia della sala d'attesa, Johann lesse il nome del dottore sulla targhetta di ottone affissa sulla porta. «Il famigerato dottor Schiller», cantilenò e si bloccò studiando le impronte di sangue e terra sul pavimento.

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora