Mason
C'era un più che sottile velo di ironia in tutto quello che stavo passando.
Ne avevo incontrate nella mia vita di persone che avrebbero meritato la prigione, e che invece se l'erano scampata.
Mio padre, per esempio.
Per tanti anni ero stato una vittima, e il mio carnefice non li aveva mai pagati come avrebbe dovuto i suoi errori.
E poi andava a finire che io, che non avevo mai fatto del male a nessuno -be', a nessuno che non lo meritasse- venivo imprigionato per salvare mio figlio.
Per salvare una persona che a sua volta, qua dentro, non meritava di starci.
"Non ho fatto niente papà, te lo giuro", mi aveva ripetuto Evan scosso, e con le lacrime agli occhi.
E non serviva neppure che me lo giurasse per credergli. Lo sapevo anche prima che mi spiegasse.
Avevo fatto crescere Evan nel mio mondo ma, sebbene sapesse starci bene e difendersi, il suo cuore era anche buono e puro, più del mio, e certe cose non avrebbe mai avuto il coraggio -né il motivo tra l'altro- di farle.
Di conseguenza, in prigione non sarebbe sopravvissuto un giorno.
E poi non avrei mai permesso che passasse nulla del genere, ero suo padre e il primo compito di un genitore è proteggere.
Perciò avevo protetto lui, e avevo gettato in pasto ai lupi me stesso.
I lupi cattivi stavolta, perché la brutta gente che popolava queste celle non aveva nulla a che fare con il mio branco.
Me ne stavo per i fatti miei proprio perché avevo fiutato cattive compagnie, e anche se la solitudine mi distruggeva, era meglio che venire distrutti in altri sensi.
<<Davis. C'è una visita per te>>
Quel pomeriggio, quelle parole inaspettate mi prendono in contropiede.
Una guardia mi fa cenno di sbrigarmi e uscire dalla cella, e io mi alzo dal letto su cui sono infossato da ventiquattro ore.
Ho chiaramente ordinato ad Evan di non avvicinarsi a questo carcere nemmeno per sbaglio.
Per quanto potesse arrivare a mancarmi e per quanto bisogno avessi di vederlo, preferivo saperlo lontano da questo mondo e al sicuro a casa nostra.
Già non sopportavo l'idea di non poterlo più proteggere con le mie stesse mani, ma che mi vedesse qui dentro e finisse per stare anche peggio di come già di certo stava, senza che io potessi stargli vicino...
Ad ogni modo, temevo che non mi avesse ascoltato.
E mi avrebbe sentito per questo, nonostante all'idea di poterlo rivedere e stringere, il mio cuore si sentisse subito molto meglio.
Poco più di un giorno, e mi manca già come l'aria.
Seguo la guardia, e mi incammino lungo il corridoio già fin troppo familiare.
Poi ci fermiamo davanti ad una stanza, e non appena vi entro, incrocio gli occhi dell'ultima persona che mai mi sarei aspettato di ritrovare qui.
Avery.
Be', sono allibito cazzo.
La guardia mi spinge a sedere al lato opposto del tavolo in cui è accomodata lei, mentre io guardo ancora sotto shock la donna bellissima che si tortura le mani.
È un po' come una rosa rossa in una foto in bianco e nero.
<<Davis, ti guardiamo da fuori, niente casini>>
Il poliziotto esce, e a me non sembra neanche vero che ci abbiano lasciati da soli.
Quante cose che vorrei dire, e fare, e pretendere.
<<Che ci fai qui?>>
<<Non lo so>> risponde sincera e con la voce rotta.
Mi guarda, dalla tuta arancione alle manette sui polsi che luccicano come oro dal momento in cui ho messo le mani sul tavolo, e si morde un labbro. Sembra che stia per piangere.
<<Avery. Sto bene>> mento, non appena capisco che è preoccupata per me.
E sebbene lo nasconda e non abbia mai mostrato di tenerci ancora un casino al sottoscritto, io lo so bene.
Io lo so che la fa soffrire vedermi in queste condizioni.
Io odio che debba vedermi in queste condizioni.
Le sue mani strisciano piano sul tavolo sporco fino a raggiungere le mie, le sue dita mi sfiorano piano le nocche, e poi mi stringono.
Oh tesoro.
Questa è la prima briciola buona che mando giù in questo posto. La prima briciola che sa di vita, di amore, e non di morte e veleno.
<<Come lo hai saputo?>> continuo.
<<Tuo figlio è venuto a dircelo, gli ho promesso che sarei passata a trovarti visto che a lui lo hai vietato>>
Evan mi aveva dato ascolto dopotutto.
<<Come stava?>> mi sforzo di chiedere.
Ho bisogno di quella risposta, e al contempo ho paura che saperlo possa definitivamente farmi uscire fuori di testa.
Lei stringe le labbra, e con quel gesto mi suggerisce e mi conferma che quelle parole non le voglio sentire davvero.
<<Come ci sei finito qui Mason?>>
<<Credimi, me lo sono chiesto spesso anche io. E mi dispiace, ma non ho ancora una risposta>> replico sardonico.
Stavolta spetta a me quel tono amaro e sarcastico, mi spetta proprio di diritto, e lei me lo lascia usare senza fare una piega.
<<Evan...>>
<<No. Non dire niente. È mio figlio. E non ha fatto nulla neppure lui>>
Mi guarda negli occhi, come se potesse trovare la verità studiandomi, come se la cercasse oltre le mie parole.
Mi ferisce.
Tolgo le mani.
<<Se non mi credi, puoi anche andartene>>
E solo Dio sa quanto mi costi pronunciare quelle parole.
Perché la verità, è che al contrario vorrei modellarla fino a farla diventare una miniatura di poco più di cinque centimetri e mettermela in tasca e portarla con me, tenermela stretta.
Quelle mani che ho allontanato, lei le riprende subito tra le sue.
Non dice niente ma mi guarda come se mi stesse assicurando che mi crede.
Ma un po' mi incazzo lo stesso, perché non ha il coraggio di dirlo a voce alta.
<<Ti sei preso la colpa>> sussurra dopo un po'.
<<È mio figlio>> ripeto.
<<Lo so. E Jade è mia figlia>>
Detesto quando dice "mia figlia".
La parte più infantile e possessiva di me vorrebbe mettersi a pestare i piedi per terra e urlare "nostra, nostra, nostra".
Ma intuisco la ragione che per cui se ne esce con quella frase, perché per lei ogni momento è buono per rimarcare il fatto che l'abbia portata via per metterla al sicuro, solo per metterla al sicuro.
<<Jade è nostra figlia. È anche mia Avery, e se provi a portarmela via un'altra volta, sappi che non te lo posso perdonare di nuovo. Perché non sarebbe quello che vuole lei. Lei vuole conoscermi. E io voglio solo poter proteggere anche la mia bambina>>
Anche se qui dentro, non posso prendermi cura proprio di nessuno.
<<Non posso più decidere per lei. Non posso da un po'. È testarda da morire>> sospira scuotendo la testa.
<<Una volta eri così anche tu>> le ricordo.
E com'è prevedibile, lei cambia svelta discorso.
<<Mason, cosa posso fare?>> bisbiglia piano. <<Ti serve un avvocato? Soldi?>>
<<Ce li ho già. Per quanto possa servire>
<<Cosa posso fare?>> insiste.
Oh, lo so bene cosa voglio che tu faccia.
<<Vieni a trovarmi>>
<<Se posso>>
<<Se puoi? È per via dell'uomo che dici di voler sposare?>>
Chissà quanto terreno gli sto lasciando guadagnare adesso che mi sono fatto arrestare.
Chissà quanti altri baci e carezze e notti fra le sue braccia.
L'unica cosa che può tenerlo lontano adesso sono i sentimenti di Avery, e parlo dei sentimenti che nutre nei miei confronti.
Perché lo so che ci sono, e devo credere nella loro forza.
<<Si, è per via di Mark! Non è giusto nei suoi confronti>>
<<Non è giusto nei tuoi se vuoi venire e lo neghi a te stessa. Se ti manco e ti ostini a starmi lontana. Si è riaperto tutto Avery. Hai cucito la ferita della mia mancanza ma poi sei venuta a trovarmi e si è riaperto tutto. O l'hai cucita male, o quello che abbiamo noi due è più forte di qualunque cosa>>
<<Mason! Basta. Perchè non ti accontenti mai? Sono qui, mi sono già sbilanciata anche troppo... Non.Ti.Accontenti.Mai, cazzo. Tu vuoi tutto>>
<<Io voglio te>> ringhio piano.
E chissà perché sentirmelo dire la sconvolge ancora così tanto quando so che lo sa benissimo, che lo sente, che lo ha capito.
Quando si accorge di come la guardo, di come la bramo.
<<Tempo scaduto>> irrompe la guardia.
Tempismo di merda amico.
Mi alzo, e lei mi imita. E poi, di nuovo, mi stupisce. Perché prima che il poliziotto possa trascinarmi via, Avery si lancia su di me e mi abbraccia. Mi circonda i fianchi e le spalle con le sue piccole braccia, mi stringe fortissimo, e io maledico le manette perché quell'abbraccio non lo posso ricambiare come vorrei.
Dopo che non ce l'ho addosso così da diciotto anni, dopo che il suo contatto mi sta dando alla testa, io non posso fare altro che godermelo.
Quando la guardia me la strappa praticamente via, resto a guardarla finché non la vedo più.
Ti prego Avery torna, le tue visite potrebbero essere l'unica cosa che mi aiuti a sopravvivere in questo posto.
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Finché Respiro (Until I Breathe #1)
ChickLit#1 La Storia Di Jade e Jude "Se fossi una favola, saresti Alice nel Paese delle Meraviglie. Hai la follia del Cappellaio Matto e il sorriso dello Stregatto." * * * Era iniziato tutto come un gioco fra Jade e Jude. L...