Quarantanove ~ Ci Saresti Stata Da Dio Nella Mia Vita

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Jade

A volte, il mio sonno era disturbato dagli incubi. Li facevo da quando ero bambina, e ne facevo anche di parecchio pesanti.
Ma insomma, quale essere umano non era stato affetto dalla stessa croce per almeno una notte nella sua vita?
Quale essere umano non si era svegliato almeno una mattina con gli occhi spalancati, il bisogno di accendere la luce, il respiro tremante, e la necessità di essere tranquillizzato da qualcuno?
Le mie notti erano popolate da incubi così terribili certe volte, che rischiavo persino di sentirmi male. Ma non arrivavo mai al limite, perché alla fine grazie al cielo mi svegliavo.
Gli incubi che stavo vivendo nella realtà però, mi toccava assaporarli fino in fondo.
Mi davo un pizzicotto sul braccio e sapevo per certo di essere già sveglia, sapevo che nessuno mi avrebbe salvata da ciò che mi stava succedendo attorno.
Sapevo che situazioni già negative, potevano andare perfino peggio, e che se non sapevi farci i conti o non lo sopportavi, soccombevi.
Quel giorno, era la peggiore definizione di incubo che potessi mai vivere.
Ero appena arrivata davanti al cancello di scuola quando Carol mi aveva chiamata per avvertirmi di ciò che era accaduto durante la notte nel loro territorio.
Qualcuno aveva incendiato un bel po' di moto proprio davanti all'edificio in cui vivevano lei e la sua famiglia, e poi aveva anche riempito di insulti i muri delle loro abitazioni.
Carol era spaventata a morte, e aveva chiesto ad un suo amico -che ormai era diventato anche mio amico- di venirmi a prendere e portarmi da lei.
E così, avevo visto con i miei occhi la terra bruciata e il fumo che ancora riempiva l'aria, gli insulti sui muri e il terrore puro negli occhi di Carol.
Terrore che si era presto trasformato in rabbia.
L'avevo ascoltata raccontarmi di come i vigili del fuoco, dopo essere stati chiamati, non fossero arrivati se non due ore dopo, quando ormai i Lupi avevano fatto tutto il lavoro armandosi di secchi d'acqua per spegnere l'incendio.
Potevano farsi seriamente male. Potevano farsi tutti molto ma molto male.
Quel fuoco avrebbe potuto non risparmiare nessuno e quella, adesso, era anche la mia famiglia.
La mia mattinata infernale comunque, non era ancora finita qui.
Quando Carol si era calmata, ero andata da mio padre e lo avevo sorpreso a prepararsi per andare a trovare Evan. Ovviamente, avevo voluto accompagnarlo.
Papà mi aveva rimproverata per aver saltato la scuola, io lo avevo ascoltato in silenzio ma poi avevo replicato con le mie ragioni.
E, a malincuore, lui aveva capito e accettato. A malincuore, mi aveva permesso di seguirlo ancora una volta.
Evan, nel giro di pochi giorni, era già un'altra persona.
E davvero non potevo spiegare la spiacevole sensazione che ti avvolgeva le viscere nel guardare tuo fratello negli occhi e non riconoscerlo.
Era spento. Era apatico. Era senza forze, senza vita, senza luce.
Era rassegnato.
E non glielo avremmo mai fatto notare, ma avevamo provato di tutto per riportare un pezzo del nostro Evan indietro. Senza successo.
Al ritorno, sia io che papà eravamo talmente demoralizzati e spaventati da sentire il bisogno di piangere o sfogarci in qualsiasi altro modo, e sapevo che una volta arrivati ognuno nelle nostre camere, sarebbe successo.
Ma io nella mia camera non ci ero mai arrivata.
Ci sarebbe stato tempo per piangere, e in quel momento, ero soprattutto tremendamente arrabbiata.
Perché immaginavo benissimo chi era stato a fare quello che aveva fatto alle moto dei Lupi.
Me lo sentivo dentro.
E avevo bisogno di guardare una certa persona in faccia.
Se proprio non sapevo più tenermi tutta quella furia dentro, almeno avrei fatto in modo che non travolgesse solo me.

~🐺~🐺~🐺~

È ancora primo pomeriggio quando vado a lavoro da Jude.
Mi nascondo dietro al muro dell'edificio di cui so si sta occupando in questi mesi, e aspetto che stacchi.
E quando lo vedo superarmi senza accorgersi di me e camminare verso l'auto, il cellulare in una mano e l'altra occupata a pettinarsi i capelli, libero tutta la rabbia accumulata e lo aggredisco.
Gli afferro la felpa, e lo spingo contro il muro.
Tanta forza e tanta irruenza non sapevo neppure mi appartenessero, e Jude quando alza gli occhi è palesemente sconvolto nello scoprire che sono io.
<<Siete stati voi? Sei stato tu?>> gli ringhio addosso.
Lo shock viene all'istante sostituito da qualcos'altro.
Non finge di non sapere di cosa sto parlando.
Anche se fa fatica, sostiene il mio sguardo e serra la mascella.
<<Le fiamme potevano travolgere le abitazioni! Potevi ferire delle persone, potevo essere io una di quelle persone. Potevi farmi seriamente male Jude!>> continuo, costringendomi a non urlare troppo per non attirare l'attenzione.
Comunque, lo colpisco dove so di segnare il punto.
I suoi occhi cambiano ancora a quelle parole, e lui riflette su ciò che ho detto.
<<È per questo che non ti voglio con loro, cazzo!> sbotta, afferrandomi il viso fra le mani.
Quel gesto mi destabilizza per un attimo.
Le sue dita che strofinano le mie guance, io che ho voglia di chiudere gli occhi e restarci per un altro secolo dentro a questo calore.
Ma no.
Sei incazzata Jade.
<<Tu non eri lì, vero?>> mi incalza, facendo scorrere le iridi per tutta la mia figura.
<<Ti serve saperlo per la coscienza? Non te lo dirò mai!>>
<<Non è per la coscienza. È per me. Per me, ok?>> urla, sbattendo una mano sul muro.
Il suono che sprigiona mi fa agghiacciare, e mi dice che si è fatto male.
Ma lui si allontana svelto, e si volta per non farmelo vedere quel dolore sul suo viso.
Sempre di spalle, riprende a parlare con voce amara.
<<Be', dovevi aspettartela una cosa del genere prima o poi, no? Io so amare così male, giusto?>>
Pronunciata l'ultima parola, si gira di nuovo.
Torna indietro, e io noto le nocche rosse e scorticate prima che riporti le sue mani su di me, sul collo stavolta.
Anche quel gesto mi paralizza.
<<Ti ho amata male Jade?>> insiste.
E capisco quanto quelle parole gli siano entrate dentro e quanto nelle ultime ore lo abbiano tormentato.
<<Mi hai amata Jude?>> ribatto.
<<Dovrei farla io questa domanda, non credi?>>
Adesso ti aspetti che scappi, vero?
Le fiamme che mi divorano gli occhi, gli regalano un assaggio della mia risposta.
<<Fammela! Avanti, falla pure se vuoi!>>
E allora, lui lascia la presa su di me
<<Dov'eri stanotte Jade? Dimmelo>> cambia discorso. <<Ho bisogno di saperlo. Ne ho bisogno, mi hai sentita? Non ho appiccato io il fuoco. Ero lì, ma non sapevo che Jonas volesse fare questo, io stavo scrivendo sui muri quando mi sono voltato e l'ho visto versare la benzina sulle moto. Non sono riuscito a fermarlo. E una parte di me l'avrebbe voluto tanto. Però, sarò sincero con te, un'altra parte ha goduto nel vedere le fiamme avvolgere tutto>>
Apprezzo la sua sincerità.
E il mio cuore sospira di sollievo nel sapere che lui non era stato messo al corrente del piano e che ha provato a fermare Jonas.
Perché altrimenti, non sarebbe stato il Jude che conosco.
Per quanto riguarda il suo lato oscuro invece... dovrei ancora essere tremendamente incazzata con lui, ma la verità è che sono convinta che Jonas abbia solo tirato fuori nel modo sbagliato quella parte lesa che lo fa soffrire per Summer.
E ora che so che è sua figlia, quella sofferenza deve avere una portata ancora più grande.
E non c'è giorno in cui non gli venga ricordata.
Come deve essere vivere così?
Jude resta in silenzio, stranamente paziente ora, e aspetta che elabori una risposta.
<<Non ero lì>> sussurro pianissimo.
Dopotutto, io vorrei sapere se Jude fosse stato nel bel mezzo di un incendio, ne andrebbe davvero della mia sanità mentale.
<<Grazie a Dio>> sussurra lui.
Il suo sollievo me lo godo tutto, perché mi mostra tutto l'amore che lui mi nega.
Ma poi, sento il bisogno di continuare.
<<Però c'era una mia amica ad un passo da quell'incendio, e stamattina mi ha chiamata in lacrime e terrorizzata. Se le fosse successo qualcosa, hai idea di come sarei stata? Te lo ricordi come sei stato tu per Carter? E se fosse successo a mio padre? Ma come pensi che possa sopportare tutto questo? Mio fratello è in carcere senza aver fatto nulla, tu non mi vuoi più... non mi sta restando niente, io sono così stanca>>
Quello che doveva essere uno sfogo è diventata un'esplosione, sono esplosa e non volevo, ma vedo che Jude non resta indifferente.
Mi volto un attimo per ritrovare la calma.
Fargli pena sarebbe la cosa peggiore adesso, e non è ciò che voglio.
Non voglio che i nostri sentimenti già parecchio confusi, si mischino a sensazioni del genere.
Vorrei solo che capisse. Che fosse obiettivo, lucido, che sapesse che io non sto meno male di lui e che le persone che si amano quando soffrono vanno amate solo di più, non allontanate.
Rivorrei il Jude di mesi fa, vorrei una vita che non fosse più pesante di quanto riesca a sopportare.
E poi vorrei la mia famiglia unita, ed Evan fuori di prigione, e tornare alla radio con Carter che mi sorride accanto.
<<E se invece succedesse qualcosa a te? Come pensi che possa sopportarlo?>> mi dice pianissimo, usando le mie stesse parole.
Mi volto, e lo guardo scuotendo la testa.
<<Sono preoccupato per te. Sono preoccupato da morire per te Jade>> ripete, e in quelle iridi che si scuriscono ci leggo tutta la sua disperazione.
<<Questo non va bene. Mi hai lasciata, non puoi esserlo>> lo stuzzico.
È una bugia, certo che può.
E io lo sto solo spronando a dirmi di più.
Sto disperatamente cercando un modo per farlo rinsavire.
<<Credi che possa controllarlo? Non ci dormo la notte cazzo>>
Siamo in due.
E pensa quante cose potremmo fare in tutte quelle ore in cui ci rigiriamo nel letto da soli, pensa come potremmo aiutarci l'un l'altra.
Pensa quanto amore sprecato.
<<Sei un controsenso vivente tu! Mi respingi, mi baci, mi guardi come se mi odiassi a morte, e poi ti confidi con me... non lo sai neanche cos'è che vuoi>>
<<Oh, su questo hai ragione. In questo momento della mia vita, non so davvero più niente. Ho perso la strada Jade. E stavolta non posso usare te come faro per ritrovarla>>
<<Perciò segui Jonas?>> lo schernisco.
<<Fino a poco tempo fa credevo non avresti capito, ma adesso so che invece puoi, perciò te lo dico. Quando una persona viene ferita -e non importa che sia una lama nel proprio petto o che facciano male a tua figlia- quella persona cambia ed è inevitabile. Inevitabile, ok? E forse quello che diventa non è giusto, e forse perde la testa, ma in fondo, gliene si può davvero fare una colpa? Ti ritrovi in una vita in cui niente è più lo stesso e in cui niente sarà mai più a posto. Una vita dove giorno per giorno gli incubi di tormentano, alla luce della luna e alla luce del sole. Lo sai che c'è? Che se sono diventato quello che sono diventato, non è nemmeno colpa mia>> conclude, mostrandomi quanto nella maggior parte dei casi, pesi a lui per primo quella versione di se stesso.
Ha ragione, lo capisco.
Capisco il suo ragionamento, e anche se non ci sono ancora passata fino in fondo, capisco la trasformazione che sta passando senza averlo chiesto.
Quello che dice, ha senso.
Lui non ha chiesto il dolore, non ha chiesto di essere colpito alle spalle, non ha chiesto che la tranquillità della sua famiglia venisse in qualche modo spazzata via per sempre. Jude viveva la sua vita quando qualcuno gli è piombato alle spalle e gliel'ha distrutta.
Chi mai potrebbe pretendere che restasse lo stesso Jude di sempre? Chi mai potrebbe pretendere che resti integro, sano di mente, lucido, ragionevole?
Dopo stamattina, dopo aver visto il mio fratello allegro e buono e amorevole spegnersi, un po' di quell'odio verso il mondo e verso chi gli ha fatto questo l'ho provato anche io.
<<Però non è nemmeno colpa mia>> sospiro.
Ed è l'unica cosa che mi viene in mente di dire.
<<No, di questo almeno no>>
<<E allora perché ne sto pagando le conseguenze?>>
Lo colgo di sorpresa, e lui resta lì a guardarmi, serio e improvvisamente triste.
<<Non lo so. Forse perché il mondo gira così e nel frattempo mette sotto tutti? Forse perché il prezzo che paghiamo per i nostri sbagli è troppo alto? Forse perché il destino ha qualcosa di migliore in serbo per te, e la tua anima gemella è da qualche altra parte che ti aspetta?>>
Mi accorgo subito di come gli si inasprisca la voce a quell'ultima uscita.
Dovrei lasciar perdere.
Ma non riesco a non stuzzicarlo. Non riesco a non vederci uno spiraglio in quel tono di voce.
Mi avvicino lenta.
<<Dici? Dici che mi sono soltanto illusa che potessi essere tu? Cavolo, tutti quei mesi a faticare per starti dietro per niente>>
Sobbalza visibilmente alla parola niente.
<<Pensi davvero che da qualche altra parte ci sia un ragazzo destinato a me? Dovrei aprire meglio gli occhi? Secondo te potrebbe essere il Lupo che mi ronza intorno negli ultimi tempi?>> proseguo.
In questo momento, siamo tornati alla parte in cui mi odia.
È diventata un'altalena questa relazione.
Un attimo voli tanto alto da sfiorare il cielo, e quello dopo i tuoi piedi si ritrovano ben piantati per terra.
Ma tutto quello che c'è in mezzo, è ancora troppo bello per avere la forza di rinunciarci.
<<Non lo so. Ti attrae più di me? Ti affascina più di me? Che mani vorresti addosso la notte quando vai a dormire e sotto alle lenzuola, le mie o le sue?>> mi incalza.
Fingo di pensarci su.
Dovrei rispondere le sue, e continuare il mio gioco.
Ma il vero gioco non è farlo ingelosire o farlo incazzare, il vero gioco è confonderlo e farlo impazzire, il vero gioco è fingere che ci sia un altro e poi dirgli che voglio ancora lui per dargli i brividi e non fargli scordare cosa siamo insieme.
Il vero gioco è illuderlo anche solo per un istante che può avere una vita senza di me, e poi ricordargli ciò che siamo ancora in grado di essere.
<<Mmh. Voglio ancora le tue, Jude. Sì, sono ancora le tue dita che immagino accarezzarmi quando chiudo gli occhi, ed è ancora il tuo corpo che ho bisogno di toccare>>
Oh, quella lussuria che gli divora gli occhi.
<<Allora forse il mondo fa schifo e basta. Forse non puoi averne che una assaggio della tua anima gemella>>
<<Non disperare, abbiamo tutta la vita davanti>> ribatto.
<<Una vita che andrà avanti senza di me, smetti di sperare il contrario>>
<<Oh Jude. I miei genitori si amavano così tanto da generare me. Si sono lasciati, e diciassette anni dopo è bastato che respirassero la stessa aria per cinque minuti per ricadere nella trappola. Non puoi ammazzare la mia speranza per almeno altrettanti anni>>
Jude indietreggia.
<<Me ne vado>>
<<Forse vuoi dire che scappi>>
Mi volta le spalle, e io mi limito a seguirlo in silenzio.
Quando si gira a guardarmi, esasperato ed esausto, gli spiego che sto soltanto facendo la stessa strada per tornare a casa.
Poi arriva alla macchina, e stavolta è lui che mi blocca sul posto.
<<Summer ha fatto un disegno dove ci sei anche tu. E questa è la sua maniera di dirmi che si era affezionata a te, che le piaci. E a lei non piace praticamente nessuno. Hai idea di come mi sia sentito nello scoprire che la donna per cui avevo perso la testa, piacesse a mia figlia? Era un miracolo. Avevi tutte le cazzo di carte in regola Jade. Ci saresti stata da Dio nella mia vita>>
"Ci saresti stata da Dio nella mia vita".
<<Perché mi dici questo?>>
Non mi guarda più, ed entra in auto.
<<Perché me lo stai dicendo?>> insisto, senza ottenere risposta.
Cos'è, un contentino?
Un dato di fatto?
Un modo per dire "non andare avanti, non ci provare nemmeno, non c'è nessun'altra anima gemella per te in questa città"?
Questa è decisamente la versione che preferisco.

Cos'è, un contentino? Un dato di fatto? Un modo per dire "non andare avanti, non ci provare nemmeno, non c'è nessun'altra anima gemella per te in questa città"?Questa è decisamente la versione che preferisco

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Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora