Capitolo 45

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24 aprile 2013

Ore 8.12

Quando Johann arrivò in ufficio, erano le otto passate. Si era fermato alla macchinetta del caffè, sicuro che vi avrebbe trovato Mark ad aspettarlo, dopo il turno di notte, che l'avrebbe ragguagliato su quello che era successo, dopodiché se ne sarebbe tornato a casa, lamentandosi di sua moglie Theresa e dei suoi doveri coniugali. Ma Mark non c'era ai distributori automatici.

Johann terminò in fretta di bere il proprio espresso, dopodiché salì al piano superiore e si diresse verso il camerone degli uffici. Alcuni agenti erano già bloccati dalla burocrazia, intenti a occupare le loro scrivanie o a rispondere al telefono. Altri invece erano in giro, a pattugliare le strade, perciò i loro posti erano vuoti e i computer spenti.

Si diresse verso il fondo dell'ampio locale, superando l'ufficio, ancora deserto, del capitano. Notò la porta aperta della propria stanzetta e c'infilò dentro la testa. «Mark!» esclamò, sorridendogli. «Ciao, come va?»

Quando Bauer si voltò, Johann vide la faccia sbattuta e giallastra, le borse sotto gli occhi, le pupille dilatate e le sclere irritate, tempestate di rosso dei capillari. Restò interdetto, lì per lì, dopodiché si avvicinò alla veneziana, roteò la bacchetta collegata al meccanismo e le lamelle si piegarono in orizzontale, facendo filtrare la luce dall'esterno che illuminò lo studiolo.

«Che ti è successo?» chiese Johann. «Hai una faccia terribile.»

Mark si piegò in avanti, si stropicciò gli occhi e si passò una mano tra i capelli.

L'amico notò che teneva un fascicolo in grembo.

Bauer sbadigliò scuotendo il capo.

«Allora?» lo incalzò di nuovo.

«Nessuno ti ha detto niente di questa notte?» domandò Bauer, sorpreso. «È stata la notte peggiore della mia vita! Dovevi essere là, con me» si lagnò.

«Ma che diavolo...»

«Non mi frega un cazzo di quello che ha detto Kurtz, d'accordo?» sbottò all'improvviso. «Tu ora mi stai attaccato al culo e cerchi di aiutarmi a chiudere per sempre questa storia.»

«Quale storia?» domandò Johann, mentre provava a supporre di cosa si trattasse, senza troppo allontanarsi dalla verità.

Mark fece tanto d'occhi e studiò il volto del collega. «Il tuo fottuto amico con il cane, Johann! L'abbiamo trovato, stanotte! Era come avevi detto tu! Un dannato psicopatico con un pastore tedesco, che si diverte ad ammazzare la gente, capisci?»

«Lo avete... trovato?» fece, querulo, Völler. Era meravigliato della notizia, quanto Bauer lo era della sua incertezza.

Mark afferrò il plico di fogli che teneva in grembo e lo porse al collega. Johann lo afferrò, aprì la copertina e iniziò a guardare. C'erano tante fotografie, una più raccapricciante dell'altra. Dopo le prime tre, dovette fermarsi, levando lo sguardo, quindi voltò le immagini sul retro bianco e prese a fissare i documenti contenuti nella cartellina: due rapporti di due scene del crimine collegate, un colpevole, quattro vittime, alcune analisi preliminari della scientifica, un'ascia, ovvero l'arma del delitto e... un pastore tedesco.

Johann si bloccò a quel punto, quando lesse "pastore tedesco" e aggrottò le sopracciglia. Lasciò scorrere gli occhi al paragrafo successivo, quindi si fermò di nuovo e riprese le fotografie, le sbirciò evitando di concentrarsi sui dettagli cruenti e infine si arrestò su due scatti che lo colpirono: il primo ritraeva un pastore tedesco con il muso e le zampe sporche di sangue, al guinzaglio di un agente di polizia, mentre il secondo mostrava le impronte trovate nell'auto, sul sedile del passeggero.

E le tenebre scesero sopra FriburgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora