Avery
Ci sono situazioni per cui ti prepari da tutta una vita, eppure, quando arriva il momento di affrontarle, non hai comunque la più pallida idea di come reagire.
In tutta onestà, dopo diciassette anni in cui di Mason Davis non se n'era vista neanche l'ombra, avevo creduto di poter cominciare a rilassarmi una volta per tutte.
Per qualcosa come i primi cinque anni di vita di Jade, avevo temuto che potesse presentarsi alla mia porta ogni giorno.
Lo avevo temuto, e lo avevo sperato.
Ma il tempo era passato, anche troppo velocemente, e le possibilità che una situazione del genere si verificasse non potevano che diminuire.
Be', era evidente che non avessi fatto i conti con Evan Davis però.
Mi chiedevo che diavolo fosse passato per la testa a suo padre quando gli aveva dato l'indirizzo di casa nostra.
Mi chiedevo cos'è che si aspettava adesso quell'uomo, e cos'è che pretendeva da Jade.
Dovevo scoprirlo, o non mi sarei data pace.
Dire a mia figlia di stare lontana da lui non era servito, e sapevo che non sarebbe servito neppure ripeterglielo per altre venti volte, minacciarla di chiuderla in camera o di metterla in punizione.
Non mi avrebbe ascoltato, i suoi occhi ieri, me lo avevano fatto capire chiaramente.
Era testarda, testarda da morire, ma se avevo smesso di farle pressione, era perché temevo di scoprire fino a che punto si fosse già legata a loro.
E temevo di scoprirlo perché una volta averlo scoperto mi sarei sentita una madre terribile nel fare ciò che avevo in mente di fare.
Ma allo stesso tempo, non potevo certo lasciare che rischiasse di farsi male, ma male davvero stavolta.
Le avevo sempre dato abbastanza margine di libertà, ma questa questione non riguardava i casini in cui le piaceva cacciarsi ogni tanto, questo non era un gioco, era un incendio che intuivo già sarebbe divampato presto se non fossi intervenuta.
Non potevo lasciare che si scottasse.
Dopo aver riflettuto sulla cosa per il resto della serata, ero giunta alla conclusione che era col diretto interessato che dovevo affrontare questa conversazione.
Sebbene andarlo a cercare dopo tutto quel tempo -sebbene muoverlo proprio io quel passo- era l'ultima cosa che avrei mai voluto fare, sentivo di non avere scelta.
Sarebbero stati solo cinque minuti.
Il tempo di chiarire una volta per tutte, e poi sarei tornata alla mia vita.
Solo un piccolo salto nel passato Avery.
Puoi farcela.
Puoi trovare il coraggio di addentrarti -e letteralmente- nella tana del Lupo.~🐺~🐺~🐺~
~🐺~🐺~🐺~Non era invecchiato affatto male Mason Davis.
Era come il vino lui.
Ero certa che dall'alto dei suoi trentotto anni, facesse ancora girare qualsiasi testa incrociasse il suo cammino.
Ne era in grado di sicuro se perfino il mio cuore batteva già impazzito, se il mio corpo stava ricordando le attenzioni che lui mi aveva dato in passato, e si stava chiedendo come sarebbe stato riceverle ora.
Be', si cominciava proprio bene, non c'era che dire.
Ma, accidenti.
Quell'uomo portava i capelli un po' più lunghi di come li ricordavo, e una barba che su di lui stava da Dio.
Il suo corpo era più possente di quand'era un ragazzo, ed era evidente che lo allenava ancora. Ma quegli occhi neri così simili ad un pozzo senza fondo, erano ancora la cosa che più mi catturava in lui.
Adesso come vent'anni fa, ti facevano venire voglia di scoprire tutto quello che quelle iridi nascondevano, perché promettevano storie interessanti e un passato complicato.
Ti chiedevi com'è che Mason Davis fosse diventato Mason Davis.
E l'averlo scoperto, ti lasciava l'amaro in bocca e tanta ammirazione.
Peccato che non potessi ricordarle proprio adesso queste cose.
Adesso che avevo una figlia da proteggere.
Mi basta varcare la porta del locale in cui so di trovarlo per incrociare i suoi occhi increduli.
Il bicchiere che stava pulendo con uno straccio gli cade sul bancone, e lui sembra non essere più in grado muovere un solo muscolo.
Lo immagino perché, per quanto voglia restare immune a quest'uomo, quelle sensazioni stanno già avvolgendo anche me.
Cerco di scrollarmele di dosso, e avanzo tra i tavolini fino ad avercelo di fronte.
E me ne frego di chi ci osserva e di chi ci ascolta, e me ne frego dei suoi occhi che prendono a luccicare come se in un cielo buio stessero cominciando a spuntare le stelle.
Approfitto del fatto che sia troppo scioccato per parlarmi, e trovo il coraggio di farlo io.
<<Perciò l'hai vista?>> ringhio, piazzando le mani sul bancone e sporgendomi verso di lui.
Col senno di poi, mi rendo conto di come la mia non sia stata una scelta intelligente.
Avvicinarmi così tanto a Mason se voglio restare immune al fascino di quest'uomo -e immune ai ricordi- non è mai una scelta intelligente.
<<Avery>> mormora.
Pronuncia il mio nome quasi di riflesso, e non lo capisco se lo fa perché si deve accertare che sia davvero io, o perché gli è mancato dirlo.
<<L'hai vista?>> ripeto impaziente.
Ho fretta di scappare via da questo posto, è questa la verità, e per svariati motivi tra l'altro.
Non posso rischiare che in città - e al mio compagno in particolare- arrivi voce che io sia qui.
E poi devo mettere fine a questo turbinio di sensazioni e di pensieri che mi stanno sopraffacendo.
E non è solo colpa mia se ho perso il controllo di me stessa più in fretta di quanto duri una fetta di pizza sul piatto di Jade, ma è anche colpa sua che continua a guardarmi come se fossi una sorta di apparizione mistica.
Un desiderio che ha espresso per anni.
La cosa più bella che abbia mai visto.
<<Mason?>> sbotto alla fine.
Grazie al cielo si riprende.
Mi scruta, capisce che non ho alcuna voglia di perdermi in convenevoli, e si decide a darmi una risposta.
<<Potresti essere più chiara?>> mi chiede facendo il vago.
Come se potessi piombare nel suo regno dopo tutti questi anni per una ragione che non riguardi ciò che ho di più caro al mondo.
<<Jade>> sibilo.
E sono certa che una sola parola in questo caso, dica molto di più di una spiegazione esaustiva.
<<Cosa sai?>>
<<Sono io che faccio le domande! Avevamo un accordo, avevamo un accordo e tu...>>
<<Avevamo un accordo?>> mi interrompe, perdendo quella calma che non sopportavo più. <<Sei tu che fai le domande? Me l'hai portata via Avery!>>
Mi domando come sia possibile vedere ancora tutto questo dolore nei suoi occhi dopo diciassette anni.
Ma comunque, non gli permetterò di farmi passare per la stronza di turno soltanto perché ho avuto il coraggio di fare ciò che andava fatto.
Come se il mio cuore ne fosse uscito meno distrutto del tuo dalla nostra storia poi.
<<No, sei tu che non sei voluto venire via con noi!>> gli ricordo.
E questa, è la verità che ha fatto più male di tutto.
Volevo trovare un modo per creare una famiglia con lui, volevo che cambiasse vita, volevo che mettesse me e Jade al primo posto.
Dov'era giusto che stessimo.
Ma Mason, questa vita e questo mondo e questa gente, non voleva proprio lasciarli.
Diceva che quegli uomini erano stati la sua prima vera famiglia, che non poteva voltargli le spalle.
E un po' lo capivo, davvero, ma era stato difficile accettare che io e Jade non fossimo più importanti di tutto, che esistesse qualcosa a questo mondo che potesse preferire alla donna che diceva di amare.
Qualcosa per cui era pronto anche a rinunciare alla donna che diceva di amare.
<<Io.Non.Potevo.Venire.Via. Non significa che volessi lasciarvi, o che non volessi rivedere più la mia bambina>>
"La mia bambina".
La sua bambina.
Quelle parole che gli sono appena uscite di bocca, mi emozionano e mi danno fastidio allo stesso modo.
Comunque, stiamo perdendo il punto centrale del discorso.
E anche fin troppo tempo, a mio parere.
<<Jade. L'hai vista o no? Ci hai parlato?>>
<<Si. Una sola volta>> ammette. <<Mi somiglia>> aggiunge poi, una nota orgogliosa nella voce.
Una nota che alle mie orecchie, stona.
<<Non poi così tanto>> replico per dispetto.
Perché lui ha ritrovato quella maledetta calma che io non sono riuscita a mantenere neppure per un secondo, e sebbene non abbia senso la cosa mi fa incazzare solo di più.
<<Bugiarda. Tu hai avuto qualcosa che ti ricordasse di me in tutti questi anni, mentre io sono rimasto senza niente>> continua, ora amareggiato.
Questa uscita mi sorprende.
<<E questo cosa c'entra?>>
<<C'entra>> insiste, piantando i suoi occhi nei miei e guardandomi con tanta di quell'intensità da farmi rivoltare qualcosa nello stomaco.
Tutto questo... tutto questo sa di pericolo.
Sa di minaccia per il mio equilibrio mentale.
<<Sono venuta a dirti di stare alla larga da Jade. Ci sei riuscito per così tanto tempo, che ti verrà naturale. E tieni al guinzaglio anche il tuo Evan. Ora me ne vado>>
<<Ora te ne vai? Non voglio stare alla larga da Jade, la voglio conoscere. Ed Evan non ha colpe e se vuole vedere sua sorella non glielo impedirò. E davvero dopo diciassette anni ti presenti qui così, mi sputi contro una manciata di parole, e sparisci di nuovo?>> mi attacca.
<<Non ho niente da spartire con te>>
Gli volto le spalle, faccio per andare via, ma giunta davanti alla porta Mason mi afferra un braccio, mi spinge contro il muro, e mi si schiaccia addosso.
Mason Davis mi sta toccando, e io vado in combustione.
<<Perché ti sei vestita in questo modo? Perché ti sei messa in tiro, perché ti sei messa quei tacchi e quei jeans aderenti e quel rossetto rosso? Lo so che non vai in giro così di solito. Che questo look appariscente non ti appartiene. E invece per venire da me, hai tirato fuori tutte quelle cose che sapevi mi facevano impazzire un tempo. Non ci credo che vuoi già andare via. Resta un po' con me Avery>>
Quelle parole che mi sussurra all'orecchio, hanno l'effetto di calmarmi e agitarmi al contempo.
Sanno di disperazione.
E ha ragione.
Mi sono messa in tiro per lui.
Perché volevo che vedesse cosa si è perso.
Perché volevo che mi desiderasse ancora, perché volevo che mi guardasse così.
Nei miei sogni, Mason non mi aveva mai abbandonata.
Era assurdo come alcune notti, stretta tra le braccia di un altro uomo, mi ritrovassi a sognarlo.
A sognare lui e ricordi del nostro passato e incontri che non ci sarebbero mai stati e altre cose che mi facevano arrossire solo a pensarci.
La mia forza di volontà adesso, vacillava inevitabilmente davanti alla realizzazione di una parte di quei sogni.
Spesso mi svegliavo col cuore stretto in una morsa perché credevo che non lo avrei rivisto davvero più, e invece, sorpresa, era qui.
Certo, mi ripetevo che volevo andare via per paura di cosa avrei preso a desiderare, ma non volevo andare via sul serio.
Quelle braccia che mi bloccavano e sfioravano il mio corpo, erano ancora la gabbia più bella -l'unica gabbia- in cui avrei accettato di restare intrappolata.
E quel pensiero, la verità di quel pensiero, voleva già dire che la mia vita stava per perdere la tranquillità e l'equilibrio che avevo faticosamente conquistato negli ultimi anni.
Avevo rovinato tutto con le mie stesse mani.
E perché succedesse, era bastato solo sfiorare le sue.
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Finché Respiro (Until I Breathe #1)
ChickLit#1 La Storia Di Jade e Jude "Se fossi una favola, saresti Alice nel Paese delle Meraviglie. Hai la follia del Cappellaio Matto e il sorriso dello Stregatto." * * * Era iniziato tutto come un gioco fra Jade e Jude. L...