Jade
C'erano un casino di pensieri che avevano preso ad affollare la mia mente negli ultimi tempi.
Insomma, fra la storia del nuovo lavoro che ero riuscita ad ottenere, il chiedermi quando avrei rivisto mio padre, lo studio notturno per le interrogazioni imminenti a scuola, e il nascondere a mia madre i miei incontri con Evan, la mia testa si era trasformata in una sorta di aeroporto tanto era affollata.
Un aeroporto dove partivano aerei diretti verso Paranoialand, e Ansialand, e la Terra dello Stress.
Incredibile come riuscissi a raggiungere tutti quegli stati contemporaneamente.
Ma ancora più incredibile di quello, era come da due giorni a questa parte, una new entry quei problemi li avesse annientati uno per uno, prendendosi tutto lo spazio disponibile nella mia testa.
Quel quasi-bacio con Jude.
Quel quasi-bacio partito dalla sua bocca, e che le mie labbra non avevano ricambiato, un po' perché ero così presa dallo shock da aver scordato come si coordinassero i muscoli, e un po' perché mi stavo beando della marea di sensazioni che mi avevano quasi annegata.
Le mie domande verso quell'avvenimento si erano volontariamente suddivise in due schieramenti: uno si chiedeva per quale ragione non avessi riposto a quel bacio, e l'altro che diavolo fosse preso a Jude Cooper quella sera.
Ok, poteva anche aver bevuto più del dovuto, poteva anche non essere del tutto in sé, ma di sicuro non era né sbronzo e né incapace di intendere e di volere.
La verità era che ci stava succedendo qualcosa.
Se dopo tutti questi mesi passati a sopprimere ciò che provavamo ci eravamo ritrovati per ben due volte a quel punto, ci stava senza alcun dubbio succedendo qualcosa.
Questo gioco si stava trasformando nella cosa più seria con cui avessi mai avuto a che fare.
E se questo gioco non era più un gioco, io non conoscevo più le regole e non ne avevo più il controllo.
Nessuno dei due lo aveva più.
Non ne era rimasto neanche una briciola.
E la cosa mi eccitava tanto quanto mi terrorizzava a morte.~🐺~🐺~🐺~
~🐺~🐺~🐺~<<Ehi sorellina, mi faresti vedere casa tua?>>
<<Guarda che l'hai già vista>>
<<Io intendevo dentro. Non mi hai mai fatto entrare>>
La fantasia di Evan di quel giorno, non mi sorprende più di tanto.
Mio fratello è un ragazzo curioso e ha sempre idee parecchio originali per la testa.
La sua richiesta però, mi mette i sensi in allerta e mi da da pensare su come rispondere.
D'accordo che sia mamma che Mark sono al lavoro e ci resteranno fino a tardo pomeriggio, ma non so quanto farebbe piacere a mia madre che portassi il figlio del suo ex in casa.
Non che sapere che io abbia intrapreso questo rapporto fraterno con lui la rallegrerebbe di più comunque.
Ad ogni modo, una volta incontrati gli occhi speranzosi di mio fratello, non ho il cuore di dirgli di no.
<<E va bene, andiamo>> acconsento, guadagnandomi un abbraccio.
Ci si aspetterebbe che un ragazzo cresciuto dove e come è cresciuto lui, sia molto più freddo e distaccato.
Invece ironia della sorte, era senz'altro lui quello più espansivo della famiglia.
Sempre più bizzarro il modo in cui gira il mondo eh?
Gli ricordo l'indirizzo, e salgo dopo di lui sulla sua moto nera e rumorosa.
Questa è un'altra cosa per cui mia madre potrebbe morire d'infarto, sapere che sono salita su una moto, e con un sedicenne alla guida per giunta.
Ma intanto, io adoravo viaggiare con questa.
Da quando Evan me l'aveva fatta provare la prima volta, era diventato in assoluto il mio mezzo preferito.
Era una sorta di segno anche quello?
Dieci minuti dopo, Evan sta già sistemando la Harley sul retro di casa mia.
Mi incammino lungo il vialetto, apro la porta, e lo lascio entrare per primo scrutando la sua espressione.
Mi sembra di sentirgli uscire un "wow" di bocca.
E d'accordo che vivo in un quartiere benestante e che la mia casa ha molto più di un tetto sopra la testa e un letto dove riposare, ma in giro per Charleston c'è sicuramente di meglio.
Senza bisogno di alcun permesso, mio fratello si addentra verso il salotto e la cucina, e ad ogni passo che muove, i suoi occhi si spalancano sempre di più.
<<Cazzo, ma stai in una reggia>> esordisce, sfiorando un vecchio quadro appeso al muro che ha portato Mark, e che per quanto sembri costoso io trovo inguardabile.
Sto per rispondere che sta decisamente esagerando quando il mio cervello sembra risvegliarsi e mi da della stupida.
Evan abita nel retro di un locale Jade.
È ovvio che tutto questo in confronto, gli sembri un castello.
E infatti, poco dopo, le sue parole vanno a confermare i miei ultimi pensieri.
<<Quindi è questa una casa vera>> sussurra con aria assorta, parlando più con se stesso che con me.
Non dico nulla, e lo conduco nella mia camera.
E per la prima volta mi chiedo se lui ci stia davvero bene come dice in quel posto.
Forse, come mi ripete spesso, rappresenterà anche la loro essenza, ed é anche vero che ha pur sempre un letto in cui dormire e un tetto sopra la testa e qualcosa da mangiare, ma insomma, quale ragazzo di sedici anni non vorrebbe crescere in una casa normale?
E soprattutto, quale bambino di due e poi di cinque e poi di dieci anni?
Davvero non riesco a immaginare cosa significhi crescere lì.
Non ho dubbi sul fatto che non gli sia mancato nulla di essenziale, ma non riesco comunque a vedere quel luogo come un luogo dove far crescere un bambino.
Un uomo magari sì, ma un bambino proprio no.
Questa è una delle ragioni per cui mi hai portata via, vero mamma? Perché altrimenti sarei finita per crescere come Evan, e neanche tu riuscivi a immaginare di far crescere un bambino così.
Figuriamoci il tuo poi.
Non posso davvero biasimarla per avermi voluto dare una vita migliore.
Ma d'altra parte l'uomo che ho conosciuto, il padre da cui mi ha tenuta lontana, non è un uomo che non avrebbe saputo fare il suo dovere.
E adesso che ne ho avuto un assaggio, non ho intenzione di rinunciarci.
Ho sempre più voglia di conoscere tutta la storia, e per una volta, forse ho anche intenzione di chiedere.
<<Certo che siamo proprio cresciuti in modo diverso>> osserva Evan, un' inflessione pensierosa nel tono di voce.
<<Già, ma abbiamo avuto entrambi un buon genitore accanto no?>> ribatto, trovando il lato positivo di tutta questa storia.
<<Si, almeno quello si. Mi chiedo che sarebbe successo se tua madre non avesse lasciato papà. Magari adesso io avrei un genitore in più e saremmo una famiglia felice>>
Oh Evan.
<<Be', ti faccio notare che se mia madre non avesse lasciato papà, tu probabilmente non esisteresti nemmeno>>
Finalmente abbozza un sorriso.
<<Hai ragione. Be', allora mi chiedo che sarebbe successo se tua madre fosse venuta a riprenderselo>>
Quella era una domanda che girava anche nella mia di testa.
<<Ti è mancato avere una madre?>> indago quando mi rendo conto che non vuole cambiare discorso, e che forse per una volta ha semplicemente bisogno di parlare.
<<Un po'. Ma probabilmente, visto il mondo in cui sono cresciuto, per un ragazzo sarebbe stato peggio non avere un padre che non avere una madre>>
Ero d'accordo. Ma trovavo comunque ingiusto che gli fosse mancato così tanto.
<<Ma davvero non hai mai saputo nulla di lei?>>
<<Già. Non ne sapeva molto neppure papà. È stato solo per una notte, solo che mia madre invece di fare come la tua e portarmi via per cercare di proteggermi, mi ha mollato tra le braccia di nostro padre. Quella donna è niente per me ok? Però a volte ti viene quella strana voglia di conoscere l'altra metà che ti ha creato. È per questo che ho voluto conoscessi papà. Perché è una parte troppo importante di te anche se non lo sai, e perché è uno di quegli uomini che il padre lo sa fare davvero bene>>
E se ripenso a quei cinque minuti in cui l'ho visto, sento che le parole di Evan sono vere.
Anche perché ho un fratello dal cuore meraviglioso, e so che questo ragazzo l'ha cresciuto Mason Davis tutto da solo.
Mi concedo di chiedermi come sarebbe stato avere quell'uomo come padre sin da bambina.
<<Non voglio che tu ti intristisca>> si scusa.
<<No, tu vuoi che io torni da papà e mi butti fra le sue braccia>>
Alza le spalle e non mi smentisce.
<<Sarai anche cresciuta da principessa, ma so che non ti piace esserlo>>
E su quello non potevo certo dargli torto.
Mia madre mi aveva sempre trattata con i guanti di velluto, ma il fatto che avesse cercato di darmi tutto in diciassette anni, non voleva dire che di quel tutto ne avessi bisogno.
Se penso ai Lupi, se penso a come vivano solo d'amore e di lealtà...
Sarebbe così male?
D'altro canto, non voglio neppure essere un'ingrata, e il fatto che faccia certi pensieri, vuol dire solo che sto ancora cercando di capire cosa sia meglio per me.
Ma apprezzo ogni singola cosa che mamma ha fatto per quella bambina che praticamente ha cresciuto mentre ancora doveva crescere lei stessa.
<<Evan? Voglio cambiare discorso>>
<<Lo posso capire>>
<<Ti va di fare i pancakes?>> improvviso in un disperato bisogno di tirarmi fuori da quella conversazione.
<<Ti sembro il tipo che sa cucinare qualcosa che non sia una fetta di carne?>>
<<Ti insegnerò io allora>>
Lo prendo per mano e lo tiro giù verso la cucina.
Se non allontano questa vena di tristezza che mi sta strisciando addosso, ho paura che mi entri nelle ossa e non se ne vada più.
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Finché Respiro (Until I Breathe #1)
ChickLit#1 La Storia Di Jade e Jude "Se fossi una favola, saresti Alice nel Paese delle Meraviglie. Hai la follia del Cappellaio Matto e il sorriso dello Stregatto." * * * Era iniziato tutto come un gioco fra Jade e Jude. L...