Settantuno ~ Costruire Un Altro Uomo Da Zero

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Evan

La felicità, è un concetto che non ho mai compreso appieno.
La felicità, è una sensazione che mi è estranea.
Credevo di aver fatto la sua conoscenza in passato, ma oggi sono convinto di averla confusa con un altro sentimento, forse qualcosa come la gioia o la gratitudine.
Oppure, ho semplicemente dimenticato di esserlo stato, felice.
Ho dimenticato un sacco di cose da quando sono uscito di prigione, del resto. Le ho dimenticate nell'attimo esatto in cui ci sono entrato.
Non so più come si fa a dormire per otto ore di seguito la notte.
Non so più fidarmi di nessuno.
Non so più guardarmi intorno e sentirmi fortunato.
Non so più essere grato.
Non so più farmi bastare questa vita.
Non so più guardare la vita fuori da questo branco senza provare un' invidia cieca.
Non so più guardare Carol negli occhi e sentirmi emozionato, eccitato, desiderato.
Non so più ritrovare il ragazzo che sono stato per sedici anni.
Non so più chi sono.
E ho paura.
E non c'è niente in questo mondo che sappia risollevarmi il morale, che sappia farmi uscire anche solo per un attimo da questo vortice oscuro in cui sono finito, che mi faccia sentire meno solo.
Non ci riescono né gli abbracci di Jade, né i baci di Carol, né le attenzioni di Avery, né le domande preoccupate di papà.
Perché loro amano la versione precedente di me, quella che mi sforzo con tutto me stesso di mantenere ancora.
Ma la verità è che quell'Evan, non esiste più. E il ragazzo che sono diventato oggi, non lo conosce nessuno.
E so per certo che, se provassi a farlo conoscere a qualcuno, non riscuoterebbe molto successo.

Oggi sono circondato dalla felicità.
Due settimane fa, papà ha deciso di sposare Avery nella radura accanto a casa nostra.
Le ha fatto una sorpresa, e penso che sia stato il giorno più bello della sua vita.
E stasera, stanno festeggiando nel locale più lussuoso che hanno trovato in città.
Hanno invitato un sacco di gente, e per una volta i Lupi si mescolano agli altri uomini senza che nessuno punti il dito verso qualcun altro.
Tutti non fanno altro che ridere, e mangiare, e ballare, e divertirsi.
E poi ci sono io.
Che più li guardo e cerco di farmi contagiare, e più sto male.
Be', forse però non sono l'unico, mi correggo, non appena una bambina bionda si allontana dalla sala, viene verso il piccolo giardino che la costeggia, ed entra nel mio raggio visivo.
Mi guarda per un attimo di sottecchi, e poi si siede sull'altra estremità della panchina su cui ci sono io.
E in quell'attimo, io riconosco quello che sto provando nei suoi occhi.
Solo che, vederlo in quelli di una bambina, fa paura.
So che è la sorella di Jude, so a grandi linee quello che le è successo.
So che se non fosse stato per lei, probabilmente sarei ancora dietro le sbarre di quella dannata prigione.
Mi fa uno strano effetto incontrare in questo modo la mia salvatrice.
La mia salvatrice. Già.
È così che l'ho chiamata nella mia testa per tutto questo tempo.
Mi fa uno strano effetto pensare che in qualche modo, la mia vita è stata nelle mani di un esserino tanto piccolo.
E mi dispiace moltissimo che sia stata segnata in quella maniera tanto brutale alla sua età.
Eppure, io per un solo momento mi sento meno solo.
Perché non sono l'unico che guarda tanta felicità come se non le appartenesse.
In quell'istante, mi accorgo di non sopportare di vederla così sperduta, seduta lontano da tutti a torturarsi le mani e il vestito.
Vorrei dirle qualsiasi cosa perché, assurdamente, mi sento quasi in debito.
Ma mi trattengo, perché ho paura di spaventarla. Mi trattengo perché l'espressione del suo viso la fa sembrare tanto fragile al punto che, qualsiasi mossa da parte mia o di chiunque altro, potrebbe farla scoppiare a piangere o lasciare un altro segno su di lei.
Sembra tanto l'ultima foglia autunnale ingiallita rimasta sull'albero. Un colpo di vento, e volerebbe via.
Alla fine, Carol torna dal bagno in cui si era rifugiata per sistemarsi il trucco, viene a sedersi sulle mie ginocchia, e spazza via quei pensieri.
Deve avere una gran pazienza con me negli ultimi tempi, perché nonostante sia stato ai suoi baci e questo in qualche modo abbia creato una sorta di relazione fra noi, mi rendo anche conto di essere stato freddo per la maggior parte delle volte.
E non lo faccio apposta ovviamente. Perché Carol mi piace.
So che mi piace. Ma non lo sento.
Lei però non me lo fa pesare, ed è come se cercasse di compensare quella freddezza con le sue carezze, con i suoi gesti dolci.
Non sapevo che Carol fosse un tipo dolce finché non ha cominciato ad esserlo con me.
Adesso per esempio, mi sta strofinando il naso sulla guancia, e io so che è una bella sensazione.
Ma non la sento.
Ed è un'altra cosa che fa maledettamente paura.
E mi chiedo quando tornerò a riappropiarmi delle mie sensazioni, quando tornerò a sentire -di qualunque cosa si tratti.
Mi chiedo se potrò recuperare il rapporto con questa donna.
Mi chiedo se saprò ritrovarmi.
O, nel caso quella versione di me sia perduta per sempre, se saprò costruire un altro uomo da zero.

O, nel caso quella versione di me sia perduta per sempre, se saprò costruire un altro uomo da zero

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Spero che questo piccolo viaggio nella testa di Evan vi abbia fatto piacere. Che ne pensate di lui? Mi è sembrato che molte di voi si fossero affezionate anche al suo personaggio. 😊

A Lunedì con l'Epilogo 😭❤

Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora