Mason
Non è il posto per lei. Questo non è il posto per lei.
Quel pensiero mi lampeggia chiaramente per la testa mentre mi addentro nel mio regno, e porto un pezzo di luce in un luogo all'apparenza tanto cupo.
Avery ci stona qui, ci stona adesso come vent'anni fa, ma questo non mi ha mai impedito di volercela lo stesso nel mio mondo, questo non mi ha mai impedito di portarcela comunque e poi di cercare di compensare le mancanze col mio amore.
Mi chiedo se possa bastare, mi vedo come una sorta di creatura della notte mentre lei è palesemente una creatura da luce del sole, e mi chiedo come alla fine due opposti del genere possano davvero convivere.
Sempre che possano.
Ed è strano che questi pensieri li faccia adesso eh?
Ma da ragazzi erano riflessioni troppo imponenti per le nostre giovani menti, e dopo non ci ho più pensato sul serio perché la sua presenza accanto a me non è mai stata reale quanto adesso.
Adesso che ha voltato le spalle al suo ex compagno e mi ha chiesto di portarla via.
Ad ogni modo, oggi non me ne voglio curare più di tanto, oggi non sono abbastanza coraggioso -o abbastanza masochista- per darmi una mazzata con le mie stesse mani.
Fermo l'auto sullo spiazzale semi-deserto, e osservo Avery guardarsi attorno.
<<Ti manca già casa tua?>> esordisco scherzando.
Sotto sotto però, sono serio.
E preoccupato. Che mi chieda di riportarla indietro, che possa già perderla senza ancora averla neppure avuta davvero.
<<No, Mason. Solo che, mettere piede qui è come catapultarmi nel passato>> sussurra malinconica.
Oh. So cosa intende.
Forse per lei che ha cambiato aria, è stato più facile dimenticare.
Ma io che in questa terra ci ho continuato a vivere, quei ricordi me li sono ritrovati sbattuti in faccia ogni giorno.
Il letto dove ci perdevamo ore e ore l'uno nell'altra tutte le notti che mentiva a casa e restava con me. Le strade in cui ci tenevamo per mano perché le prime volte che la portavo qui era sempre spaventata. Il tavolo del locale dove ci fermavamo a bere la cioccolata calda. Gli alberi dietro ai quali ci nascondevamo per baciarci. Il muro dove si è appoggiata per dirmi che era incinta. La porta che si è chiusa alle spalle quando mi ha lasciato.
Be', sotto certi punti di vista, è stata una tortura vivere in questo luogo negli ultimi anni.
<<Avery, devo parlare con Thomas e farmi vedere dagli altri. Ti accompagno in casa d'accordo? Dammi dieci minuti e torno da te>>
Annuisce titubante, e per un attimo mi sembra spaventata, mi sembra di nuovo quella ragazza di quattordici anni.
<<Ehi. Sei al sicuro, lo sai vero? Nessuno ti farà del male, hai duecento uomini disposti a proteggerti. La maggior parte dei Lupi ti conosce già, e sono solo contenti di riaverti qui>> provo a rassicurarla.
<<Come possono esserlo? Io sono quella che se ne è andata, sono quella che ti ha portato via una figlia>>
<<Hanno capito, sai? Guarda che non siamo un branco di teste di cazzo. Lo sapevano che non era il tuo mondo, che venivi da tutt'altro posto, che tu non avevi scelto i Lupi ma solo me. E ti ammiravano perché non rinunciavi a quello che eri ma nemmeno all'uomo che amavi. Il tuo aver fatto ciò che hai fatto per il bene di Jade, un po' ti giustifica>>
Ed era strano che le pronunciassi proprio io quelle parole.
Ma non potevo odiarla. Non era una donna cattiva, e ancora una volta aveva trovato il coraggio di voltare le spalle alla sua vita per venire da me.
Come la odiavi una così?
Come la odiavi una che, nonostante tutto, ti teneva il cuore stretto fra le sue mani. Una a cui ancora ci morivi dietro come se fossi un ragazzino e lei la reginetta del ballo.
La più bella, la più dolce, il meglio che avessi mai conosciuto e desiderato.
Non era cambiato niente, niente.
Più la guardavo e più ne avevo la certezza.
Tutto ciò che della Avery ragazzina mi aveva affascinato, c'era ancora, e anzi adesso che era donna si era amplificato e moltiplicato.
Era diventata bella e forte proprio come guardandola avevo sempre immaginato.
Solo che, stupidamente, con i miei vent'anni avevo davvero creduto che quel cambiamento sarebbe avvenuto sotto ai miei occhi.
Povero ragazzino ingenuo.
<<Davvero non mi odi? Neanche un po'?>> insiste.
<<Neanche un po'>> bisbiglio, accarezzandole una guancia.
E c'è di più. Sono ancora quel Mason che farebbe di tutto per te.
Ma questo non lo dico.
La invito a scendere, e la porto sul retro del locale.
Non appena apro la porta e vedo Jade sul mio divano che dorme, penso che questa giornata è piena di colpi al cuore, ma dopo Evan quelli che sono seguiti sono senza dubbio migliori.
Vedere mia figlia che si è addormentata serena in casa mia...
Questa esatta immagine, l'ho sognata fin troppe volte.
E adesso mi pietrifica sul posto mentre Avery, al contrario, si rianima.
La raggiunge, e si china su di lei per accarezzarle i capelli.
E quanto amore sa sprigionare con un gesto tanto banale.
<<Grazie a Dio. Ultimamente non la vedo quasi mai, non so con chi è, cosa fa, dove si trova. Ma non ci vuole molto a intuire che venga qui>>
<<L'hai lasciata venire?>>
<<O la lasciavo venire, o me la mettevo contro>> spiega rassegnata. <<C'era anche lei ieri, quando la polizia è venuta per Evan>> continua pianissimo.
Evan.
Potrai mai perdonarmi?
Mi piace pensare che in qualche modo, almeno un po', la presenza di Jade lo abbia fatto sentire meno solo.
Anzi, ho proprio bisogno di pensarla così.
Non ho modo di risponderle, perché Jade si risveglia e mette a fuoco la situazione.
<<Thomas ha detto che potevo stare qui>> si difende, guardandomi e mettendosi seduta.
<<Certo che puoi stare qui>> la rassicuro subito.
Poi Avery la stringe in un abbraccio, e lei la lascia fare.
Ma intanto punta gli occhi su di me, che me ne sto ancora impalato vicino alla porta a fissarle -a guardare quanto cazzo sono meravigliose le mie donne- e in un battito di ciglia sembra ricordare tutto ciò che è accaduto negli ultimi giorni.
Ricorda, e allora mi guarda in modo diverso.
Mentre io mi domando se sia troppo sperare di avere anche una sola briciola di ciò che hanno costruito loro, non appena Avery la lascia andare, Jade scoppia a piangere.
E non stacca ancora le iridi dalle mie mentre cerca di frenare le lacrime, e io vorrei fare una qualsiasi cosa per farla smettere ma temo ancora di osare troppo.
Muovo solo un passo.
E poi, è lei ad alzarsi e raggiungermi.
E poi, mi sta abbracciando.
Forte, con il viso sepolto nel mio petto e le dita che stringono la mia maglietta.
Per la seconda volta quel giorno -per la seconda volta da un sacco di tempo- in silenzio piango anche io.
Mentre Avery ha un sorriso così serafico e felice in volto, da darmi la prima stretta al cuore buona di quel pomeriggio.
Quindi è questa una famiglia vera, una famiglia completa.
No.
Completa no.
Evan.
Continuo ad accarezzare Jade per quelli che mi sembrano minuti interi, è come se stessimo cercando di recuperare il tempo perso.
Come se ci stessimo illudendo di poterlo recuperare, perché i suoi primi diciassette anni non me li ridarà più indietro nessuno, e all'improvviso quella realtà, quella verità, mi mette addosso un nuovo tipo di tristezza di cui oggi non avevo affatto bisogno.
Nonostante io sia il primo che si senta come se stesse andando in pezzi, le ripeto che va tutto bene anche se non è vero per niente, ma quell'istinto di tranquillizzare e proteggere che ho sempre avuto per Evan, lo sento in un lampo anche verso di lei.
Non so quanto ce ne restiamo lì, al centro della stanza e stretti così, so soltanto che finché ho mia figlia addosso non riesco a muovermi.
Quel calore quella sera mi salva dalla follia, mi tiene ancorato al presente e alla sanità mentale.
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Finché Respiro (Until I Breathe #1)
ChickLit#1 La Storia Di Jade e Jude "Se fossi una favola, saresti Alice nel Paese delle Meraviglie. Hai la follia del Cappellaio Matto e il sorriso dello Stregatto." * * * Era iniziato tutto come un gioco fra Jade e Jude. L...