Sette ~ L'Uomo Che Mi Ha Messa Al Mondo

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Jade

Quasi quasi non riuscivo a crederci neanche io.
Eppure sembrava proprio che lo stessi facendo davvero.
Non ne ero per niente convinta però.
Per niente.
Affatto.
Zero.
Tutta questa storia era diventata il mio chiodo fisso, e nelle ultime settimane mi stava tormentando perfino più di Jude e il mio aver voltato le spalle a qualsiasi cosa mi stesse chiedendo di fare quella sera, e perfino più della scuola che in questo periodo mi stava facendo impazzire.
Erano settimane che Evan non mi dava tregua con il suo implorarmi di incontrare papà.
E non faceva che sottolineare di come non fosse Mason a insistere, non faceva che ripetermi che si trattava solo di un regalo che lui voleva fare a entrambi.
A nostro padre, perché aveva intuito quanto ci tenesse a conoscermi e quanto avesse bisogno di instaurare un rapporto anche con l'altra sua figlia.
E a me, perché sosteneva che Mason Davis fosse un padre fantastico, che fosse molto simile alla sottoscritta, e che per questo non avremmo potuto che imparare ad amarci fin da subito.
Scherzando -o forse in parte non poi così tanto- diceva che quel gesto di estremo altruismo, gli si sarebbe pure ritorto contro, perché per sedici anni era stato lui il figlio prediletto, mentre ora era certo che gli avrei soffiato subito quel posto.
"Voi donne siete sempre le cocche di papà, ma ti cederò volentieri quel posto se questo servirà a riunire la mia famiglia", aveva teatralmente sospirato quel giorno.
Quel ragazzo voleva proprio un bene dell'anima a suo padre, lo vedevo dal luccichio che gli riempiva gli occhi quando parlava di lui.
E se Evan lo amava così, allora in quell'uomo non poteva esserci nulla di malvagio, ne ero certa.
Ammettevo che i suoi racconti sulle loro vite mi incuriosivano molto, ammettevo di voler toccare quel mondo con mano, ma fino a quel momento la paura aveva avuto la meglio ogni giorno.
Io che avevo sempre creduto di temere ben poche cose, adesso all'idea di vedere mio padre me la facevo sotto.
E poi, Dio, se lo avesse scoperto mamma sarebbe morta di delusione.
Ad ogni modo, era tardi ormai per i ripensamenti.
Avevo preso una decisione.
E quel pomeriggio, quando dopo un anno mi lascio finalmente trascinare nel regno di Evan, mi sento come intorpidita e un po' fuori di me.
Non mi rendo davvero conto di cosa sto facendo finché non mi ritrovo sulla moto di mio fratello a osservare un paesaggio che pian piano cambia radicalmente.
Si trasforma, perde colore, si infittisce, si deteriora.
Mi lascio alle spalle le tonalità vivaci dei negozi e delle abitazioni di Charleston, il chiacchiericcio della gente che si ferma a parlare per strada, le risate dei bambini che giocano davanti casa.
E mi addentro in quella che mi ricorda un po' la foresta in cui si sono perduti Hansel e Gretel.
Dove le hai lasciata le briciole di pane Jade?
Prima di lasciarci gli alberi alle spalle ed entrare nel complesso di edifici che inizio a intravedere, Evan ferma la moto e posa una mano sulla mia, ferma sulla sua pancia.
Avevo preso a tremare e non me ne ero neanche accorta.
A lui non era sfuggito però.
"Decidi tu se vuoi o meno", sembra dirmi il suo gesto.
Non avevo motivo di agitarmi così tanto ora, nostro padre era ad una riunione e ci sarebbe rimasto fino alle cinque, Evan mi aveva proposto di entrare in casa prima per familiarizzare col loro mondo.
Se poi proprio non me la sarei sentita di incontrarlo, me ne sarei andata via.
Lo sapevo che era quello che avrei fatto, lo sapevo che alle cinque meno cinque sarei scappata con l'ansia a bloccarmi il respiro e il cuore che avrebbe preso a battere irregolare.
E per una volta, per una persona che non era Jude.
Respira Jade. Ci stai provando.
Per stavolta va bene così, per stavolta può bastare questo.
Devi comunque essere fiera di te per dove sei arrivata oggi.

Il complesso in cui alla fine ci eravamo addentrati, mi ricordava vagamente un campo di roulotte.
Solo che era ricoperto più che altro da vecchi locali che se non fosse stato per le luci accese avrei pensato fossero disabitati, e da una ventina di moto parcheggiate a caso.
Evan mi aveva spiegato che oltre questi edifici si estendevano altri territori che apparteneva ai Lupi, ma io non avrei visto altro se non il luogo in cui vivevano loro, perché papà gli aveva raccomandato che se mai fosse riuscito a portarmi qui un giorno, non avrei dovuto attirare troppo l'attenzione.
Francamente, ero esattamente dello stesso parere.
Così ero finita per entrare sul retro di quello che doveva essere un vecchio bar -bar che a quanto pare tutt'oggi gestiva papà- e avevo scoperto che era proprio lì che vivevano.
Vedere con i miei occhi il posto che loro consideravano casa mi aveva stupita?
Si, senza alcun dubbio il loro era un concetto di casa diverso dal mio, ma con un 'occhiata più attenta, era chiaro che avessero comunque tutto lo stretto indispensabile: un angolo cucina, un bagno, una tv, due letti, un divano, un tavolo.
Quello che doveva essere stato un vecchio magazzino, era stato reso pulito e abitabile.
Mio fratello non mi aveva chiesto cosa pensassi del luogo in cui era nato, e io non avevo aperto bocca per dare un'opinione che neppure avevo.
Questo era tutto ciò che Evan aveva sempre conosciuto, e questo era anche lontano anni luce da tutto ciò che avevo sempre conosciuto io.
Ce lo avrei fatto crescere un figlio in un ambiente del genere?
Non ne ero sicura.
Adesso capivo mia madre?
Sicuramente molto più di quanto non la capissi fino a cinque minuti prima.
<<Vuoi mangiare qualcosa?>> mi riporta al presente Evan.
Mi siedo sul divano e scuoto la testa.
<<Ho lo stomaco chiuso come Fort Knox>>
<<Come scusa?>>
Agito una mano in aria per liquidare l'argomento, e prego mio fratello di cominciare a parlare di qualsiasi cosa possa distrarmi almeno un po'.
Comincia a raccontarmi delle sue avventure con una certa ragazza, ma purtroppo la mia testa continua a focalizzarsi su tutt'altro.
E intanto non posso fare a meno di guardare ogni due minuti l'orologio che ho al polso.
Evan non si accorge di nulla, perché l'essere riuscito a portarmi qui lo ha reso persino più emozionato di me.
Quando verso le cinque meno un quarto sento una moto avvicinarsi, mi irrigidisco e immagino di essere sbiancata a tal punto da far invidia ad un fantasma.
E il modo in cui anche Evan si paralizza, mi fa capire che la moto in questione appartiene proprio al padrone di casa.
È in anticipo.
Questi dovevano essere gli ultimi minuti che avevo a disposizione per decidere se andare via o restare.
E invece ora non avevo più alcuna scelta da fare perché lui era lì.
Quando la moto si spegne, quando sento una chiave girare nella serratura, mi volto terrorizzata verso Evan, e poi mi alzo di scatto diretta verso l'unica altra via d'uscita della stanza.
Apro l'altra porta anche se non so cosa mi troverò davanti, e una decina di occhi che si voltano a guardarmi mi suggeriscono di aver preso la decisione sbagliata.
Merda.
Stavo per infilarmi in un bar pieno di Lupi.
Le parola "sei in trappola" prendono a lampeggiarmi in testa come luci al neon.
Sto proprio per andare in panico quando una mano gigante e dalla presa forte -una mano che so per certo di non conoscere- mi afferra per il polso e mi tira indietro, richiudendo la porta.
Mi volto, e finisco per incontrare un paio di iridi fin troppo simili ad Evan.
Mi volto, e mi ritrovo faccia a faccia con mio padre.
<<Jade>> sussurra lui a quel punto, incredulo ed emozionato.
Be', fine della corsa immagino.

Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora