Trentadue ~ Una Di Loro

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Jude

Quanto sarei banale se dicessi che detesto gli ospedali?
E quanto smetterei di esserlo se aggiungessi che il motivo per cui li odio, non ha nulla a che vedere con la paura dei medici, degli aghi e delle malattie?
Quando ero più piccolo era sicuramente così, ma crescendo, ti accorgi che tutte le paure e tutti i sentimenti più forti che inizi a provare ruotano intorno alle persone che ami.
Avevo iniziato a scoprirlo con Summer, e da qualche settimana a questa parte, Jade me ne stava dando conferma.
Ad ogni modo, se mettere piede in un ospedale era così traumatico per me, era perché l'anno prima, quando ci avevano riportato Summer, non avevamo potuto evitare di ricoverarla per controllare che stesse bene, che non avesse subito traumi di nessun altro tipo oltre a quello del rapimento.
L'avevano tenuta in osservazione per due giorni, due giorni in cui non avevo smesso di tenere la sua mano e guardarla sobbalzare non appena un qualsiasi medico -un qualsiasi uomo- si avvicinasse a lei.
"Portami a casa", mi imploravano i suoi occhi.
E io non potevo fare che ripeterle "presto".
E io per primo non vedevo davvero l'ora di farla tornare al sicuro fra quelle quattro mura di casa nostra.
Quelle quattro mura che poi erano diventate un po' una prigione.
Comunque.
Se già vivevo come un incubo la sola idea di rimettere piede in quel castello bianco che puzzava di disinfettante e ricordi, figuriamoci come sarebbe stato starci dentro per davvero.
Ma dovevo far visita a Carter.
Dovevo vedere come stava, dovevo parlargli, dovevo dire a quello stupido dongiovanni che non poteva osare morire perché avremmo dovuto spaccare il culo al bastardo che gli aveva fatto questo.
Ma da solo... da solo non ero sicuro che ce l'avrei fatta.
Era per questo che avevo chiesto a Jade di accompagnarmi.
Le avevo mandato soltanto un messaggio, le avevo scritto che quel giorno dopo pranzo sarei passato da Carter, e le avevo domandato se aveva voglia di venirci insieme a me.
Eravamo solo all'inizio di questa storia che forse finalmente potevamo chiamare relazione, e non volevo ancora chiederle qualcosa che per me era tanto importante come sostenermi in momenti così pesanti.
Perciò non avevo spiegato nulla.
E avevo sperato che come sempre, captasse qualcosa dai miei silenzi.
Quando posteggio l'auto e la trovo davanti alle scale ad aspettarmi, devo trattenermi dal correre da lei, stringermela addosso e ringraziarla.
Sarebbe strano, ma davvero il fatto che non debba affrontare quella stanza d'ospedale da solo, vuol dire tantissimo per me.
<<Come stai?>> mi chiede appena la raggiungo, sebbene il suo viso non sia certo più riposato del mio.
È pallida e ha le occhiaie. Mi accorgo subito che c'è qualcosa di strano e che non va anche in lei, e non sono sicuro che c'entri con Carter.
Certo, non dubito che anche lei si sia affezionata a lui, però, non lo so.
<<Ho avuto giorni migliori ultimamente>> replico, passando un pollice sulle sue guance scavate mentre lei mi prende per mano.
<<E a te che è successo?>>
<<Non sono riuscita a dormire neppure io>> minimizza.
Poi mi accarezza il viso, e allora la bacio.
Perché mi è mancato da morire farlo, perché anche per un solo minuto devo allontanare la tristezza, perché so che mi darà forza, perché è una piccola anticipazione del premio che mi prenderò dopo, quando usciremo da qui, quando ho già deciso che la porterò nella mia auto e la bacerò finché avrò ossigeno nei polmoni, finché mi andrà, finché quel bacio non scrollerà tutta questa amarezza di dosso.
Quando la sua mano mi strizza un braccio, mi ricordo che siamo in un luogo pubblico e che la sto già baciando con troppa foga.
Mi scosto, e abbozzo un sorriso.
<<Scusa>>
<<Magari continuiamo dopo eh?>> ammicca.
Bene, per una volta siamo sulla stessa lunghezza d'onda almeno.

Non appena varchiamo la porta dell'ospedale e i campanelli che suonano e i medici in divisa che corrono da una stanza all'altra ci danno un po' il benvenuto all'inferno, Jade mi prende per mano e non mi lascia più.
In silenzio, condividendo un'aria che si è già fatta troppo pesante, saliamo al quinto piano e ci lasciamo guidare da un'infermiera nella stanza di Carter.
È un colpo al cuore trovarlo così.
Insomma, se ne vedono in televisione di persone in coma, pieni di tubicini e di fili che li collegano alle macchine, e allora pensi di essere preparato. E invece quello lì è uno dei tuoi più cari amici, e fa male, e fa paura, e sembra... senza vita. Morto.
Ma non può morire.
"Tu non puoi morire, mi hai sentito?"
Entriamo nella stanza, e ci sediamo accanto al letto.
Anche queste maledette sedie di plastica me le ricordo bene, ci ho vissuto per due giorni su una di queste, e alla fine mi sono ritrovato con un mal di schiena atroce.
Ma ovviamente, quello neppure lo sentivo. Ovviamente, quello era niente in confronto al mio povero cuore.
Riempio il vuoto che la mano di Jade allontanandosi ha lasciato, stringendo quella di Carter.
<<Non sembra neanche lui>> bisbiglia.
<<Già. Sembrava intoccabile con quel sorriso sempre in viso, con quell'aria da sbruffone>>
Sorrido se ripenso alla sua personalità così estroversa ed eccentrica.
E poi non più se lo guardo lì, immobile e pieno di bende e di tubi e... caduto.
Carter è caduto.
<<Possiamo farci tutti così male>> continua Jade, persa nei suoi pensieri.
<<Hai centrato il punto. E ora mi capisci un po'? Come stavo quando mi preoccupavo per te? Ti vedevo forte, certo, ma lo sapevo che non bastava, che nessuno è immune alle tragedie in questo mondo. Nessuno. Uomini, ragazze impavide, bambini>>
Si limita a restituirmi uno sguardo dispiaciuto -per Summer, ne sono sicuro- e poi scuote la testa.
<<Non per questo vivrò diversamente da come voglio vivere>> chiarisce.
E io mi mordo la lingua per non sputare fuori parole di cui potrei pentirmi.
Andiamo, sei più sveglia di così.
<<Jade. Per favore, per favore, non darmi un colpo al cuore anche tu>> soffio alla fine.
Perché se con Summer credevo di aver già passato il peggio, ora con te so che posso passarlo un'altra volta.
Quello che non so, è se posso sopportarlo un'altra volta.
Quale colpo alle spalle mi metterà al tappeto definitivamente?
<<Non posso controllare niente in questo mondo>> replica dispiaciuta.
E ha anche ragione.
E io non posso davvero chiederle di essere qualcuno che non è.
Anche perché, è questa la versione che mi ha fatto capitolare, proprio questa qui, folle e senza freni, incosciente e bellissima.
<<Come mai non c'è nessuno? Dov'è la sua famiglia?>>
<<I suoi genitori lavorano tutto il giorno. E ha un fratello maggiore che non vive con loro e che non so che fine abbia fatto>> le spiego.
Annuisce, fa per aggiungere qualcosa, ma poi le arrivano una sfilza di messaggi sul cellulare e dopo essersi scusata mi lascia da solo con Carter.
Si è fatta strana, di nuovo.
E io vorrei che questa relazione fosse già al punto in cui potrei permettermi di chiederle di farmi vedere i messaggi.
Anche se dopotutto, a quel punto non credo che ci arriverò mai.
Perché preferisco fidarmi della mia donna.
Ad ogni modo, apprezzo questo tempo che ci concede perché davanti a lei non so se avrei avuto il coraggio di parlare a Carter. Queste sono cose che preferisco fare senza un pubblico.
E allora gli chiedo di resistere, di tornare indietro, da noi.
E poi lo chiedo a Dio, e poi gli parlo delle cose più stupide solo perché magari così si sveglierà per dirmi di stare zitto.
Ma ovviamente, non succede.
E quando Jade torna dentro, resta assente per il resto del tempo.
Dieci minuti dopo un'infermiera ci chiede di uscire perché c'è un'altra visita. Salutiamo Carter con un bacio sulla guancia, e usciamo in corridoio dove incrociamo suo fratello, Jonas.
Come Carter, l'ho conosciuto parecchi anni fa, ma al contrario di Carter, non mi è mai piaciuto.
Quando viene a salutarmi comunque, non posso evitare di scambiare due parole con lui.
So che ha preso brutte strade, so che si è allontanato dalla famiglia ed è rimasto vicino solo al fratello più piccolo, so che è una testa calda.
Ma adesso nei suoi occhi vedo come soffra per Carter, e allora provo a rassicurarlo e gli concedo un mezzo abbraccio prima di andare via.
<<Ti accompagno a casa, va bene?>> chiedo poi a Jade per evitare che sgattaioli via da qualche parte.
Non obietta e mi segue in auto.
Dovrei mettere subito in moto e partire, ma non ho ancora la forza né la voglia di tornare al mio mondo, sono ancora troppo scosso.
<<Secondo te si risveglierà?>> bisbiglio, giocherellando con il portachiavi della macchina.
<<Immagino che dovrei dire che non lo so, che non avrebbe senso illuderti. Ma sai cosa? Secondo me si risveglierà, si. Perché, insomma, è Carter, ed è forte. E le persone forti potranno anche essere ferite ma non si lasciano ammazzare così facilmente>>
Mi piacevano le sue parole. Ed erano solo parole lo sapevo, e non poteva prevedere il futuro e la sua visione delle cose non era né una regola né legge.
Ma infondeva speranza.
E alla fine Carter non era ancora morto perciò, perché pensare al peggio e non pensarla come lei piuttosto?
Del resto aveva senso. Le persone forti non si lasciano ammazzare al primo colpo, non sanno cosa vuol dire arrendersi, Carter di certo non lo sapeva ostinato com'era.
Con le donne, con la vita, con se stesso.
<<Perché sorridi adesso?>> mi domanda dolce.
Non me ne ero neppure accorto. Però è vero, lo sto facendo, perché sto ricordando i momenti passati con lui, e decido di volerli anche condividere.
<<Sto ripensando a tutte le cazzate che abbiamo fatto io e lui. E alla prima volta che è venuto a lavorare per mio padre. Era un ragazzino, e tutti pensavano che sarebbe andato via subito, ma lui era uno determinato, aveva bisogno di farcela, non poteva permettersi di non riuscirci soltanto perché era troppo giovane... e così ci è riuscito. Abbiamo legato subito. E poi ho imparato a vedere la determinazione in ogni parte di lui. Una sera siamo usciti, ha visto una donna che gli piaceva e per quante volte lei lo rifiutasse, lui non demordeva. Alla fine ha organizzato una follia per lei e lei ha ceduto. Il lavoro alla radio... era uno dei suoi sogni nel cassetto. E l'ha realizzato. Cazzo, è il ragazzo più ostinato che abbia mai conosciuto>>
Be', se escludiamo te immagino.
<<E tu gli vuoi davvero bene>>
<<Si>> ammetto.
Poi mi invita a continuare a raccontargli di Carter, e io la accontento perché mi fa stare bene. E lei lo ha capito.
E divento un fiume in piena, e riverso ricordi su ricordi, e poi arrivo pericolosamente vicino al presente e ricordo che nel presente lui è costretto in un maledetto letto di ospedale. E allora la mia voce si spezza, e quel fiume in piena fra poco smetterà di riversarsi fuori da me sotto forma di parole e si trasformerà in lacrime.
Ma lei si accorge di tutto un'altra volta, e frena le mie parole con un bacio.
Con quel bacio disperato e profondo e infinito che mi aveva promesso.
Ogni volta che tocco le tue labbra, mi succede qualcosa di simile al blackout. E in quel buio in cui mi fai finire, sento tutto dieci volte di più.
Quando la smettiamo di dare spettacolo, è davvero perché, come avevo immaginato, abbiamo bisogno di immagazzinare altro ossigeno.
Guardo ancora un attimo Jade che si ricompone -le ho ridotto i capelli a un casino e ha le labbra gonfie, ma è bellissima proprio così- e poi mi decido a mettere in moto.
<<È un piacere mantenere le promesse con te Jude>> sospira teatrale.
Incredibile, ma in tutto quel casino, riesce anche a strapparmi ben più di una risata.

Finché Respiro (Until I Breathe #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora