Ventisei ~ Sono Io La Cosa Giusta Per Te

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Mason

In vent'anni che la conoscevo, Avery Sloan mi aveva trasformato in molte cose.
In uno stupido ragazzino innamorato -di quelli che fino a cinque minuti prima di conoscerla prendevo in giro.
In un uomo dipendente. Da lei.
In un padre.
In un ragazzo disperato.
E adesso, persino in un maledetto stalker.
Ero sceso in città per cercare dei pezzi di ricambio per la mia moto quando l'avevo intravista dall'altra parte della strada camminare da sola verso una meta a me sconosciuta.
Gli occhiali da sole e i vestiti sportivi non erano serviti a mascherare la sua aura.
Né a smorzare la sua bellezza.
Perché Avery, accidenti a lei, qualsiasi cosa indossasse e qualsiasi cosa facesse, restava sempre maledettamente bella bella bella.
La ragazzina meravigliosa che avevo conosciuto nel fiore dei suoi quattordici anni, si era solo trasformata in una donna dai lineamenti ancora più marcati e maturi: davvero non avrebbe mai potuto essere più perfetta di così.
E l'avevo sempre pensato che fosse troppo per me -dove ero nato e la vita che avevo scelto di condurre in seguito mi avevano indotto a rassegnarmi a quella verità- ma non avevo mai fatto l'eroe cercando di mandarla via né avevo finto di volere di meglio per lei.
Io cercavo già di fare tutto il possibile per farla sorridere, e i miei sforzi fino ad un certo punto, le erano bastati.
Poi mi aveva chiesto proprio l'unica cosa al mondo che non potevo darle.
Mi aveva chiesto di rinnegare le persone che mi avevano salvato, le persone che mi avevano dato una famiglia e una casa.
Ma io non potevo rinnegare proprio un bel niente perché non ero quel tipo di uomo.
Non sputavo nel piatto dove avevo mangiato.
Ad ogni modo, dal momento in cui l'avevo rincontrata circa un mesetto fa, non mi davo pace.
Non mi sapevo rassegnare all'idea di lasciarla andare di nuovo, lasciarla nelle mani di un altro uomo.
Mancava davvero poco perché me la portassero via definitivamente, e io avevo deciso che in quel poco avrei lottato con le unghie e con i denti.
Dovevo essere presente quando e come potevo.
E ora che la vedevo tutta sola, volevo sfruttare l'occasione e avvicinarmi.
Certo, non mi sarei mai aspettato di vederla entrare in un Atelier di abiti da sposa.
O il destino era un gran bastardo, o l'universo si prendeva gioco di me.
Non mi sarei lasciato ostacolare da nessuno dei due comunque.
E magari, vedermi dentro ad un negozio di abiti da sposa avrebbe fatto cambiare ottica ad Avery, chissà. Qualche pensiero e qualche fantasia che ero certo si fosse sforzata di sopprimere negli anni, sarebbero dovute riemergere in superficie per forza adesso.
Funzionava così la mente umana, la maggior parte delle volte era proprio una stronza, ma per oggi questa realtà sarebbe potuta andare a mio favore.
Posteggio la moto nelle strisce apposite in una stradina laterale, mi sfilo l'anello di famiglia dal dito e lo nascondo in tasca, ed entro cauto nell'Atelier.
Una ragazza che avrà a malapena venticinque anni mi viene subito incontro con fare circospetto.
<<Salve, sa dirmi dov'è Avery Sloan? Sono suo fratello, stavo posteggiando l'auto. È un casino trovare un posto a quest'ora eh?>> cerco di conversare.
Aggiungo un sorriso che alle donne fa sempre il suo effetto, e lei non dubita neppure per un istante che stia mentendo, mi indica una saletta sulla destra e mi dice di chiamarla pure se dovessi aver bisogno.
Mi addentro nel salotto di lusso, osservo il divano di pelle e lo specchio gigante che ricopre l'intera parete, e solo alla fine i miei occhi si spostano sul camerino ad angolo da dove provengono dei rumori e dove immagino ci sia Avery che si sta cambiando.
Non immaginarla nuda, non ricordare com'era, non desiderarla in quel modo.
Mio Dio, quando uscirà da lì potrebbe abbagliarmi o uccidermi.
Mi blocco sulla soglia, indeciso per un attimo se restare o meno.
Se stessi esagerando?
E poi, davvero non so quanto mi farà bene vederla con un vestito da sposa che finora ci sono buone probabilità indosserà per un altro.
Sto per prendermi una coltellata dritta nella pancia e ne sono perfettamente consapevole, eppure ancora non mi muovo.
Poi Avery scosta la tendina, esce fuori con un abito degno di una regina, e si piazza davanti allo specchio portando le mani alla cerniera posteriore che non riesce a raggiungere e quindi, a chiudere.
Intanto alza gli occhi verso il suo riflesso, ma è il mio quello che nota per primo.
Sobbalza, spalanca la bocca e si porta una mano al petto, ma resta in silenzio.
Non urla, non chiama la sicurezza, non mi manda via. Non mi manda via.
E allora io avanzo senza avere né fiato né parole, ma solo occhi pieni della sua bellezza.
Mi accosto a lei, e nello stesso silenzio le mie mani scorrono sulla sua schiena per alzarle la minuscola cerniera.
Mi lascia fare, i suoi occhi si fanno lucidi, e per un attimo io sento la nostra connessione, sento che stiamo pensando la stessa cosa, sento che stiamo ricordando quel pomeriggio di un mucchio di anni fa, quel pomeriggio in cui le avevo promesso che le avrei dato un matrimonio, un anello al dito e un abito bianco un giorno.
E ora lei era qui, il vestito anche, io anche...
Ma non come avrei voluto. Non da protagonista.
Solo da spettatore, uno spettatore che assisteva ad uno show che non gli piaceva affatto, per niente, neanche un po'.
Questo spettatore però, ancora non si rassegnava a lasciare la sua vita nelle mani del destino.
Approfitto di questa bolla di ricordi e nostalgia che abbiamo creato, e non riuscendo a staccare le mani da lei, prendo a muoverle pianissimo e leggerissime verso le spalle nude.
La sua pelle si increspa all'istante di brividi, e sotto i vestiti, anche la mia.
Quanto siamo messi male, quanto stiamo morendo di fame, se solo questo semplice gesto ha l'effetto di un terremoto?
<<Mason, basta>> sussurra a un tratto.
E io smetto.
Smetto ma non perdo quel sorriso incantato che nonostante tutto mi si è dipinto in viso nel vederla. Smetto con le mani, ma continuo con le parole.
<<Sei bellissima. Sei abbagliante Avery. Potresti essere più bella di così soltanto se quel vestito lo indossassi per me>>
<<E perché mai?>> chiede scettica.
<<Perché so che allora ci sarebbero abbinati un sorriso e una luce negli occhi che nessun abito e nessun trucco e nessuna acconciatura potrebbero eguagliare. Io me li ricordo ancora tesoro>>
L'atmosfera cambia in un batter d'occhio, e lo immaginavo già che le mie frasi così forti avrebbero sortito un simile effetto, e lo avevo capito da un pezzo che quando ci andavo giù pesante e colpivo nel segno, lei invece di godersele le mie confessioni si trasformava in una statua di ghiaccio.
O almeno, provava a farmi credere che andasse così.
<<Ma che ci fai qui? Come sei entrato? Mi segui pure adesso?>>
<<Ti ho seguita, sì. Vuoi chiamare la sicurezza? Lo capirei>>
Scuote la testa e mi guarda come se stessi dicendo una cazzata.
Poi torna a guardarsi allo specchio, passa le mani sulla stoffa immacolata e abbozza un sorriso. Un sorriso amaro.
<<Ti piace? Che dici, è quello giusto?>> rilancia sardonica.
Oh, io lo so cosa stai facendo. Vuoi colpire tu ora.
<<Di cosa stiamo parlando esattamente?>>
Mi fulmina con gli occhi e io proseguo il mio discorso.
<<Sono io l'unica cosa giusta per te>> ribatto serio.
Il suo proiettile mi rimbalza addosso e colpisce di nuovo lei.
<<Vattene. Esci>> si altera. <<Anzi, abbassami questa dannata cerniera e poi esci>>
Ovviamente, la accontento. Rimetto le mani su di lei, faccio scorrere lentamente la zip, e tocco di proposito la sua schiena mentre il tessuto la scopre.
<<Avevamo immaginato anche questo momento vero? Dopo le promesse, dopo la festa, in camera da letto>> le sussurro all'orecchio prima di uscire davvero.

Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora