Capitolo 58

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25 maggio 2013

Ore 20.49

Impaziente, Lukas controllava l'orologio appeso alla parete della pizzeriaa a più riprese e nel frattempo faceva ballare lo sguardo dal televisore al Timex che teneva al polso. Ormai erano quarantacinque minuti che aspettava le pizze. Sentì brontolare lo stomaco e intanto meditò su quale sconto speciale chiedere al pizzaiolo.

"Diavolo", si disse, "se avessi chiesto da mangiare per un reggimento di fanteria potrei anche capire questo ritardo, ma così..."

Si guardò attorno e vide il solito gruppo di persone, alcuni dentro e altri fuori dal locale, che attendevano come lui. C'era chi era venuto in anticipo e chi invece entrava solo in quel momento.

Lukas sospirò di nuovo e guardò ancora l'ora, sollevando la manica del giaccone. Nove meno dieci minuti. Sbuffò e uscì sul marciapiede per la terza volta, maledicendosi per aver deciso di ordinare la pizza proprio in quel posto. "È l'ultima volta", si disse, sicuro di mentire a se stesso.

Solo dopo altri dieci minuti di attesa, un paio di persone dentro la pizzeria gli fecero cenno di entrare e quando lui si affacciò, il proprietario gli porse le tre pizze con due birre in omaggio, scusandosi per il ritardo.

«Grazie», replicò in tono freddo Lukas mentre ritirava la cena e il beveraggio. Sollevò con una mano i tre cartoni che contenevano le pizze, con l'altra il sacchetto con le birre e uscì in fretta.

L'ennesima ventata di aria gelida lo investì e senza troppi ripensamenti si convinse che presto l'influenza con il naso gocciolante e il brodino di pollo sarebbe venuta a fargli visita.

Aprì la portiera del pick-up e s'infilò dentro, lasciò le birre sul tappetino e le pizze sul sedile del passeggero, inserì la chiave, mise in moto e partì.

Lungo il tragitto il profumo di pizza invadeva l'abitacolo e il vapore appannava i finestrini e il parabrezza. Lukas azionò il riscaldamento, ma ormai era quasi arrivato.

Svoltò, risalì Wintererstraße, parcheggiò nel vialetto e scese con la cena in mano. Salì i pochi gradini dell'ingresso e aprì la porta. Entrò ed esordì con il classico: «Sono a casa!» ma nessuno gli rispose. «Ehi, dove siete? È arrivata la pizza!»

Tolse il giaccone, posò le chiavi del Volkeswagen e riprese le pizze. Superò l'ingresso e si trovò davanti il salotto, sotto sopra. Il divano era ribaltato, i cuscini sparsi per la stanza, il tavolo era stato spostato, due sedie gettate a terra, il televisore stava contro la parete, fortunatamente ancora integro. Un'anta di vetro della cristalliera era infranta, così come il tavolino ai piedi del divano.

«Mamma!» gridò Lukas, spaventato. «Stella! Dove siete?»

Di nuovo nessuna risposta.

Si avvicinò alla cucina e anche lì trovò disordine, piatti e bicchieri rotti, i cocci a terra. Il tavolo era di traverso, come se qualcuno avesse tentato di ergere quel quattro gambe di legno a difesa di un bastione ormai conquistato.

«Mamma? Stella?» chiamò ancora, il tono sempre più acuto.

Rimase in silenzio e ascoltò.

Solo allora udì un pianto debole che veniva dal piano si sopra. Salì le scale lentamente e si affacciò sul pianerottolo dove c'erano le porte delle tre camere e quella del bagno. La sua stanza e quella di Stella erano aperte. L'unica chiusa era quella di sua madre.

Si avvicinò, titubante e notò profonde ammaccature sul legno, graffi qui e là e in alcuni punti le schegge erano saltate, come se qualcosa si fosse abbattutto con violenza. Vi appoggiò le dita e percepì il legno rovinato sfregare contro la pelle.

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora