Cinquantacinque ~ Per Tutte Le Volte Che L'Ho Amata In Silenzio

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Mason

Temevo di crollare una volta per tutte.
Quel pomeriggio, dopo essere stato a trovare Evan e averlo visto in condizioni peggiori del solito, arrivo a casa e non ho la forza di fare altro che lasciarmi cadere sul letto.
Gli stava accadendo quello che era già accaduto a me, la stessa identica cosa: quel posto stava risucchiando via la sua bellissima luce, e la sua forza, e la sua speranza.
Il mio Evan.
Non c'era più.
Nelle ultime settimane, lo avevo visto spegnersi pian piano, e oggi del mio ragazzo buono e vitale non ne avevo trovato più neppure un briciolo.
Non gli restava neanche la forza di fingersi forte per me: rispondeva a malapena alle mie domande, non mi rivolgeva altro che risposte a monosillabi, e non mi guardava in faccia. Si lasciava stringere ma era freddo. Mi mandava via prima del tempo.
Si era arreso.
E io, ogni volta gli giuravo che stavo lottando per lui -in qualche modo assurdo lo stavo davvero facendo- ma temevo che non mi credesse più.
Perché la realtà dei fatti era che non cambiava mai niente, e anche se era passato poco tempo, sapevo che quel poco tempo per mio figlio era già troppo.
Certo che era troppo.
Nello stato d'animo in cui mi trovo, quando bussano alla porta e vado ad aprire e mi trovo davanti Avery, davvero non ho la forza di fare altro che restarmene lì a fissarla, impalato come un idiota e combattuto.
Dovrei mandarla via.
Non è cambiato niente.
Hanno bruciato le nostre moto.
È ancora in pericolo.
Ma io ho bisogno, ho bisogno, ho bisogno di respirare un'aria che non sia tossica almeno per cinque minuti.
<<Mi fai entrare?>> esordisce lei, dondolandosi sulle punte e mordendosi una guancia.
Mi faccio di lato, e lascio che mi superi.
<<Cos'è quella faccia? Sembra che tu abbia visto un fantasma>>
Capisco che il suo commento è dovuto all'impressione che devo averle dato: sospetta che la non voglia qui, ha paura che la sua visita non mi faccia piacere.
<<Sono appena stato da Evan>> sussurro allora.
E lei capisce, si fa comprensiva, e viene a stringermi.
Si Avery, aiutami a stare in piedi, per favore, per favore, per favore.
<<Come sta?>>
<<Non è più il mio Evan. Quel ragazzo non è più mio figlio, Avery. Non so nemmeno se tornerà mai indietro, se quel posto se lo sta divorando per sempre...>>
Lascio la frase in sospeso, e non ho il coraggio di andare avanti quando percepisco l'ormai familiare nodo che mi stringe la gola.
Lei non dice nulla perché sa che non ci sono parole, e si limita a stringermi e a consolarmi così, con le sue mani che mi scorrono sulla schiena e il suo corpo che mi accoglie strappandomi via dal buio in cui ero finito.
Quando faccio per allontanarmi, vedo sincera preoccupazione nei suoi occhi per me.
Ma tu non mi odiavi amore mio?
Forse Thomas ha ragione. Forse niente ammazza quello che abbiamo. Forse siamo più forti di tutto.
Eppure, continuo a chiedermi forti fino a quando.
<<Come mai sei passata?>>
<<Io...>> si schiarisce la voce, e si tortura le mani. <<Volevo vedere come stava guarendo la tua ferita>>
Questa è una scusa bella e buona, e lo sappiamo entrambi.
Ma oggi ringrazio Dio per quella ferita, e per aver fatto piombare Avery qui, e in questo esatto momento.
<<Sei troppo buona con me>>
Davvero non me la merito.
Quando mai l'ho meritata una donna così?
E intanto, questi pensieri non mi hanno mai impedito di desiderarla né di cercare di prendermela lo stesso.
<<Se non ci penso io a te, chi altro lo farà?>> replica con un sorriso.
La sua è soltanto una sorta di battuta, non ha proprio idea di quanto invece abbia ragione.
Perché ogni tanto lo fa Thomas, ogni tanto lo faceva Evan. Di solito faccio da solo.
Ma oggi, oggi avevo davvero bisogno che quel ruolo lo assumesse lei.
E, nonostante tutto, mi sento un bastardo fortunato per avere a disposizione una simile infermiera dalle mani calde e gentili sempre pronte ad amarmi, una ragazza dagli incredibili occhi verdi e semplicemente bellissima.
Quanti possono dire di avere accanto un angelo del genere disposto a curare le loro ferite?
<<Credo che il taglio stia guarendo bene>> le dico mentre mi siedo sul divano.
<<Posso vedere?>>
Se puoi togliermi i vestiti e mettermi le mani addosso?
Cazzo, si.
Senza dire niente, mi sfilo la maglietta e mi stendo di schiena sui cuscini.
Le sue iridi percorrono il mio corpo per un attimo, e poi Avery si inginocchia accanto a me e piano solleva la garza che nasconde la ferita.
<<Sembra apposto. Ti resterà un'altra cicatrice però>>
<<Non mi importa>>
<<Neanche a me>> ribatte di getto, senza pensarci.
E poi, arrossisce.
E il modo in cui lo dice, più di tutto, -più delle parole e della rapidità con cui le pronuncia- mi fa bene. Perché nel suo tono c'è possesso. Perché è come se stesse suggerendo che questo corpo sia anche suo. O forse, più suo che mio.
È così, certo che è così.
È tutto per te, è nato per proteggerti e amarti, anche se adesso non lo sto facendo.
E io che cosa me ne faccio se non ci sei tu che lo nutri?
<<Lo so>> soffio fuori quando il silenzio diventa troppo intenso. Carico.
Allora Avery si alza, e va a cercare in bagno l'occorrente che mi ha costretto a prendere per ripulire la ferita.
Torna, e se ne occupa con una leggerezza e un amore che mi stordiscono più di un bicchiere di scotch.
Quando finisce, mi metto seduto mentre lei resta accucciata per terra.
<<Ho mentito. Non ero qui per la ferita. Lo sapevo che stava bene>> sputa fuori all'improvviso.
<<E allora per cosa?>> la incalzo, sollevando con una mano il suo viso rivolto verso il pavimento. La costringo a incontrare i miei occhi.
Dopo oltre vent'anni, ti imbarazzi ancora come se fossimo al primo appuntamento.
<<Avery... so ancora metterti in difficoltà dopo tutto questo tempo?>>
Forse non dovrei, ma un po' mi sento compiaciuto.
<<Ti da fastidio?>> scatta.
<<No. Mi da tutt'altro. Allora?>>
<<Sono venuta perché non riesco a smettere di pensare a quel bacio. Sono venuta perché mi manca da morire, quel bacio>>
Anche a me.
Anche a me, tesoro.
Riavere anche se solo per un po' la tua bocca, è stato un sogno che si è finalmente avverato per me.
<<Cosa mi stai dicendo? Che sei venuta per avere un bacio?>>
<<Magari sì>> esala, con una semplicità da bambina.
E sei ancora la cosa più bella che abbia mai visto.
<<E dopo, Avery?>>
<<Dimmelo tu>>
<<Dopo non cambierebbe niente>> chiarisco a malincuore.
E accompagno quell'amara verità con una carezza.
<<Non vuoi stare con me come se fossimo una coppia normale per non mettermi in pericolo, l'ho capito. Ma non puoi neanche stare con me in un altro modo?>>
<<E che modo?>>
<<Potremmo vederci ogni tanto. Sapere che se abbiamo bisogno di qualcosa, ci siamo l'uno per l'altra>> mi tenta.
<<Io ci sono sempre e comunque per te>>
<<Perché non capisci! Ho bisogno di più di un amore spirituale! Mi sento sola Mason!>> esplode, e adesso nella sua voce c'è una nota talmente triste, che al mio cuore compare subito una nuova crepa.
<<Lo so che ho Jade, ma per gran parte della mia vita sono esistita soltanto per lei, e io ho dei bisogni anche come donna oltre che come madre>> prosegue. <<E poi adesso lei è grande, certe giornate mi parla a malapena, e a me cosa resta? Io voglio l'amore, io voglio un uomo! E ho bisogno di sentirlo sulla pelle, sulla bocca... non solo con le parole>>
<<Lo sai che non vedo l'ora di darti tutto questo, lo sai che lo farei se fossi.. un'altra persona. Se avessi un'altra vita, una diversa. Una... normale>>
Quanto odiavo usare quel termine.
Mi pesava dire quello che mi ero lasciato uscire di bocca, era come ammettere che quello che ero, ancora una volta mi rovinava l'esistenza.
<<Le tue giustificazioni non cambiano la mia condizione e i miei bisogni. Non cambiano il fatto che quando torno da lavoro, la sera e la notte mi sento tanto sola da stare male. Non cambia il fatto che voglio baciare e toccare un uomo. E sarò anche egoista, e sembrerò una bambina che sbatte i piedi per terra in confronto a ciò che stai passando tu, ma è quello che sento>>
<<Non ti direi mai che sei un'egoista. Non lo sei. E non puoi controllare ciò di cui hai bisogno, e ti assicuro che chiedi cose semplici e necessarie al contempo. Io lo so, ok? E so che le meriti tantissimo>> la rassicuro, maledicendo il pessimo tempismo che l'universo in cui ho vissuto per anni ha avuto, nel decidere il momento in cui far andare tutto a rotoli.
<<E allora? Mason... Non dirmi che devo cercarle da un altro uomo. Non farmele cercare da un altro uomo>>
Avrei dovuto dire che sì, invece doveva.
Avrei dovuto essere altruista e lasciarla andare, permetterle di farsi una vita vera, una vita sana.
Non avrei dovuto incatenarla alle mie giornate incasinate.
Ma i suoi occhi, mi pregavano di non essere altruista.
La mia stessa anima mi pregava di non esserlo.
Perché sapeva che stavolta, altrimenti non sarebbe sopravvissuta davvero.
Mi sporgo verso di lei, e le passo un dito sulle labbra.
E a un tratto, con quel gesto, torno il Mason diciottenne che vuole conquistare questa bellissima ragazza a tutti i costi.
La voglio conquistare anche se è già mia.
Voglio fare l'uomo, e non questo ammasso di paranoie e problemi. Voglio darle i brividi sulla pelle, non solo soddisfare i suoi bisogni ma regalarle molto di più.
Anche se fosse solo per una sera.
Le mie carezze sulle sue labbra, la mettono già sotto incantesimo.
<<Ma tu non lo vuoi un altro uomo vero?>> sussurro, la voce che assume tutt'altro tono ora.
Quello di un predatore.
Quello di un uomo che sta per fare cose inimmaginabili alla sua donna.
<<Credo di no>> dice pianissimo.
Non penso si stia rendendo conto molto bene di cosa gli esce di bocca, ma io ho voglia di giocare, per cui fingo che la sua risposta non mi piaccia.
E non mi piace davvero in fondo.
Porto via le dita dalle sue labbra, e le afferro i capelli in modo poco gentile.
<<Credi? Non mi piace la tua risposta amore mio>>
E ora non so se trema più per questa nuova versione di me, o per quelle meravigliose ultime due parole.
Da ragazzi, a volte prendevo il comando più del normale, e sapevo quanto le piacesse.
Adesso, da uomo, doveva fare tutt'altro effetto. Migliore, mi auguravo.
<<Riprova>> insisto, passando a sfiorarle la clavicola.
E poi la lascio senza le mie mani addosso, incrocio le dita, e aspetto che risponda.
La mia assenza sulla sua pelle, le fa riprendere un po' il controllo.
E allora socchiude gli occhi, e mi guarda.
<<Se dopo tutto questo non vai fino in fondo, giuro che stasera ti faccio molto male Mason Davis>>
Le sorrido, e poi mi lascio andare contro lo schienale del divano.
Allargo le braccia, e col tono più caldo che ho la invito a farsi avanti.
<<Puoi fare quello che vuoi Avery. Sono tuo. Non ti allontanerò, non ti fermerò... usami, toccami, baciami. Quello che vuoi, te lo giuro>>
Oh, la mia promessa le dà alla testa. Vedermi così le dà alla testa.
E la assapora quella promessa, e se la gusta appieno la visione di me arreso a lei.
<<Quindi io posso fare ciò che voglio, e tu te ne starai fermo lì? Se volevo un giocattolo con cui giocare, avrei preso un giocattolo>>
Però. Sapeva giocare anche lei quindi.
Mi alzo dal divano, e vederla lì ai miei piedi mi fa uno strano effetto.
<<Tirati su>> le ordino.
Inarca un sopracciglio, e obbedisce.
E allora io la prendo in braccio, e la sbatto al muro.
Non sono per niente delicato e non lo immaginavo affatto così questo momento, però il bisogno tenuto a bada per anni stava uscendo impetuoso e incontrollabile, e non c'era spazio per la delicatezza.
Il verso che le sfugge dalla gola, mi fa capire che le va più che bene così.
E allora la premo alla parete, e prendo d'assalto le sue labbra.
Oh.
Dio.
È questa la pace.
È questa l'estasi.
È questa la felicità.
Ed è questa la versione di Mason che preferisco.
Quella che libera la parte animale -il Lupo- fra le sue braccia.
Non capisco più nulla, divento fatto di istinti animali e vitali: i più puri e i più antichi.
Quelli immortali.
Quelli che cadesse il mondo, si stravolgesse la vita, resterebbero sempre.
Il bisogno di fondere due corpi.
Le esploro la bocca, e intanto le mie mani sono sulle sue gambe sotto alla gonna.
E Dio sa quanto sia grato per il suo outfit di oggi.
Quando anche il bacio non è più abbastanza, la lascio e faccio un passo indietro.
<<Via la camicia, via la gonna, via tutto>> le ordino, mentre io faccio lo stesso e inizio a sfilare i vestiti.
Quando rimango in boxer, noto che lei è rimasta immobile a guardarmi e a cercare fiato.
<<Tu>> bisbiglia solo.
<<Con piacere>>
Stavolta mi prendo tempo nello spogliarla, sono lento apposta per farla impazzire.
La faccio impazzire perché così sarà più bello darle pace.
Come lei la sta dando a me.
Quando le tolgo tutto, resto lì a osservarla.
Perché voglio vedere come in vent'anni è cambiata ogni curva del suo corpo.
È ancora così perfetta.
<<Ti sei scordato come si fa?>> mi stuzzica.
Il mio sorriso dice tutto.
La riprendo in braccio, e la porto sul mio letto.
E per tutte le volte che l'ho amata in silenzio, stavolta la amo facendo un casino di rumore.
Per tutte le volte che mi sono morso la lingua per non dire cosa avevo per la testa, le sussurro un ti amo.
E per tutte le volte che non ci sono stato negli ultimi anni, lei urla il mio nome.

E per tutte le volte che non ci sono stato negli ultimi anni, lei urla il mio nome

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Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora